Un libro MERAVIGLIOSO, con uno stile intenso e a volte divertente. E' una perfetta pièce teatrale, con continui scambi di battute anche esilaranti, come tra Oblomov e il servitore Zachar. Mi ha fatto molto riflettere ed ero così presa dalla lettura che ogni giorno non vedevo l'ora di rituffarmi tra le sue pagine!Io sono Oblomov! Consigliatissimo!!!
...ContinuaCommento in fase di lettura:
Il'ja, riesci a farmi sentire un fenomeno di vivacità e spirito d'iniziativa!
DAL CORRIERE DELLA SERA,
Non avrei saputo neanche avvicinarmi a ciò che scrive Citati. Dico solo leggetelo.
Il cuore del libro è Il sogno, che ne forma il nucleo originario. Siamo nell’Eden, ma in un Eden di dolcissima pigrizia, dove si è invischiati e inghiottiti in una specie di miele corroborante. Vivere non è agire, lavorare, pensare, muoversi; ma stare seduto accanto a un fiume tranquillo, osservando le acque che scorrono, una goccia dopo l’altra, e diventare quelle acque. Tutto è immobile: il tempo è assolutamente fermo, e ognuno sogna che oggi sia come ieri, e domani come oggi. Nessuno disturba l’uniformità di questa vita: il padre va su e giù nel salotto, ascoltando il rumore dei propri passi, la madre cuce e ricama, e avverte un lievissimo fruscio, il pendolo rintocca sempre eguale nella stanza da letto.
Ogni mattina la balia o il servo mettono le calze e le scarpe al bambino, gli lavano il viso, lo pettinano, gli infilano la giacca, attenti a fargli passare le braccia nelle maniche senza disturbarlo, nel minimo modo. Se il bambino desidera qualcosa, basta un cenno con la mano, e tutto è subito qui. Mai muoversi. Se il bambino si mette a correre giù per le scale, o nel cortile, o apre i vetri di una finestra, decine di voci disperate risuonano dietro di lui: «Ah! Ah! Tenetelo, fermatelo... Cadrà, si farà male... fermo, fermo! Dove vai? Dove corri? Come è possibile? Non correre, non aprire, stai attento, non raffreddarti!». L’arrivo di una rarissima lettera turba, sconvolge, provoca terrore, e la lettura viene indefinitamente rinviata, come se contenesse una sciagura o un esplosivo.
La vita è delirio e riso. Nessuno, nel giorno dell’Epifania, esce da solo la sera dopo le dieci: tutti rifuggono dall’andare nella stalla, la notte prima di Pasqua. Si ha paura dei morti, dei folletti, degli spiriti. Il mondo della notte, dell’inquietudine e dei brividi si insinua da tutte le parti. Oppure qualcuno, chissà perché, ride. Il riso si propaga. Passa nell’anticamera e nella camera delle serve, si impadronisce clamorosamente di tutta la casa. Sembra interrompersi, comincia a tacere, tace, e poi riprende con una forza sempre maggiore, senza che nessuno capisca le ragioni e il significato di quest’allegria incontenibile.
Nel vasto paese di Oblomovka, cresce Oblomov. Senza darle un volto o un nome, crede nella felicità; si abbandona alle speranze della vita: il sogno è luminoso, vivo, poetico. Fantastica: gli piace immaginare di essere un condottiero invincibile, o un grande viaggiatore. Non è intelligente: o la sua intelligenza è coperta d’ogni sorta d’erbacce, e si addormenta nell’ozio. Ma, qualsiasi cosa pensi o immagini, è di un’ingenuità profondissima: ha un cuore onesto e fedele, che non dà mai una nota falsa, e resta intatto attraverso le vicissitudini della vita; un’anima cristallina, trasparente, incorruttibile.
Quando lasciò la campagna, la dolcezza e l’innocenza abbandonarono Oblomov. Il suo sguardo era sempre offuscato da un’espressione come di stanchezza e di noia: ma né la stanchezza né la noia cacciavano neppure per un attimo dal viso la morbidezza che vi regnava. Presto la sua pigrizia diventò tragica, ed egli diventò un niente, solo un niente. Non faceva mai nulla: dormicchiava, dormiva, dormicchiava, e poi di nuovo dormiva; era perennemente sfinito; il far nulla diventò un’ossessione. Era vizzo, vecchio e logoro come un mantello usato, perché la luce nascosta dentro di lui bruciava soltanto la sua prigione. Con la testa tra le mani, aveva difficoltà a pensare, e a sapere a cosa pensare. Intanto il tempo passava sopra di lui, che non riusciva a resistergli. Le ore si succedevano alle ore, i giorni ai giorni, gli anni agli anni, le luci degli occhi si mutarono in due punti torbidi, i capelli cominciarono a cadere senza pietà. Non faceva nessun passo avanti. Ora avrebbe voluto essere un altro, che pensava ed agiva; ora non sopportava nemmeno l’idea di essere un altro, e si legava sempre di più a se stesso e alla sua disumana pigrizia.
Viveva chiuso nella sua stanza da letto. Sulle pareti ragnatele coperte di polvere; polvere sugli specchi; tappeti pieni di macchie; sul divano asciugamani dimenticati; al mattino, sul tavolo, c’era ancora il piatto della cena del giorno prima; un ossicino spolpato; briciole di pane; e dovunque un’indecente sporcizia. Ma lasciare quel tugurio era impossibile. Come traslocare? Rotture, rumori: tutte le cose ammucchiate sopra il pavimento; la valigia, e lo schienale del divano, e il cannello della pipa, e il libro, e certe boccettine che non aveva mai visto. Doveva stare attento a tutto, perché le cose non si perdessero e non si rompessero. Niente era al suo posto: i quadri erano per terra appoggiati alle pareti, le galosce sul letto, gli stivali nella stessa borsa dove aveva messo il tè e la pomata. Il bracciolo della poltrona era rotto, il vetro di un quadro spezzato, e il divano era crepato. E come era strano e terribile la mattina, risvegliarsi nel nuovo appartamento che non conosceva!
Poi, quasi all’improvviso, Oblomov si innamorò di Olga, e sembrò diventare un’altra persona. Ecco le risate di Olga, le arie e le romanze di Olga: quale allegria e quale tempesta; Oblomov a fatica tratteneva le lacrime e le grida di gioia; un sentimento d’orgoglio si impadronì di lui, e la vita brillava con le sue magiche prospettive. Gli sembrava di essere risuscitato e irriconoscibile. Teneva lo sguardo fisso su Olga come una lente, e non riusciva a volgerlo altrove. C’era in lui una rafforzata circolazione del sangue e un battito raddoppiato del polso, e un palpitare del cuore. Ma presto ripiombò nella sua apatia. Non amava: sognava, sdraiato sul divano. La sua «tenerezza di colomba» non riuscì a sopportare l’amore, che lo abbandonò inerte, come se non l’avesse mai visitato.
L’ultima parte del libro è, forse, la più bella e toccante. La padrona di casa si appassionò, silenziosamente e profondissimamente, di Oblomov, senza nemmeno conoscere i propri sentimenti. Aveva imparato la fisionomia di ogni sua camicia; aveva contato quante calze avevano i calcagni logori; sapeva con quale gamba Oblomov scendeva dal letto; quando un orzaiolo stava per crescergli in un occhio; quali pietanze amava; se era allegro o cupo; se aveva dormito bene o male; e tutti i sentimenti della padrona di casa prendevano la forma di quelli di Oblomov.
Quanto a Oblomov, gli sembrava che questa sua nuova esistenza fosse sconfinata e imperturbabile come l’oceano. Sapeva che anche se il giorno dopo il sole non si fosse levato, sulla sua tavola ci sarebbero stati lo stesso la minestra e l’arrosto, e la sua biancheria sarebbe stata pulita e stirata, e le ragnatele sarebbero state tolte via dal muro; e tutto sarebbe stato eseguito con uno sguardo ardito e timido, con un sorriso di profonda devozione, da braccia bianche e pulite coi gomiti nudi. Si guardava intorno: rifletteva sulla propria esistenza; si sprofondava in essa; e aveva finalmente concluso che non aveva più nulla da chiedere. Il suo ideale di vita si era realizzato, anche se senza i raggi di luce della fantasia amorosa. Viveva con felicità nella prosa. Si teneva in disparte dalla vita, con una pace immacolata. Trovava quiete solo nel suo angoletto dimenticato, accudito da quelle attive e tenerissime braccia.
Morì ancora giovane nel sonno, senza dolore, come si ferma un orologio, che qualcuno ha dimenticato di caricare.
The story of a man who can't be bothered to get out of bed in the morning, until he meets a young woman who starts to change his life. But this is a Russian novel, not a light romance... As someone who finds it easy to succumb to laziness, I identified with the main character, and I found the whole book quite moving.
...Continua