Un libro duro, cattivo, amaro. Il racconto, vero, di un'adolescenza vissuta ai margini di un'intera società.
Allora, intanto, nota sul titolo italiano: mi sono sempre chiesta cosa c'entrasse lo Zoo di Berlino con la trama del libro, che sapevo essere incentrata sulle vicende di ragazzi con problemi di droga.
Bene, mistero risolto. Ho scoperto che non c'entra un bel niente, nessuno va allo zoo qui, bensì alla stazione della metropolitana di Berlino "Bahnhof Zoo".
Anche se effettivamente si può dire che il libro parla in un certo senso di gente chiusa in gabbia, senza via d'uscita.
Christiane si trasferisce coi genitori dalla campagna di Amburgo a Gropiusstadt, quartiere di Berlino. Dopo un'infanzia difficile, con un padre violento, qualche difficoltà economica e la separazione dei genitori, si ritrova in un posto squallido senza prospettive, senza speranze di un futuro migliore e finisce per trovare conforto prima nelle classiche "cattive compagnie", nelle droghe leggere e infine scivolando nel giro dell'eroina e della prostituzione.
La narrazione in prima persona di Christiane, già di per sè cupa, fa dimenticare a tratti la cosa più angosciante: tutto quello che accade, accade a una ragazzina di 12/13/14 anni, oltre che ai suoi amici, suoi coetanei.
Un conto è sentire parlare di droghe e sballo in autobiografie tipo quelle dei Motley Crue tra sesso droga e rock'n'roll, un'altro è sentire il tono vagamente malinconico, ma spesso anche sereno e rassegnato di una bambina che pensa freddamente a cosa sia meglio tra farla finita con l'ultimo buco o continuare a cercare nuovi clienti per garantirsi la dose del mattino.
Anche perché, non servirà che lo specifichi io, che probabilmente ero l'unica a non averlo ancora letto, ma non è proprio un romanzo, è una storia vera di una persona che tuttora convive con la sua dipendenza e i problemi che ne derivano.
Una lettura da fare, forse anche da molto giovani, quasi quanto Christiane. Non uno stile memorabile ma un storia così come potrebbe essere raccontata a voce da una ragazza, con quel tocco "un sacco forte" e un po' "paraculo". Una storia forte e allo stesso tempo un piccolo spaccato di una parte di Berlino negli anni '70.
...ContinuaQuesto testo è stato spesso considerato troppo rude. Ma è un libro testimonianza, parla di storie realmente vissute, di ragazzi persi nel tunnel della droga, disposti ad azioni delle quali si vergognano ma alle quali non si oppongono pur di avere i soldi per una dose. Da queste storie realmente di può capire lo schifo della tossicodipendenza. È crudo e rude ok, ma va' fatto leggere a tutti gli adolescenti
...ContinuaIndiscutibile il valore di testimonianza sulla tossicodipendenza giovanile, micidiale negli anni 70. Si addentra in soggettiva reale nelle complesse dinamiche psicologiche del tossicodipendente, devastato dall'eroina, insistendo sull'annullamento a cui va incontro e con la drammatica intuizione che - se giunti a un certo stadio - l'unica salvezza è iniettarsi l'ultima dose (over).
Crudo nel narrare le modalità con cui avviene lo spaccio e il reperimento del denaro giungendo a dimenticare qualsiasi rispetto di se'.
Il difetto è che tale dovizia di particolari rischia di far diventare un documento di indubbia importanza uno pseudoromanzo noioso e ipnotico, in cui la protagonista Christiane racconta e racconta, in loop e dettagliatamente (troppo), tutto ciò che la porta a sballare.
Quel che a mio avviso vale la pena leggere attentamente, arrivati oltre i tre quarti del libro, sono le analisi dei due medici Berndt Georg Thamm e Horst Bromer, che tracciano con efficacia lo spaccato sociale e giovanile dell'epoca ed espongono le problematiche a cui né la famiglia né le istituzioni sono state in grado di far fronte.
Molto intensi anche gli interventi della madre di Christiane, soprattutto quello successivo ai primi tentativi di disintossicazione, toccante e disperato.