Soprattutto verso la fine del libro ho sperato si trattasse di un libro di fantasia, perché quello che passa questa bambina è a dir poco raccappricciante. Una vita già distrutta in partenza con la pesante condanna per aver tentato l'omicidio di un bimbo di appena tre anni e quando Sheila sembra ritrovare un certo equilibrio di affetti, viene violentata dallo zio e come, povera piccina!
...ContinuaSebbene sia presentato come unromanzo, non si tratta di un romanzo nel senso classico del termine. L'autrice, infatti, è una psicologa americana che per un certo periodo di tempo ha lavorato come insegnante di sostegno in una classe speciale per alunni delle elementari con infiti problemi, e in questo libro narra le vicende di una bambina di circa sei anni che, dopo una vita brevissima ma già piena di violenze e di abusi, finisce in una classe "per matti" in attesa di un posto in ospedale (probabilmente in un reparto psichiatrico).
L'autrice, al tempo della pubblicazione del suo lavoro, non era una scrittrice, e infatti il ibro non ha alcuna pretesa letteraria: lo stile è semplice, quasi diaristico, senza ricercatezze formali, il punto di vista è autobiografico.
Ma la forza del racconto sta tutta nella descrizione, accorata e sofferta, delle infinte difficoltà affrontate per cercare di dare a una bambina "come centomila altre" una pervenza di educazione dignitosa. Sheila non ha conosciuto altro che violeza: figlia di una madre che l'abbandona sull'autostrada (a quattro anni!) e di un padre disoccupato e alcolista, abusata dallo zio, vive in una baracca senz'acqua, indossa sempre gli stessi vestiti maleodoranti, parla una lingua molto scorretta, non conosce altro modo di relazionarsi con il mondo se non la violenza, il sospetto, la vendetta, la fuga. Nella vita di Sheila non c'è mai stato amore, nessuno si è mai preso cura di lei: non ha mai visto un fiore in sei anni di vita.
L'impresa della maestra è veramente ardua, e tuttavia, pur fra mille difficoltà, riesce, quanto a meno, a far capire alla bambina che il mondo può essere anche un posto piacevole e che non sempre gli adulti sono nemici.
In effetti non so se la storia sia del tutto vera o se ci sia un qualche "condimento artistico" per muovere i lettori a compassione; certe cose mi sembrano a volte molto forzate, ma può darsi che effettivamente le condizioni di vita in alcuni luoghi degli Stati Uniti sia al di sotto di ogni immaginazione.
In questi bambini c'è di più. C'è il coraggio.Mentre la sera siamo davanti al telegiornale a sentire qualche nuova emozionante conquista in terre lonrtane, perdiamo i veri drammi che si vivono intorno a noi. E' un peccato perchè lì c'è più coraggio che da qualsiasi altra parte. Alcuni di questi bambini vivono con tali incubi e ossessioni , nella loro testa, che ogni loro movimento si carica di straordinario terrore. Alcuni vivono a contatto con una violenza, una perversione che le parole non possono descrivere. Ad alcuni non viene nemmeno concessa la dignità che si concede agli animali. Alcuni vivono senza amore. Alcuni senza speranza. Eppure resistono. Quasi tutti accettano la loro vita, non conoscendo altro modo di vivere.
Questo libro parla di una sola bambina, sopravvissuta. non è stato scritto per evocare pietà nè per elogiare un'insegnante e neppure per deprimere quelli che hanno trovato pace nel non sapere.
Pagina dopo pagina si accavallavano sentimenti di rabbia, di emozione, di sensazioni contrastanti e voler combattere quella battaglia insieme all'insegnante e la gioia e le lacrime.
Questo romanzo non eccelle per qualità letteraria, bensì per la sua profonda umanità.
Il racconto è semplice, lineare, privo di retorica; narra, con viva passione, l'esperienza diretta della scrittrice-maestra nelle classi differenziali dell'America degli anni '70, lì dove venivano spediti quei bambini definiti “emotivamente labili”, reputandoli non integrabili nelle classi normali.
In una di queste classi, in un piccolo centro dell'Iowa, Torey incontra la piccola Sheila, “l'indemoniata”, mandata lì perché considerata un caso disperato, perduto, oltre che una bimba pericolosa, visto che mesi prima aveva dato fuoco a un bambino dei campi di baracche in cui abitava.
E Torey, con tutte le difficoltà del caso, riuscirà ad “addomesticare” questa bimba indomabile, segnata da un passato di violenze, trascuratezza e soprattutto dal trauma dell'abbandono affettivo. I comportamenti violenti e provocatori di Sheila diventano il segno disperato di chi lotta strenuamente per restare a galla, sapendo che l'unica arma a disposizione per non soffrire è rendersi il più possibile detestabile agli occhi del mondo, in modo tale da riconfermare “lo schema del non amore” sperimentato già nella primissima infanzia, esorcizzando, in un certo senso, il timore dell'abbandono: diventare parte attiva dell'esperienza del rifiuto per non doverlo subire passivamente.
“Nel profondo di quegli occhi ostili c'era una bambina, una creatura piccolissima che aveva già imparato che la vita non è un gran divertimento, per nessuno; e che il modo migliore per evitare di essere rifiutati è rendersi quanto più possibili sgradevoli. Dopodiche non ci si può stupire di non essere amati. Semplice”.
Nonostante l'enorme fragilità di questa bimba di soli sei anni – di cui si scoprirà sorprendentemente un QI molto alto pur essendo cresciuta in un contesto di deprivazione – in lei ho visto un coraggio da leone; una bimba che, pur con tutta la sua carica aggressiva, lotta per sopravvivere, per non soccombere agli eventi, nonostante le siano stati negati tutti quegli strumenti necessari per riuscire ad affrontare la vita in modo sano:
“I bambini emotivamente labili mi avevano colpito profondamente per la loro resistenza. Nonostante quel che generalmente si pensa, non sono affatto fragili. La loro sopravvivenza ne è una prova. Dando loro gli strumenti che per gran parte di noi sono scontati, dando loro l'amore, l'appoggio, la fiducia e la stima di sé che tanto spesso non notiamo quando non ci mancano, loro non solo sopravvivono, ma trionfano.”
La maestra e la bambina riusciranno, a costo di molti sforzi, a costruire un rapporto basato sulla fiducia, perchè è solo creando un legame affettivo saldo che si può trarre il meglio dalle risorse intellettive di questi bambini, così a lungo traditi dagli adulti. Che cosa si può fare di un'intelligenza tanto brillante se questa non è supportata da una solida base emotiva?
Sheila, nel corso di questi 6 mesi di scuola, imparerà quindi a fidarsi degli altri, a lasciarsi andare all'amore altrui senza dovere a tutti i costi difendersi dal mondo; imparerà a piangere, trovando, nel lasciarsi andare alle proprie fragilità, la propria umanità perduta, messa a tacere da tanto dolore, dal bisogno di difenderla dalle aggressioni esterne.
Ma mettersi in gioco nei sentimenti, si sa, comporta dei rischi, come ci racconta la fiaba de “Il piccolo principe”. È quando nasce un legame sentito e sincero che, prima o poi, si sperimenterà la sofferenza del dirsi addio ma, come ci insegna la volpe del famoso racconto, è una sofferenza che non ha nulla a che vedere con lo shock dell'abbandono. Prima o poi tutti siamo costretti a staccarci da qualcuno che amiamo, semplicemente perchè la vita porta a questo, nella sana dialettica tra amore e indipendenza.
Quindi la separazione può divenire arricchimento, una lezione di vita, segno della capacità di tesaurizzare le esperienze vissute e i ricordi più belli; il saper guardare i campi di grano pensando che quel grano ci riporta alla mente la bionda capigliatura della persona che ci ha voluto bene e continua a volerci bene, nonostante la distanza.
“Si aggrappava a “Il piccolo principe” per avere una prova letteraria del fatto che, effettivamente, ci si lasciava, si soffriva e si piangeva, ma che ci si continuava ad amare.”
Sheila poi è l'esempio della plasticità e del coraggio insito nei bambini: nonostante tutti gli orrori vissuti, lei è comunque pronta a stupirsi per un fiore che sboccia in marzo, ad aprirsi alle piccole meraviglie che la circondano, a danzare coi capelli al vento al ritmo di una musica invisibile sotto il tiepido sole di giugno, sentendosi, per qualche secondo, allineata e in felice equilibrio con l'esistenza.
“Sheila era molto instabile e le devastazioni emotive che aveva subito in passato erano in qualche modo incancellabili. Eppure, nello stesso tempo, non si poteva dire che per lei la felicità fosse tanto lontana. I più piccoli avvenimenti riuscivano ad accenderle negli occhi una scintilla di allegria (…). La aiutava in questo il fatto che, dopo una vita tanto vuota, ogni cosa le appariva nuova.”
Rinascere diventa possibile, ma solo riconquistando il linguaggio, tanto fragile quanto essenziale, della fiducia in se stessi e negli altri.
Leggere le pagine di questo libro con la consapevolezza che l'autrice ci sta raccontando una storia vera, è a dir poso straziante, doloroso, commovente, struggente. Si resta troppo coinvolti da ciò che i piccoli protagonisti hanno vissuto e subito nella loro ancora troppo breve vita, si resta colpiti dalla loro forza interiore nonostante la consapevolezza di essere una "classe di matti", si resta semplicemente innamorati della protagonista Sheila....e come spesso fa la Hayden, anche noi vorremmo averla seduta sulle nostre ginocchia a coccolarla, ad accarezzarla, a spiegarle che esiste anche chi sa voler bene.
...Continua