"Ero furioso. Pensai: ma chi è che vuole essere inglese? O, come aveva detto uno scrittore nero americano: chi ha voglia di essere integrato in una casa in fiamme?"
Questo dice Kureishi nella prefazione. Dopo una vita passata da "paki" trattato come la peggior spazzatura dalla "grazia della civiltà inglese", che Orwell definiva essere la caratteristica principale di una nazione che considerava omogenea e integrata, ecco la sceneggiatura di un film cult degli anni '80, che ci racconta la malavita dei bassifondi londinesi, ma soprattutto il razzismo violento ed esplosivo. Quella piccola cosa che non esisteva.
...ContinuaE' la sceneggiatura dell'omonimo film. Faticoso da leggere, proprio per come è scritto.
Molto interessante invece la parte introduttiva, scritta dall'autore stesso, che si racconta e racconta il suo rapporto con l'Inghilterra (dove vive) e il Pakistan (patria d'origine).
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Ho visto il film tratto da questa sceneggiatura quando al mio paese esisteva ancora il cineforum. Era la metà degli anni '80. Per nessun'altra ragione avrei estratto, fra i molti titoli stuzzicanti della libreria di mio fratello, questo volumetto di B&C.
Avrei perso una grande opportunità se l'avessi lasciato sullo scaffale, a ennesima conferma che è spesso il libro a scegliere te e non viceversa.
Il testo introduttivo è una testimonianza tagliente, sostenuta da uno stile asciutto ed efficace, della adolescenza e giovinezza di un immigrato pakistano nell'Inghilterra degli anni '60. Una cinquantina di pagine che giustificano da sole l'esistenza di questo libro, ma soprattutto un contributo prezioso per meglio comprendere il fenomeno dell'immigrazione e la sua gestione nell'Italia contemporanea.
«Nel 1965, Enoch Powell disse: "Non dovremmo dimenticare che resta auspicabile ottenere un consistente flusso di rimpatri volontari per quegli elementi che si siano dimostrati incapaci o inassimilabili."
Nel 1967, Duncan Sandys disse: "Allevare milioni di bambini di razza mista non farebbe che produrre una generazione di disadattati, creando tensioni interne."
Io non ero un disadattato; riuscivo benissimo a conciliare i diversi elementi in me stesso. Erano gli altri a volere dei disadattati; volevano da noi che incarnassimo la loro ambivalenza.
Sempre nel 1967, Enoch Powell - il quale una volta aveva detto che gli sarebbe piaciuto essere Vicerè dell'India - citò la dichiarazione di un suo elettore per cui, a causa dei pakistani "in questo Paese non ci sarebbe più stato da vivere per i nostri figli":
E Powell aveva risposto con il famigerato: "Se guardo al futuro mi sento invadere da presagi. Come quel celebre Romano, "Mi sembra di vedere il Tevere spumeggiare di sangue"."
E mentre i discorsi di Powell riempivano i giornali, i muri delle strade di Londra si riempivano di scritte in suo sostegno, I razzisti acquistavano sicurezza. La gente mi insultava per la strada. In un caffè, un tizio si rifiutò di mangiare al mio tavolo. I genitori di una ragazza di cui ero innamorato le dissero che, a uscire coi negri, si sarebbe fatta una cattiva reputazione.»
impossibile nn leggerlo come una sceneggiatura e quindi precipitarsi a vedere il film.
nn è esilarante come il <buddha delle periferie>,anzi qui i toni sono drammatici e i colori cupi (fotografia iper-dark,ambientazione claustrofobica)
ma è poetico e tagliente,molto bello!