Un poliziotto un po’ così, niente di speciale, né troppo bravo né troppo intelligente, il Sarti Antonio: già nel cognome prima del nome c’è un mondo intero. Già si capisce che non è una cima. Se ne va in albergo con una vecchia amica: una prostituta, e questo caratterizza ancora il personaggio. Ma l’intermezzo amoroso non ci sarà, per il momento.
Nell’armadio c’è un cadavere. E qui si apre un giallo intricato eppure estremamente facile da seguire, con una serie di protagonisti e antagonisti che sono già cari agli affezionati lettori di Sarti Antonio: l’odioso capo Raimondi, Rosas, l’intellettuale senza fissa dimora, l’agente Felice Cantoni che guida l’auto 28, lo Zoppo, investigatore di classe che dopo essere rimasto menomato non ha voluto lasciare la polizia e sviscera casi dall’archivio, e la Biondina, appunto, la prostituta che Antonio cercò di tener fuori dai guai e dalla vita, la prima volta che la pescò giovanissima in una retata.
Tutta gente che gli vuol bene, un po’ lo compatisce, un po’ si arrabbia, un po’ lo aiuta. Perché Sarti Antonio non è un grande investigatore. Ma ha cuore, ostinazione, onestà.
Un personaggio che ha più di venti anni. Come Conan Doyle con Sherlock Holmes, l’autore cercò una volta di liberarsene, facendolo morire. Come l’illustre predecessore, dovette riportare in vita il suo ormai scomodo personaggio, sotto la pressione degli appassionati estimatori.
Questo romanzo è caratterizzato dal fatto che per la prima volta una storia di Sarti Antonio viene raccontata a quattro mani. Non è la prima volta di Loriano Macchiaveli, che insieme a Francesco Guccini ha scritto alcuni bellissimi gialli ambientati nell’appennino emiliano.
Questo è un quattro mani classico. Ognuno dei due autori scrive una parte fissa della storia, la porta avanti in parallelo. Il titolo è Sarti Antonio e l’assassino. E il romanzo si svolge su due piani diversi che si alternano liberamente. Macchiavelli racconta l’indagine, Sandro Toni fa parlare il cosiddetto assassino. Ce lo fa vedere in carcere, questo professore colto, raffinato, stranamente rassegnato alla condanna ingiusta. Perché è chiaro dalle prime battute che l’assassino non è lui. Il romanzo della sua prigionia, il rapporto col carcere, coi carcerieri e i carcerati e la direttrice si svolge in parallelo e intrecciato al racconto dell’indagine.
I personaggi sono tutti molto umani e coinvolgenti. Su tutti spicca Elisa, la giovane donna assassinata, una figura malgrado tutto vivissima, e interessante, nella sua personale gestione della propria libertà e dei propri amori, molto amata fino alla tragica morte. Segnata, è sembrato a me, dalla non accettazione della sua diversità e libertà da parte di uno, certo, ma che rappresenta una parte non minoritaria del mondo in cui ci troviamo a vivere e a cercare di sopravvivere.
Confluendo, le due storie ci daranno la spiegazione del delitto, che si ramifica in un passato lontano e drammatico.
Un giallo bello e particolare, che si raccomanda agli appassionati del genere, ma a chiunque possa trovare godibile una narrazione di evasione, ma solo fino a un certo punto.
Mi sono resa conto di aver letto questo libro di Macchiavelli solo verso la metà, quando ho iniziato a focalizzare i fatti, ma la mia memoria traditrice, mi impediva di ricordare chi fosse chi, chi avesse ucciso chi e come.
Il nostro Sergente, annaspa in una vicenda più grande di lui, dove si trova costretto, è vero, come si dice, a camminare su gusci d'uovo, perché far fare le figuracce al proprio capo non è mai una cosa bella. In più si ritrova a fare lo spione in casa sua e la cosa, pur essendo integerrimo e onesto, non gli piace proprio per niente.
La seconda voce di questo romanzo, quella di Sandro Toni, si sente nei momenti giusti. Due storie unite scorrono parallele. La narrazione così assume ritmi davvero incalzanti che ti tengono attaccato alle pagine.
Un buon giallo, come se ne scrivevano una volta; un giallo davvero ben fatto, come se ne scrivono sempre meno in Italia.
Nella speranza che il grande vecchio non azzoppi o, peggio, uccida, il suo questurino, auguriamo a Sarti Antonio, Sergente, a Felice Cantoni, Agente e a Rosas, Talpone, altri interminabili giri sui colli bolognesi a bordo della 28.