«I tratti distintivi della sua originale ricerca formale e concettuale vertono sostanzialmente su cinque percorsi, che permeano l'un l'altro e che sono: apertura alla quarta dimensione, soprattutto nel coro della basilica di Bergamo, per innescare un processo di coazione tra opera e fruitore, entro un ideale “teatro della memoria” di matrice umanistica, come fosse un gioco di correlazioni e di combinazioni in uno spazio deputato, che oggi potrebbe rientrare anche nella ricerca contemporanea dell'“opera aperta”; linguaggio allegorico ed evocativo, così che ogni opera rimanga in uno stato di sospensione, mostrandosi come un enigma da risolvere; capacità di far affiorare tratti della cultura o degli ideali dei personaggi che compaiono nei dipinti, per mezzo di rimandi simbolici, inventando il ritratto psicologico moderno; abilità nel mescolare in modo originale gli ingredienti più interessanti delle ricerche formali ideate da altri artisti; profonda ricerca spirituale e filosofica, per tradurre in immagini l'invalicabilità del mistero divino, tra visione melanconica e “sense of humor”.» (pag. 5-6).
Queste cinque direttrici si intersecano in un unico punto centrale della riflessione artistica del maestro: la presa di coscienza «che un'opera è realizzata solo per essere vista e fruita da chi la guarda, muovendo pensieri. Anzi, ancora più avanti, l'opera d'arte apre un campo visivo collettivo, dove la simultaneità dei punti di vista di tutti i fruitori è una molteplicità che rappresenta un vedere universale.» (pag. 18).
Per realizzare questo gioco, di frammentazione dei contenuti dell'opera e di successiva originale ed unica sintesi di tutti o alcuni di essi nella mente del fruitore, Lotto ha necessità di attingere a materiali il più possibile eterogenei e variegati. L'iconografia medievale, così molteplice nei significati ed enigmatica al contempo, costituisce un'inestinguibile fonte a cui attingere; un'abbondante messe di icone multiuso, che possono alimentare l'enigma, l'allegoria o divenire simbolo psicologico nei ritratti.
Dietro l'apparente «progredire retrocedendo» (pag. 35) vi è molto di più: la costruzione di un sapere i cui elementi base sono d'origine medievale, ma la cui organizzazione in sapere universale è caratteristica del pensiero umanistico rinascimentale. Forse ha detto bene Longhi: «Se il tempo avesse inteso la carica rivoluzionaria ch'era in quelle modeste opinioni, il Lotto avrebbe assunto il luogo di pastore d'anime pittoriche e l'arte veneziana (e forse non l'arte soltanto) si sarebbe avviata in direzione del Rembrandt e non del Tintoretto. Il mondo purtroppo non ha mai concesso che un artista, pure alludendo con l'arte sua a tutto il circolo spirituale, esprimendo cioè una nuova bellezza che a sua volta suggerisce una nuova ragione e presume una nuova moralità, faccia rivoluzione totale. Tanto è vero che artisti come il Lotto, il Caravaggio, il Rembrandt, finiscono come dei vinti, quasi al bando della società in cui si trovano ad essere ospiti indesiderati, perché in contrattempo, perché più moderni di essa.» (pag. 35).