Un Fitzgerald difficile da finire. Romanzo con connotazioni autobiografiche. Anni 20 da assaporare lentamente.
Appena iniziata la quarantena, dopo i primi attimi di fisiologico spaesamento, ho pensato, come credo altre migliaia di persone, che avrei approfittato della reclusione forzata per fare tutto quello che non avevo mai avuto il tempo (o voglia) di fare, tipo leggere almeno tre libri al mese (oltre che imparare a truccarmi, e addirittura, STIRARE). In realtà mi sono finita gli occhi a vedere serie TV senza senso su Netflix (tipo tutte le stagioni si Skam Italia, lo scrivo in questo post vagamente intellettualoide giusto come supplica di assoluzione) ed ho letto un solo libro in tre mesi. Il libro, è Tenera è la notte di Francis Scott Fitzgerald, scrittore che tra l’altro ( e qui continua la discesa negli inferi della Baldini che cerca di darsi un tono) avevo snobbato per anni dopo non aver minimamente saputo apprezzare Il grande Gatbsy all’età di circa 18-19 anni. Non posso dire che sia una lettura confortante, soprattutto in tempi di pandemia, ma la narrazione che Fitzgerald ha scritto e riscritto fino alla morte, senza che l’ultima versione da lui rivista e corretta vedesse mai la luce, mi ha rapito e tramortito, andando a stuzzicare proprio quelle corde sofferenti lì, che in questi mesi, come un massaggio“male-bene”, avevo la necessità di sentire stuzzicare. Dicendomi con quel tono elegante e un po’ snob qualcosa di straordinario della vita, dei fallimenti, del tempo che passa fregandosene di tutto. (Con il risultato che ho deciso che di stirare, in questa vita, non ne ho voglia mezza.)
...ContinuaIl libro si apre con un affresco che fa bella mostra dello snobismo, unito alla sfacciata ostentazione della ricchezza, di una certa alta società americana del primo dopoguerra in cerca di divertimento e svago in terra europea. Col passare delle pagine si viene a scoprire che sotto la patina di una vita priva di difficoltà si nascondono inquietudini, incertezze e contraddizioni.
L’elemento che più ho apprezzato all’interno dell’opera è sicuramente l’evoluzione del personaggio di Dick il quale, attraverso la parabola discendente della propria vita, condensa in sé le aspirazioni, le rinunce e infine le amare consapevolezze di un uomo che ha dato fondo a tutte le proprie capacità per raggiungere ad ogni costo un elevato status sociale. Tale percorso ha come destinazione la finale consapevolezza del fallimento dell’idea che attraverso i soldi tutto si possa comprare.
Non mi ha fatto impazzire come Gatsby, che ritengo un capolavoro, forse anche a causa di una traduzione condita da qualche refuso di troppo, ma lo rileggerei comunque volentieri.
Non so se dipende dal fatto che l'ho letto sempre in situazioni caotiche o poco lucide, un po' sulla spiaggia, un po' in dormiveglia, ma ho trovato Tenera è la notte leggermente confusionario, i cambi di temporalità non li ho sempre colti al volo. Il primo libro mi ha preso di meno, mentre il secondo l'ho trovato molto interessante e credo che il fatto che racconti il passato di Dick e Nicole, e quindi sia antecedente al primo libro, abbia perfettamente senso ai fini dell'emozione del lettore, perché ti arriva all'improvviso. Molto esplicativa anche l'analisi della traduttrice che associa il colore giallo, verde e blu rispettivamente al libro 1,2 e 3. Non ho apprezzato assolutamente le frasi lasciate in francese senza un minimo di nota a margine con la traduzione, non so se mi sono persa qualcosa di importante o meno, non conoscendo la lingua.
...ContinuaCosa c’è dietro l’apparenza di una vita di successo? Qual è il prezzo da pagare per essere felici?
Un modo di dire americano recita “non esistono pasti gratis”: questa è una verità assoluta ed il libro, per la cui stesura l’autore ha attinto pesantemente alle proprie vicende personali tanto da essere a tratti più simile ad un’autobiografia che ad un romanzo di fiction, illustra il concetto in tutta la sua deriva distruttiva.
Pregevole notare come anche il consumo di alcol sia un preciso indicatore nell'evoluzione del personaggio di Dick: socialmente accettato quando è sulla cresta dell'onda, segnale pruriginoso di scandalo puritano quando il vento cambia.
A corollario della lezione, resta appiccicata al palato anche la fastidiosa sensazione che, per molti americani e sicuramente per gli autori americani dell’epoca, il resto del mondo (nella fattispecie del libro, l’Europa) fosse un enorme kindergarten ad uso e consumo dell’adulto-bambino americano, sempre pronto a gettare monetine alle popolazioni locali per zittire le lamentele riguardo alle proprie marachelle.