L’averlo letto in inglese me lo ha reso mooolto più difficile, ma sono contenta di aver potuto godere dello slang dei bassifondi newyorkesi che a un certo punto era il perfetto contraltare alle disquisizioni erudite di Mr. Manhattan e di Adrian Veidt. Mi è piaciuto tanto anche il racconto “fantasma”, in tutti i sensi, “tales of the black freighter”, nascosto nelle pagine del libro che il ragazzino di colore ruba giornalmente all’edicolante col suo stesso nome.
In generale un fumetto molto difficile, credo anche in italiano, per la complessità delle risorse narrative che utilizza di volta in volta: non “semplice” storia in nuvolette, ma inframezzata da articoli di giornale, capitoli di libri, interviste... Tutto concorre al capolavoro complesso di un’opera che ridurre alla categoria di fumetto (per quanto sdoganato sia ormai il concetto di fumetto come opera di pari nobiltà di qualunque altra forma espressiva, almeno per me che lo ho sempre considerato alla stessa stregua) non le renderebbe la giusta valutazione.
È davvero una goduria, quando si supera l’iniziale spaesamento di un disegno graffiante, intriso di riferimenti tutti da cogliere (mi sono divertita a contare quante volte viene citata l’espressione “nodo gordiano” in maniera quasi subliminale), immergersi in una New York che si arriva a considerare plausibile, sull’orlo dell’apocalisse, vigilata da supereroi disillusi, pazzi, schizofrenici e in tutto questo profondamente umani. Questo libro merita un piedistallo nella mia libreria, anche solo metaforico.
Premesso che conoscevo la vicenda dalla riduzione cinematografica, trovo che la storia sia molto ben costruita e che i disegni rendano al meglio l'andamento della vicenda. Veramente un bel fumetto.
Il supereroe è inteso spesso (superficialmente) come un'entità al di sopra delle miserie umane. Questo splendido capolavoro ne evidenzia esattamente il contrario. Quattro stelle perchè il senso di malinconia ancora non mi abbandona...