"Segmenti e bastoncini" è un libro datato. Non solo perché scritto quindici anni fa ed esplicitamente riferito al dibattito culturale di allora (in particolare, all'allora non ancora naufragata proposta Berlinguer per la riforma della scuola secondaria), ma soprattutto perché informato da idee decrepite e conservatrici, brandite a spada tratta con la tracotanza di chi non sa svestire il paraocchi della "cultura alta" e della tradizione.
Russo, con grandissimo stupore mio, che l'ho conosciuto dalle brillantissime pagine di "La rivoluzione dimenticata", inveisce con argomentazioni ottuse e sguardo miope contro la "scuola per consumatori" degli ultimi decenni e le peraltro timide proposte di revisione dei curriculum di materie come storia, fisica e letteratura. Russo lamenta l'inutilità dell'introduzione di capitoli "divulgativi" sulle conquiste scientifiche del Novecento e si batte perché ad essere affrontate siano solo teorie scientifiche semplici e "propedeutiche" alla comprensione del metodo scientifico, rinunciando alla pretesa di far conoscere - necessariamente in modo non approfondito - l'universo culturale in cui ci hanno proiettato fisica quantistica, relatività e via dicendo. La crociata delle crociate è tuttavia quella a difesa dello studio del greco e del latino, visti da Russo come insostituibile "palestra per la mente" e porta d'accesso alla cultura classica, vera e unica ricchezza dell'identità nazionale italiana.
Ragionamenti ed affondi sono condotti con atteggiamento rivendicativo e incompromissorio, brandendo l'arma della Tradizione contro il fantasma del Nuovismo. Molti passaggi logici sono saltati elevandosi sul piedistallo della continuità culturale con la scuola otto-novecentesca formatrice di élite, e la seria esplorazione di possibilità alternative sia a quelle passate che a quelle proposte per il futuro (perché lo studio del latino sarebbe più utile di quello del tedesco, per dire? E' una domanda che Russo non si pone e men che meno affronta) è del tutto trascurata. Lo scopo principe pare esclusivamente la difesa dell'esistente, peraltro fortemente idealizzato e mai analizzato criticamente (Russo sponsorizza l'insegnamento della geometria euclidea e rifiuta le innovazioni metodologiche del dopoguerra, ma cosa lo rende sicuro che il ritorno al passato garantirebbe risultati migliori? E perché nel suo pontificare non osserva che l'insegnamento del latino, per come è condotto oggi, non è in grado di far apprendere la lingua a studenti che vi si dedichino diverse ore a settimana per cinque anni?).
A una pars destruens fortemente lacunosa, retrograda ed ideologica (dal gusto destrorso e surrealmente primo-novecentesco, peraltro), Russo fa seguire una brevissima pars construens che, va ammesso, contiene spunti interessanti.
Nell'ultima sezione, l'autore punta il dito contro la frattura culturale tra discipline scientifiche e umanistiche, e propone alcune strategie che potrebbero aiutare la scuola a superarla. Tra queste, un più stretto allacciamento tra studio della storia e della letteratura classiche e quello delle conquiste scientifiche dell'antichità. La proposta di studiare nelle ore di filosofia il metodo sperimentale e quello deduttivo sviluppati nella Grecia ellenistica - anche leggendo e commentando gli Elementi di Euclide - fa il paio con l'idea altrettanto interessante di non arrestare lo studio della letteratura latina con l'epoca tardo-imperiale, ma dedicare ampio spazio all'analisi dei classici del pensiero scientifico sei-settecentesco (peraltro scritti, come giustamente osservato dall'autore, in una lingua più facile dell'elaborato latino imperiale).
La visione critica di Russo è del tutto inadeguata all'ideazione di una nuova scuola, e pare limitare il suo interesse alla sola formazione del ceto intellettuale della società (nemmeno una parola è spesa per discutere della situazione e delle prospettive dell'istruzione tecnica e professionale); la lettura della parte conclusiva del testo offre tuttavia stimoli costruttivi per coloro che, come me, si domandino frequentemente come possa essere in qualche modo reso utile il "fossile culturale" dello studio del latino ancora ammannito alle nuove generazioni. In mancanza d'altro, forse far leggere la Geometria di Cartesio in latino può davvero essere qualcosa di cui accontentarsi.
...ContinuaAcuto pamphlet sulla distruzione della scuola italiana, sviluppato con rigore geometrico. L’analisi critica si sofferma sugli aspetti concernenti i programmi e i metodi didattici che a partire dal modello americano sono stati recepiti dalla riforma Berlinguer: deconcettualizzazione e progressiva eliminazione dell’insegnamento del metodo scientifico, alleggerimento dei programmi, ridimensionamento della storia antica e degli studi classici, riduzione dell’importanza del libro e progressiva sostituzione con tecnologie multimediali, aziendalizzazione e burocratizzazione. L’autore sottolinea anche il peso di alcune caratteristiche del contesto italiano che hanno rappresentato un humus ideale nel quale la “riforma” ha potuto svilupparsi senza incontrare anticorpi: corruzione e demeritocrazia, ignoranza abissale dei giornalisti, complesso d’inferiorità delle classi dirigenti verso l’America e la cultura anglosassone. La critica quindi trascende l’aspetto scolastico e universitario ed è diretta al sistema economico italiano e occidentale nel suo complesso, del quale la scuola è parte del meccanismo: un sistema però che, al di là degli aspetti distributivi e di impatto ambientale, non può perpetuarsi a lungo, perché la struttura formativa sforna consumatori a iosa ma ben pochi tecnici in grado di progettare e gestire la punta dell’apparato tecnologico.
Particolarmente profonde alcune interpretazioni storiche (ad esempio il nesso tra conquiste del movimento studentesco del ’68 e transizione dalla scuola che forma la classe dirigente a scuola di avviamento al consumo) e alcune osservazioni contro corrente (aumentare i fondi destinati alla ricerca, così come quelli per il Mezzogiorno, può essere controproducente in assenza di controlli). Molto efficaci gli strali al vetriolo diretti a Berlinguer e al suo pedagogista di fiducia Maragliano, di cui vengono riportate le agghiaccianti dichiarazioni (sui videogiochi come veicolo di apprendimento e sull’“odore” della scuola).
Un libro profetico e un atto di accusa alla sinistra che ha confuso la democrazia con la massificazione e ha gettato nel cesso la lezione gramsciana sulla cultura come strumento di cambiamento dei rapporti sociali.
Bello, sensato, con diverse riflessioni non superficiali. È interessante, ad esempio, che Russo (fisico accademico) critichi l'insegnamento della fisica moderna a scuola: non si può capire davvero, quindi serve solo a rendere plausibili, già origliate, le teorie (spesso immaginarie) narrate nella narrativa di fantascienza - meglio spiegare bene la fisica classica. Anche se è basato su un'ipotesi sostanzialmente falsa: che la scuola sia andata in una direzione aziendalistica opposta rispetto alla scuola del passato. È un argomento utile a criticare i progetti di riforma, e a sfuggire dalla realtà. È vero che il livello di preparazione scolastica sia in declino, ma è altrettanto vero che la scuola sia cambiata pochissimo da Gentile a oggi. La multimedialità, la cultura dell'immagine, i videogiochi, le competenze a scuola non sono mai arrivati (e non c'erano nemmeno 15 anni fa, quando Russo scriveva). Prevalgono le lavagne di ardesia, i gessi, il tressette durante le supplenze, e la multimedialità è entrata con il cellulare: oggi questo è il vero nemico no. 1 per l'insegnante (che però non lo spegne manco morta, metti che chiama il figlio in difficoltà col compito in classe di matematica). La scuola finita in queste condizioni non è quella post-Berlinguer, ma proprio quella rimpianta da Russo et al.
...ContinuaCome sempre devo alla lucidità di Lucio Russo la possibilità di mettere a fuoco qualcosa che, confusamente, avevo intuito: il modello di scuola verso il quale, dalla riforma Berlinguer in poi, l'Italia si sta orientando è quello di una scuola per "consumatori". Nato nell'ambito del dibattito che accompagnò le innovazioni introdotte dall'allora ministro Berlinguer, questo pamphlet non perde nulla della sua attualità oggi. Innanzitutto perché ha la capacità di spingersi oltre la semplice critica, scavando le ragioni per le quali ci siamo ridotti così. In un paese nel quale non esiste praticamente più produzione intellettuale (e mi riferisco al contenuto conoscitivo di quanto viene prodotto dalle aziende italiane), non è necessario che la scuola assicuri un bagaglio culturale e una "cassetta degli attrezzi" intellettuali, piuttosto essa deve stimolare al consumo, che è quanto sarà richiesto alla stragrande maggioranza degli adulti del futuro. E allora via con "l'alleggerimento" dei contenuti, a partire da quella palestra mentale che è rappresentata dal metodo scientifico (nel suo muoversi lungo i due fondamentali assi del modello teorico applicato alla fenomenologia pratica) o dallo studio delle lingue classiche. La scuola per tutti diviene così non scuola democratica ma scuola di massa, con la stessa differenza che corre tra le scelte consapevoli di un cittadino e la passività da branco del centro commerciale... In questo processo di smantellamento rientra anche la denigrazione del libro quale strumento principale per l'apprendimento, sostituito dalle nuove tecnologie delle quali, però, si teorizza un uso passivo. Il libro di testo finisce per svuotarsi dei suoi contenuti verbali e per infarcirsi di immagini, schemi, mappe concettuali disincentivando lo studente a coltivare la propria autonoma capacità di comprensione, sintesi e organizzazione logica dei testi. E questo svuotamento - lo posso assicurare per esperienza diretta - partito dalle scuole secondarie, si è riverberato in tutte le direzioni: dai libri per le elementari fino ai manuali universitari. In questo panorama desolante e preoccupante, l'Italia si salva spesso per l'incapacità di attuare fino in fondo le riforme. Così anche la riforma Berlinguer, come poi gli interventi Moratti o Gelmini, è rimasta zoppa e questo, paradossalmente, ha salvato alcune sacche di resistenza della vecchia scuola. Ma non c'è dubbio che sia sempre più urgente un dibattito ampio e profondo, anche a valle della scellerata riforma universitaria 3+2, affinché l'istruzione torni ad essere innanzitutto una palestra intellettuale che prepara alla vita e al lavoro non in senso tecnico ma grazie agli strumenti conoscitivi che fornisce, e venga strappata di mano alle masse di psicologi, pedagogisti, comunicatori che ne vogliono fare un vivaio di piccoli consumatori passivi.
...ContinuaAncora attualissimo e , anzi, sarebbe interessante una nuova edizione... chissà cosa aggiungerebbe nell'era degli e.book e dei learning object, Lucio Russo alla esilarante performance del problema di matematica scritto attraversando tutti i contesti storici e le mode anni 50, 60 70 e così via? Molto interessante.
...Continua