Nasce dalle ceneri di una rubrichina di critica liturgica che Langone ha tenuto per anni sul Foglio di Ferrara (dove altrimenti?) questa deliziosa guida alle messe, vere e proprie recensioni con tanto di stelline (o stellette) che in questo caso son candelabri a indicare gli arredi e messali per il rito. Longone si muove furbescamente con lingua elegante e puntuta di derivazione Arbasiniana lungo il filo della pop culture indossando però le vesti (assai sincere, va detto) del cristiano conservatore: il rito deve preferibilmente esser quello Tridentino, gli inginocchiatoi comodi (perché in Cristro ci si prostra, "inginocchiandosi davanti a Dio non lo si dovrà più fare davanti agli uomini"), le candele rigorosamente vere, il crocifisso al centro, i canti intonati quelli di tradizione strettamente Gregoriana, l'ostia non si prende con le mani, l'omelia, che qui è sempre predica, stringata chiara semplice sincera come il pane che sempre va spezzato, ecc...ecc.., insomma la Chiesa di Cristo e non quella dell'uomo. L'indice parla già da sé, le messe ospedaliere, le messe belle in Chiese brutte e le messe brutte in Chiese belle, le turistiche, le mediatiche (chiese al plasma), eterni anni '70 (chitarre e tamburelli) e così via. La divisione geografica è quella in Diocesi e non le laiche Province. Le messe recensito sono tutte domenicali e mattutine. Non è una guida Michelin quanto lo stato dell'arte della liturgia ai tempi nostri. Ci sono le eccezioni ma è il nord il cuore pulsante della parola del Signore o meglio di Cristo, le messe ambrosiane di Milano, le chiese rurali del Trentino, mentre il sud affoga in riti di pacchiano esibizionismo e candele elettriche, Roma è Babilonia, e in Abruzzo vanno in scena le messe peggiori della nazione. Ora, il credente generico o il populista Bergogliano dell'utima ora potrebbe, giustamente, sostenere che forma del rito e proprietà degli arredi(non il lusso o lo sfarzo, non l'infido barocco di Roma Babilonia, non sono quelli gli arredi che interessano l'autore) non sono nulla di fronte al sentimento in Dio che alligna e unisce anche al cospetto del rituale più scalcagnato, ma, altrettanto giustamente, il conservatore Langone sembra rispondere implicitamente che non vanno amati gli uomini ma Cristo e la sua parola attraversa e comprende la sottomissione al rituale più angusto e primigenio, un Kyrie o un Gloria intonato perfettamente, i paramenti giusti e i gesti millenari: fedeli, preti e papi passano senza rumore alcuno sotto lo sguardo indifferente di questa eterna comunione personale con il sacro. Per Langone il rito post-Conciliare sembra aver smarrito quel senso della bellezza nel nome di una democratizazione coatta della liturgia riportando il fedele in una comunità di uomini, lontano dal cuore del mistero. Se volete regalarvi una messa come Dio comanda fate un salto all'Abazia di Farfa, oppure a Milano in Sant'Ambrogio, a Brescia che dove cogli cogli bene, a Montalcino in Sant'Antimio, a Bari in Cattedrale, tenetevi lontano da Rimini o da Pescara, mi raccomando.
P.S.
Infine una giustificativa personale (perdonate). Vorrei rassicurare chi mi conosce, non sono impazzito sulla via di Damasco, non mi sono svegliato con le stigmate, non sono stato unto dal signore e non mi sono neppure innamorato di una suora. Non possedendo sacramento alcuno, avendo intatto e incellofanato l'originale peccato, ho scoperto, troppo tardi, ma con sollievo, di potermi tirar fuori dalla tenzone tra il credere e il non credere. Non ho appunto l'imprinting per poter prendere in considerazione nessuno dei due campi. Ma posso godermi la bellezza del rito, quello sì, trattasi di una messa solenne o una gara di bestemmie e rutti. Purché siano bene officiati.

Dec 22, 2016, 11:16 PM

Più di duecento messe, una bella panoramica. Inizialmente ne ho lette solo alcune, saltando qua e là, ma è stato sufficiente per farsi un’idea.
Sintetizzando, l’autore è favorevole a: crocifisso al centro dell’altare, ostia sulla lingua e non sulla mano, canti della tradizione, latino, organo a canne, candele di cera, sacerdote rivolto all’altare dando le spalle ai fedeli, incenso, aspersione di acqua santa, confessionali in funzione, genuflessioni, campanella. Invece non apprezza: candele e lumini elettrici, eucarestia a buffet, assenza del crocifisso, sedie al posto degli inginocchiatoi, coristi tendenti al gospel, chitarre e tastiere elettriche, luci al neon, schermi al plasma per i fedeli più lontani, assenza del segno della croce, acquasantiere vuote, saluto finale con “buona serata” invece di “andate in pace”. Non è quello che mi aspettavo.
Come non credente, non sono attirata dal rito in sé e, in ogni caso, non credo siano gli arredi sacri e altri aspetti esteriori a dare valore alla funzione. Penso che ogni religione abbia qualcosa di valido da offrire e, se il prete è al passo coi tempi e ha una buona apertura mentale, ha qualcosa da dire a tutti. Ci sono grandi differenze tra le omelie, alcune mi hanno fatta scappare inorridita dalla chiesa, altre mi hanno commossa e fatto riflettere. Cercavo una guida in questo senso, ma qui si parla poco delle prediche, anche nel capitolo intitolato “I predicatori”. E comunque, visto l’orientamento conservatore dell’autore, probabilmente mi avrebbe delusa lo stesso.
L’autore auspica una liturgia secondo le indicazioni di papa Benedetto XVI, non gradisce i richiami al Concilio Vaticano II, trova inquietanti le diaconesse e pensa che le chierichette generino perplessità perché potrebbero essere percepite come una sorta di anticipazione del sacerdozio femminile. Non fa per me. Personalmente, se mi capiterà di passare di domenica dalle parti di Brunico, andrò alla messa nella chiesa di Santa Maria Assunta. Viene citata la frase finale di una predica “Il Signore accoglierà tutti nel suo regno, ognuno secondo la propria religione”. Inutile dire che per l’autore del libro è una cosa inconcepibile, perché “fuori dalla Chiesa non c’è salvezza”, e invece per me è un pensiero bellissimo.
Alla fine il libro l’ho letto tutto, tra divertimento e sconforto. Ho imparato che c’è la messa teocentrica e quella antropocentrica. Ma mi sembra di rilevare un’incoerenza di fondo. L’autore afferma il primato del divino, della parola di Dio su quella dell’uomo. Eppure critica, a volte ridicolizza, chi non si attiene a norme liturgiche codificate da uomini e mutate nel corso della storia (interessante su Wikipedia: Storia della liturgia cristiana). Forse era preferibile un tono più rispettoso per chi la pensa diversamente. In fondo Gesù ha detto: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avrete fatto a me.” E questo, soprattutto per l’autore, dovrebbe avere più importanza.
[Ebook ISBN 9788852012143]

Jul 12, 2019, 12:37 PM
LA MESSA E' FINITA

A vederlo sembra un messale. Un volume compatto che si tiene in una mano.
Tutto bianco, con delle figurine simboliche in copertina. Il pesce stilizzato della tradizione cristiana al centro, una chiesuola in alto e due pagine aperte, sotto il titolo, che stanno proprio a rappresentare un messale.
È la “Guida alle messe” di Camillo Langone, edito da Mondatori.
Una sorta di guida Michelin (quella dei ristoranti) alla ricerca delle messe migliori d’Italia, ma anche peggiori, perché il volume non lesina stroncature.
Le recensioni, apparse prima, quasi mensilmente, su “Il Foglio” di Giuliano Ferrara, sono più di 200, con i suoi simboli grafici: al posto delle forchette candeline -da una a cinque- per la valutazione dell’arredamento della chiesa e i messali (appunto!) -sempre da uno a cinque- per la valutazione del rito.
La particolarità è il riferimento temporale: si parla di una messa in particolare, all’ora e il giorno indicati, il rito è cristallizzato nel momento in cui avviene.
“Perché le messe sono tutte diverse -scrive Langone - messe di due ore e messe di venticinque minuti, messe cantate e messe mute, messe con l’organo, messe con la chitarra, messe in italiano, messe in latino, messe un po’ in italiano e un po’ in latino”.
Leggendo le recensioni sul giornale avevo notato che molte delle messe si svolgevano nello stesso giorno e alla stessa ora e mi chiedevo come facesse Langone ad essere presente dappertutto.
Langone ubiquo? Mi chiedevo. Poi mi sono informato e ho capito il segreto della sua strana onnipresenza: il giornalista semplicemente si è avvalso, dove non riusciva ad arrivare di persona, di “inviati”, cui forniva un questionario che il giornalista avrebbe poi rielaborato per scrivere il suo pezzo.
L’incongruità però risultava troppo evidente sul giornale -e l’avrei dichiarata anche in quella sede- nel libro invece, nei ringraziamenti finali, il giornalista cita tutti i suoi quasi 120 collaboratori.
Li ringrazia “commosso, scaricandoli da ogni responsabilità” perché “se le informazioni raccolte sono tutte loro, testi e giudizi sono tutti miei”.
Tra quei nomi c’è anche il mio.
È strano, assai strano, andare alla messa con un taccuino e prendere appunti come ad una conferenza stampa.
I passaggi della messa appaiono sotto una luce differente, l’insieme ha contorni nuovi, inusuali, ci si accorge di particolari di cui si dava scarsa importanza.
Le informazioni chieste da Langone erano semplici ed essenziali: nome della chiesa, giorno, ora, partecipazione dell’assemblea, tipo di rito, presenza di candele di cera o elettriche (queste ultime sono viste come il fumo negli occhi), durata, durata della predica e contenuti, acquasantiere si o no, la gente si inginocchia? ausili cartacei.
Il 22 giugno 2008 sono stato alla messa delle 11,30 nel duomo di Jesi.
Questa è una parte dei miei appunti: “primo vero giorno d’estate, la città è deserta e c’è un sole micidiale, è anche la prima vera domenica adatta per andare al mare, ci saranno 5 battesimi (Gioia, Luigi, Vanessa, Chiara, Tommaso – il sacerdote dirà del bimbo:”Tommaso, credeva poco eh?”, forse alludendo a scarse frequentazioni dei genitori alla vita della chiesa); prima della messa il prete fornisce le ultime indicazioni ai genitori dei piccoli, che possono “disturbare”: je date ‘na controllata, portateli in sacrestia se piangono, un bimbo entra con un gran palloncino azzurro e il don dice non siamo mica alla fiera, porta il palloncino in sacrestia , i bambini saranno battezzati nudi in una piccola vasca e innaffiati di abbondanti abluzioni, ad un primo momento incredulo segue il pianto dei piccoli che poi saranno rivestiti della veste bianca, l’acqua usata per i battesimi sarà utilizzata nelle acquasantiere, il prete dice: ci segniamo con l’acqua non per un gesto scaramantico ma per ricordare il nostro battesimo; vedere quei piccoli nudi mi crea commozione, allora mi sono avvicinato all’altare per capire cosa stesse davvero succedendo, inizialmente non avevo capito che ci fosse un’immersione di quel tipo, mi ha incuriosito il gran sciacquio che vedevo da lontano; durante la consacrazione l’officiante si ferma un paio di volte a sottolineare il disturbo di un paio di bambini particolarmente vivaci; il suo tono è molto discorsivo, cerca di farsi capire da un’assemblea che considera semplice…
Quello che segue è come Langone “recensisce” quella particolare messa:
“Tre secoli dopo il battesimo di Giovanni Battista Pergolesi, nel duomo di Jesi vengono rigenerati nello Spirito cinque bambini: Gioia, Luigi, Vanessa, Chiara, Tommaso. Due su cinque sono nomi adespoti, senza santi e senza onomastico. Avranno solo compleanni e ogni festa sarà un anno biologico di meno, non un anno cristiano in più. Chissà se il prete prima della cerimonia ha provato a far ragionare i genitori. Forse si, visto che celebra con un certo polso e quando entra un bimbo con un gran palloncino azzurro lo blocca senza esitazioni: “Non siamo alla fiera, porta il palloncino in sacrestia.”
Per la messa di Jesi Langone assegna quattro candele e due messali.
Il libro è davvero curioso e godibile, anche se ho l’impressione che corre il rischio di scontentare tutti: i cattolici per la sua stravaganza e chi alla messa non va mai e non è interessato all’argomento.

Jun 4, 2009, 7:42 AM