Bei personaggi e qualche colpo di scena, purtroppo non ho avuto molto tempo per apprezzare la complessità della trama.
This huge –at least for my reading habits- book should have been given to me by someone as a consolation prize for not having gained his friendship. It wasn’t, since not being friends is a good-enough reason not to ever meet again: shortly after the revelation, anyway, I found White Teeth in a bookshop. I had to admit to myself that my poor level in English wasn’t at all sufficient to read it without consulting a dictionary every two sentences, and some three hundred Czech crowns were better spent in food including loads of chocolate.
Years passed, chocolate addiction ended, sense of inferiority to the Anglophone faded. My English didn’t grow any better and nonetheless, during my last trip to the town library, I had a stop at the foreign languages shelves. White Teeth came to my mind like: hey, there was that book, why not giving it another try? I gave it a try. With the undeniable help of infinite boredom of five days confined in my grandmother’s garden in Sicily, it won the title of Fastest Ever Read Book by Silvia.
What to tell about the ‘stunning début’ of young Zadie Smith?
A glorious portrait of Englishness through difference.
Colonialism, immigration, inferiority or superiority complexes, ethnic alienation.
Debatable History, opposite points of view through the lenses of nationalism.
East, West and everything in between.
Integralism -religious or not, indestructible but easily bendable beliefs.
Chaos versus Determinism.
Future and Eugenetics.
Freedom disguised as a series of flip-a-coin decisions - or vice versa, more likely.
A damned mouse(but also man)’s life and its freedom despite an already planned destiny.
Very challenging themes, opening different perspectives upon life: and yet all written in a light, ironic, cheerful way, with great use of similitude, pertinent tagging of situations, clever shifting from a character to another.
A reading I would advise, if I ever was asked to.
This is the intertwined story of three English families, spanning from the 1970s to the 1990s. One bloodline comes from Jamaica, one from Bangladesh, and one from Oxbridge. It is very difficult to describe this book. I can just say that it is very clever, brilliantly written, funny, and full of truth. IMHO, a masterpiece. It sometimes reminds me of David Foster Wallace. The suicide scene at the beginning is priceless. Most of the parts that have to do with the Jehovah's Witnesses are superb, too. Please do yourself a favor and read this book.
...ContinuaRomanzo situazionista e psicogeografico, direi.
Meglio di Chronic City e un pelo peggio del Buddha delle periferie, tanto per citare della letteratura in scia a questa.
Una storia fatta, non da una storia, ma dagli innumerevoli particolari che giudicheremmo irrilevanti e che invece fanno la nostra storia perché è lì che il nostro pensiero ci si impunta: dal corrimano di una scala, il te nella tazza che cambia colore, la morfologia di un biglietto di un autobus ecc ecc
La penna della signora Zadie è talentuosa, sontuosa, di spirito e moderna; gli fa difetto la misura, con la “neuronalità” della storia che si ritrova un po’ asimmetrica, sebbene il cerchio arrivi a chiudersi.
Un tentativo di spegnere le domande dove andiamo? e da dove veniamo? che di fatto non percorrono le vite di noi uomini non straordinari, la ricerca incessante di trovare una ragione a tutto quello che succede anche se quella ragione non c’è, il tempo che ci usa comunque inesorabile e non siamo noi a sfruttarlo.
Non una storia di amore e di amicizia come l’editore tenta di raccontarci in quarta di copertina, ma una carrellata di identità, monadi, anche se con lo stesso patrimonio genetico.
Un manifesto satirico urticante per la lattiginosa essenza britannica, cortese e presuntuosa.
Nel finale il pathos arriva, anche se un po’ tirato per i capelli e tutti gli interpreti si ritrovano nella risolutiva scena finale, trovando cristallizzata, risolvendo, la propria natura , un po’ come dire che chi nasce tondo non può morire quadrato.
Sono in bilico fra il fascino raggamuffin dell’autrice e l’immobilismo attanagliante di parecchie parti del libro che rischia di diluire un sacco di osservazioni ficcanti: dal senso dell’attesa della morte della terza età, al dramma delle radici ancestrali che si spezzano, alla finta autoesaltazione familiare che crea dei mostri sociali, alla memoria che serve da corazza per un presente poco significativo, all’abitudine rifugio contro la tristezza, alla ineluttabile difficoltà di comunicare ciò che si vorrebbe.
Fate voi se è una semi piacevole entropia o un corridoio di evoluzione letteraria.