Petite-Ma la nonna , Gülüm la mamma , le quattro sorelle Banu , Feride, Cevriye , Zeliha , ed infine Asya , la figlia avuta da Zeliha a diciannove anni e del cui padre nessuno sa niente.
Quattro generazioni di donne della famiglia Kazanci , tutte con caratteri completamente diversi , e tutte che vivono sotto lo stesso tetto nel loro grande appartamento di Istanbul .
Poi un giorno , per uno strano disegno del destino , capita che il loro normale andazzo di vita venga alterato dall’arrivo inaspettato di Armanoush , la figlia che Rose , un’americana del Kentucky che ora abita in Arizona , ha concepito con Barsam Tchakhmakhchian , un armeno rifugiatosi in America dopo la deportazione prima di divorziare da lui e di risposarsi con Mustafa Kazanci anch’egli trasferitosi in Arizona per sfuggire alla maledizione del malocchio che grava su tutti gli uomini della famiglia facendoli morire attorno ai quarant’uno anni.
Qui , in un ambiente ambiente particolarissimo e così diverso da quello a cui lei è abituata , la ragazza partita dall’America all’insaputa di tutti i suoi parenti per ritrovare la casa dove era nata la sua nonna Shushan e quindi scoprire qualcosa di più sulle sue vere origini , fa amicizia con la sua coetanea Asya che a sua volta non conosce il proprio padre biologico .
E fra le due viene ad instaurarsi un rapporto di grande complicità che porterà alla luce , dopo vent’anni , una verità fino ad allora mai rivelata.
Includendo la dinastia dei vari mici di famiglia immancabilmente chiamati Pascià oppure Sultan a seconda del loro colore , sono molti i personaggi che animano un romanzo brillante nel quale tutti i capitoli , eccetto l’ultimo , recano il nome degli ingredienti più usati nella cucina turca ed armena spesso citate nel corso della narrazione , scritto con uno stile quasi sempre ironico e divertente ma dove non mancano pagine drammatiche sulla sanguinosa deportazione degli armeni del 1915 e sulla difficile situazione conflittuale tutt’ora esistente fra le due etnie.
Ma se sono soprattutto le donne della famiglia Kazanci , che sembrano uscite da un film di Pedro Almodóvar , a rendere la lettura spumeggiante , anche tutte le altre figure che si muovono nello scenario fascinoso ed affascinante di Istanbul , dove antiche tradizioni e voglia di occidente si accavallano, conferiscono alla narrazione una scorrevolezza che si mantiene inalterata sino all’inaspettato finale.
Dato l’intreccio della storia a chi , come me , non possiede una memoria prodigiosa suggerirei di appuntarsi almeno i nomi dei protagonisti principali per non rischiare di perdere il filo degli eventi .
Le mia unica e piccolissima critica riguarda la mancanza di un glossario finale che , data l’abbondanza di parole turche o armene quasi mai tradotte , avrebbe reso il testo maggiormente godibile (ma fortunatamente c’è Google) .
Ciò non toglie valore ad un romanzo che mi è piaciuto molto da parte di una scrittrice (che è pure una bella donna) che non mancherò di seguire con interesse.
P.S. Sorvolo sulle sgrammaticature , qui forse volute , delle forme tipo “parlaci” anziché “parlagli/le” alle quali non riuscirò mai ad abituarmi .
...ContinuaDue giovani donne, Armanoush di origini armene, nata e cresciuta in Arizona, in cerca delle proprie radici e Asya, la bastarda, che al contrario non vuol sapere nulla del proprio passato, le loro vite si intrecceranno come non avrebbero mai immaginato.
Elif Shafak ci porta nell’Istanbul contemporanea con tutte le sue contraddizioni, le antiche tradizioni e la spinta verso l’Occidente, il melting pot di culture, una metropoli in cui convivono turchi, armeni, greci, circassi, musulmani, ebrei e cristiani. Poi la tragedia del genocidio armeno il Medz Yeghern, l'odio degli armeni "duri e puri" della diaspora verso i turchi, contrapposto alla convivenza e alla tolleranza degli armeni “turchi” che non si sentono certo degli stranieri, Istanbul è la loro città e quella dei loro antenati e hanno imparato a non identificare i turchi nel governo turco. E ancora i ciechi nazionalisti turchi che negano l'orrore o addirittura lo giustificano.
Asya comprende le ragioni di Armanoush, è la prima che contesta i propri governanti, ma non può e non vuole prendersi le colpe del governo che continua a non riconoscere quel genocidio ed alleva i giovani omettendo la parte più oscura della storia del Paese; Armanousch scopre invece quanto armeni e turchi abbiano effettivamente in comune.
Elif Shafak, per aver scritto questo romanzo, ha subito un processo in Turchia con l'accusa di “aver denigrato l’identità nazionale”, rischiando 3 anni di carcere, fortunatamente il processo si è concluso con l’assoluzione della scrittrice.
C’è ancora tanto da fare, ma come spesso avviene, il popolo è avanti rispetto ai propri governanti.
E poi? E poi c’è altro, molto altro, è un romanzo completo e sorprendente, ma ve lo dovete leggere.
Devo essere sincera, non sono riuscita a finirlo. Solitamente anche se un libro non mi prende molto cerco di arrivare al finale, ma questo mi annoiava tantissimo. Ho letto una buona parte ma davvero non mi ha catturata.
La prima parte è anche scorrevole, ma andando avanti non avevo mai quella voglia di riprendere il libro in mano per conoscere il seguito della storia.
La parte iniziale del libro mi è piaciuta moltissimo, ben scritta e molto scorrevole. Nelle ultime 100 pagine la narrazione si complica e diventa molto più fantasiosa. Mi è piaciuto, ma mi aspettavo forse un diverso tipo di svolgimento.