Bellissima voce palestinese è questa di Suad Amiry. Il suo racconto è appassionante e profondo. Le speranze di due giovani semplici, innocenti, sono destinate a scontrarsi con le vicende storiche che non guardano in faccia a nessuno. Un vento di guerra con il suo corteo di distruzioni, povertà, miseria fisica e morale si sovrappone a rumori della gente, del mercato, del porto, della festa, della vita di tutti i giorni che dovrebbe avere in serbo solo bene e tranquillità. Come sempre nei romanzi della Amiry ci troviamo rapiti dalle immagini di una Palestina lontana, e coinvolti nelle vicende quotidiane della sua gente. Non ci sono condanne né preconcetti: non esistono guerre giuste. Esistono persone che hanno il diritto di sognare, di vivere in pace.
...ContinuaIn “Storia di un abito inglese e di una mucca ebrea” c’è la storia e c’è la Storia. La storia è quella di personaggi che, con le loro minime vicende di vita, attraversano quella che chiamo Storia. E la Storia non è altro che la nakba, una parola araba che vuol dire “catastrofe“: “la tragedia che segnò l’esproprio violento delle terre e delle proprietà dei palestinesi da parte dello stato di Israele appena nato arrivi con il nome che è stato pronunciato e patito“. C’è stata una diaspora palestinese negli anni ’40, una diaspora che la stessa autrice cita nell’epigrafe “A mio padre. E a tutti coloro che sono morti nella diaspora, “fi il shatat“, mentre aspettavano di tornare a casa“. Un pezzo di storia che viene ricordato a fatica e, spesso, in maniera confusa: Israele è nato da un atto di forza, da una sopraffazione, da un’azione violenta e dissennata. Così è nato Israele....
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...ContinuaMolto interessante, direi illuminante, ascoltare gli accadimenti del 1948 raccontati questa volta nella versione palestinese.
Brava Saud Amiry, scrittrice che già conoscevo ed avevo apprezzata. 💜