Un Maigret in vacanza che si aggira in un ambiente più proletario del solito, in un piccolo paesino molto chiuso dove tutti si conoscono dalla nascita e chi arriva da fuori è visto, per sempre, come un estraneo. Più del solito i coprotagonisti sono i bambini del paese, avvezzi alle bugie come i genitori (a loro volta avvezzi soprattutto a bere o/e a provare a truffare lo stato). Godibile come sempre ma non indimenticabile. Tra l'altro essendo il 44° (mi sembra) che leggo mi da sempre noia quando in ogni libro Simenon ci vuole dire che Maigret per risolvere il caso sta due-tre giorni senza fare niente per immergersi nel nuovo ambiente e che agisce così in ogni indagine.
...ContinuaIo e il giallo: una storia senza passione dove anche Simenon non trova breccia.
Continuo a ribattere sul chiodo che Simenon ha la penna felice!
Ma come diavolo ha fatto a scrivere robine così, con una tale leggerezza e semplicità?
Ci sono autori che, ahiomamma, buttano giù fiumi di parole per descrivere un ambiente, una situazione, uno stato d'animo e ti fanno due palle così! che non ne puoi più, mentre lui "zac" mezza paginetta e crea la perfezione! in un libricino che mi sono letta in due orette prima di andare a dormire! Ma come diavolo ha fatto?
Eh c'è il paesetto qui e c'è la gente del paesetto e la cattiveria della gente del paesetto... ah l'adoro, ci ritrovo sempre un sacco di cose.
Non è Maigret che mi attira in questi libri, non è mai Maigret, lui è lì (ovviamente per me è sempre Gino Cervi) quasi fosse un accessorio, ma la storia, ah la storia! Questa ad esempio è un gioiellino.
Il fatto è che a Simenon scrivere veniva facile; lessi una volta che Virgina Woolf scriveva con sofferenza, si torturava in continuazione: scriveva e cancellava e ci ripensava su e ricancellava e riscriveva.
Non è affascinante?