Mi chiedo: come ha fatto un simile pasticcio illeggibile a finire in finale al Premio Hugo 2019? Mistero.
La Valente ha scritto il romanzo ispirandosi a Douglas Adams, e in certi punti questo è smaccatamente evidente, ma ciò non fa altro che dimostrare che di Douglas Adams ce n'è stato uno solo. E se Adams sapeva come dosare la sua scrittura, la Valente invece no: ha una scrittura bulimica, eccessiva, inutilmente sovrabbondante, divagante, che si perde nei particolari e nei dialoghi surreali tralasciando la (scarsa) trama. Ma soprattutto non fa ridere, e nemmeno sorridere. Fa solo venir voglia di saltare le pagine, e di pagine qui ne ho saltate come non mai. Ci sono inutili capitoli su capitoli (pesanti) che descrivono razze aliene di varia follia, dialoghi surreali fini a se stessi, flussi interminabili di coscienza narrativa...
Mi dispiace dare questo giudizio, soprattutto per la casa editrice agli esordi e la traduttrice che deve aver fatto uno sforzo non indifferente, ma davvero, davvero questo romanzo non ne vale proprio la pena.