Ho finito di leggere “Slow Economy” di Federico Rampini e ne sono rimasto un po' deluso.
Rampini sa intrattenere il lettore, è elegante e piacevole, ma la sensazione è che dentro l'elegante confezione ci sia se non il vuoto, perlomeno molto poco.
Forse avevo troppe aspettative, perché 2 degli ultimi 3 libri sono stati saggi voluminosi, molto propositivi e molto istruttivi quali “Il Capitale nel XXI secolo” e “Una rivoluzione ci salverà”, ma l'impressione è che Slow Economy non mantenga le promesse dell'ottima introduzione.
Infatti al di là dell'ottima introduzione, della discreta conclusione e di qualche personaggio interessante (come John Muir, Martino Martini e Beat Richner) e di qualche passaggio illuminante (sulla storia della Cina, sulla storia della Muraglia Cinese o sulle differenze di costumi fra occidentali e uomini dell'ex Celeste Impero, elenco commissionato da Rampini alla sua segretaria cinese) , l'impressione generale è di un lavoro troppo frammentario che scade nell'aneddotica.
Forse sono troppo “invaghito” del saggio a tesi, ma trovo alquanto sconfortante un saggio che di tesi ne ha una molto vaga: la slow economy che dovremmo apprendere dall'Oriente, ma che non si capisce bene in cosa consista perché non è spiegata se non vagamente nell'introduzione e nel primo capitolo.
Insomma si tratta di un saggio che descrive senza proporre qualcosa di concreto e senza unitarietà a parte il sottilissimo fil rouge del titolo (“la slow economy”) che spesso sparisce o si contraddice nella descrizione dell'impetuoso sviluppo capitalista della Cina (e in parte dell'India e del Vietnam).
Di questo libro rimane poco: l'ammirazione di Rampini per l'India e per la gentilezza dei vietnamiti, la posizione più critica sulla Cina, che però è meno idealizzata anche perché meglio conosciuta dall'inviato di Repubblica (che però non manca di proporci squarci della storia del Vietnam e dell'India).
Insomma questo libro contiene abbastanza per passare alcuni giorni in piacevole lettura, ma forse un po' troppo poco per chi come me voglia imparare qualcosa sull'edificazione di un Mondo Migliore e di un'Economia Migliore.
...ContinuaQualcosa è andato storto nell’incessante corsa alla crescita a tutti i costi, al “sempre di più”, al “sempre meno caro”, purtroppo, al “sempre più scadente”. Abbiamo vissuto anni di intensa attività economica, di cambiamenti economici e sociali, adesso è il tempo di fermarsi e riflettere.
La globalizzazione, tra tanti mali, ha avuto il pregio di avvicinare mondi diversi. Le distanze tra Oriente e Occidente si accorciano, c’è chi studia i modelli che hanno funzionato meglio, per imitarli e superarli, e chi ha bisogno di ritrovare modelli antichi, fatti di frugalità, modestia e valori più umani. Solo l’interazione tra due mondi potrà rilanciare un’economia diretta verso la stagnazione, se sapremo fare le scelte più giuste potremo migliorarci, ricordandoci che migliorare è più che “avere di più”.
Frugalità e modestia… ma di che scrive uno dei miei giornalisti preferiti? Potrei dire che mentre lui guarda a Oriente, presentandoci un’affascinante percorso tra una moltitudine di paesi ed esperienze vissute in prima persona, io rivivo azioni impresse nella mia memoria dai racconti dei nonni. Gesti perduti, che un tempo si facevano in ogni casa e che oggi possiamo rivitalizzare in modo consapevole e creativo.
Non ho letto un libro di economia, neanche un libro di viaggi, forse un flusso ordinato di riflessioni basate su dati, eventi e l’osservazione diretta.
“Slow economy” non ha una definizione. È un concetto che prende forma una pagina dopo l’altra, che si comprende arrivando fino alla 192esima pagina, accompagnati dalla forza dell’evidente passione dell’autore per la storia e l’analisi dei fatti e dei luoghi. Slow economy è una condizione da creare, a partire da gesti quotidiani fino alle grandi decisioni politiche. Rampini non ci dice esattamente cosa sarà il futuro, ci dice cosa potrebbe essere, a seconda delle scelte che si faranno: immobilismo, crescita lenta, sperimentazione, intuizione, crescita virtuosa.
Sono certo che necessariamente sarà cambiamento, il testo mi convince che tanto vale fare un cambiamento positivo valorizzando le diversità, perché è proprio dall’interazione di culture diverse che nasceranno le soluzioni migliori.
[09.05.2010]
Luoghi e storie in cui occidente e oriente si sono lasciati contagiare reciprocamente: avvincente viaggio nella memoria e nel futuro, alla ricerca di un modello di sviluppo si spera sostenibile.
Mi aspettavo che parlasse di decrescita, invece tranne che nei primi capitol si parla di altro. Per carità tutto molto interessante, chiaro, scritto bene, nel Rampini-stile, però non era questo che mi aspettavo. Il libro è in realtà una raccolta di articoli sull'economia e la cultura dell'oriente, del Vietnam, della Cina e dell' India, oltre che degli Stati Uniti. Interessanti, ma anche forse un po' superati.
...Continua