Torre di Babele
Scrittura molto densa,spesso pesante ed eccessivamente ricca di particolari, ridondante e dettagliata, particolareggiata e fitta ma nello stesso tempo estremamente vuota nel senso che non lascia nulla al lettore perché priva di pathos, con un taglio da saggio giornalistico si perde in meandri narrativi a sé stanti con riferimenti colti continui, assillanti ed insopportabili.
Romanzo prolisso e pedante, vuole inscenare una sorta di teatro dell'assurdo un po' kafkiano e nichilista, spesso incomprensibile. Tante, troppe digressioni letterarie a volte aneddotiche, un libro che non emoziona che gioca su temi ormai fin troppo esplorati dalla letteratura moderna come quello del doppio,della specularità narratore-autore o del mito faustiano. Tutti i romanzi della trilogia sono inquietanti, snervanti e inconcludenti. Non lo consiglio.
Mi sembra un libro un po' troppo simbolista, caotico nella descrizione dei rapporti umani, estremamente pessimista. Si basa su discorsi intellettuali ma non fa altro che descrivere il decdimento dell'uomo in questi discorsi, come se l'intellettualismo non potesse portare ad altro che a una frattura nell'animo umano. I personaggi non sono abbastanza intelligenti da proteggersi di fronte alle avversità delle vita e le subiscono senza fiatare, disperdendosi in un mare, che è la città di New York, dove nessuno, in realtà, si cura di loro e dove loro non sono in grado di chiedere quello di cui hanno bisogno.
...Continua"La trilogia di New York" o, per gli amici, non è un libro per inquieti.
Leggendo la quarta di copertina mi sono fatta un po' ingannare: mi aspettavo dei gialli, psicologici forse, ma comunque dei gialli. Le proporzioni sono invertite: c'è poco giallo e moltissimo thriller psicologico (decisamente un po' troppo per i miei gusti).
Anche se il libro è scritto bene ed è brillante, una volta chiuso mi è scivolato tra le mani: ho faticato a ricordare la trama del secondo libro/racconto.
Troppa inquietudine, troppo non detto e troppe anime tormentate. Forse sento bisogno di un Harmony.
...ContinuaQuesto libro è di una complessità tale che scrivere una recensione mi pare impossibile. Sicuramente non basta una lettura a trarne tutti i molteplici significati, a comprenderne i rimandi interni, tutte le tematiche e il ritratto finale che l'autore ha, guidandoci passo passo, completamente inconsapevoli, creato per noi. Sono mille i dettagli che il lettore attento può e deve cogliere, dal nome dei personaggi alla descrizione di persone e oggetti, a veri e propri feticci ricorrenti nelle tre storie. Io, alla prima lettura, di certo non sono stata in grado di farmene un'idea che renda giustizia a questo lavoro magistrale.
Un tributo al genere noir che lo supera e lo distrugge, a suo modo; un trittico che, sebbene non c'entri nulla, continua a riportarmi alla mente "Storia della città di K".
Le tematiche affrontate sono davvero tante e avrebbero bisogno di una seria riflessione. Il linguaggio, la solitudine nella moltitudine, ovvero la città come entità viva, piena di persone, ma che poi è in realtà solo un contenitore di solitudini, di persone che non riescono a trovarsi. Ciò che mi ha colpito di più, però, è l'analisi del concetto di identità. Cosa ci rende chi siamo? Sappiamo poi davvero chi siamo? E in un'altra città, con un nome diverso, svolgendo un'attività che non ci compete, finiremmo per diventare qualcun altro? E se dovessimo perdere la consapevolezza di chi siamo, finiremmo per perdere anche noi stessi? Ci sarebbe tantissimo di cui disquisire, solo spulciando le pagine di questo libro, un'infinità di spunti e riflessioni che l'autore ci lascia con sapienza, confondendoci, distruggendo il mondo attorno a noi e ricostruendolo fino a farci perdere i punti di riferimento.
Un libro non facile, che ho letto forse con ingenuità come se fosse davvero una trilogia di detective stories e che invece mi ha dato molto di più, ma richiedeva molta più dedizione e concentrazione. Un libro che va affrontato con più consapevolezza di quanta si è soliti darne ad un giallo qualunque.