Un grande uomo, prima che un grande attore.
La sua autobiografia parziale (dal 1922 agli inizi degli anni '30) è pregna di malinconia, come sempre quando si attraversa la vita di grandi cominci. Come lui stesso ci fa notare, sembra quasi che la vita senta il bisogno di fare "media", dando da una parte per togliere da un'altra.
Quella di Antonio de Curtis è la storia di un sogno, quella di diventare attore di teatro.
Ma è una battaglia quotidiana, contro la povertà assoluta: per un pezzo di pane, per quattro stracci da indossare, per convincere una mamma che lo vuole prete. Per farsi largo tra tanti, troppi "caporali".
Una vita sempre e comunque improntata all'eleganza, al rispetto verso il prossimo, alla difesa dei deboli e all'amore per la bellezza (e quindi per le belle donne).
Un sogno che, con immane fatica e tanta perseveranza, diventa presto realtà e, con quella faccia, nasce Totò.
Il mito.
Quando si apre il sipario va in scena il teatro della vita.
Perché la sua è un ironia che nasce dalla strada, dall'acuta osservazione di comportamenti tratti dal tran tran quotidiano. Un abile caricatura dell'esistenza quotidiana. E Una denuncia pungente dell'oppressione e della prevaricazione perpetrata quotidianamente dal più forte nei confronti del più debole.
Perché "siamo uomini, non caporali!"
Questa è l'arte, con la A masiuscola.
Per me un grandissimo.
Immortale.
Uomini o caporali?
Grande filosofia di vita. In fondo al proprio cuore ogni individuo conosce già la risposta.