Solo a metà libro, sentendo il piacere per Palahniuk tornare prepotente, sono venuta a conoscenza che questo è in pratica il suo secondo romanzo (mi confondevo con Diary mi sa). E si vede. Si respira quell'aria infame che è anche in Soffocare, in Ninna Nanna. Quei mantra tossici da morire. Perde un po' sul finale però, si lascia (fin troppo) andare.
...Continua...il primo di una serie. "Survivor" mi ha appassionato molto e mi ha invogliato a leggere altro di Palahniuk.
Dopo qualche difficoltà iniziale (non è facile capire "al volo" un personaggio come Tender Branson), la lettura è stata scorrevolissima (nonostante scorresse al contrario).
Il personaggio è cinico, molto. Un cinismo che strappa più di un sorriso, divertito e amaro.
Tender Branson è il prodotto (inconsapevole?) di una setta religiosa che a sua volta è il prodotto della società americana, capace di trasformare uno sfigato qualunque prima in un osannatissimo guru mediatico e poi in un ricercatissimo anticristo pluriomicida.
E' il sogno americano. Ma non il sogno americano dallo sviluppo lineare: un nessuno che impegnandosi diventa qualcuno in modo brillantemente spettacolare (un Rocky Balboa che diventa campione del mondo, per intenderci). Bensì il sogno americano rovesciato e circolare: un nessuno un tantino squilibrato che il sistema mediatico trasforma in qualcuno che poi torna ad essere nessuno in modo tragicamente spettacolare (e perversamente appagante per gli spettatori).
Alcuni dialoghi sono davvero memorabili sia per la struttura sia per il contenuto, soprattutto quelli ambientati nei cessi pubblici in varie parti degli States.
Alcune idee e scene sono talmente assurde ed esilaranti da sembrare inverosimili. Ma poi, mentre ridi, gli angoli della bocca piano piano si riavvicinano, perché ti accorgi che in fondo in un certo tipo di società, in questa società, certe cose accadono eccome, e accade che “Uno, due, tre. Prova…”
...Continua