Un bellissimo racconto in cui Viola, 8 anni, passa una giornata col suo papà e chiacchiera con lui, pone domande, ottiene risposte, dice anche lei quello che pensa con la spontaneità e la semplicità dei bambini, senza mascherare le proprie sensazioni, che siano stupore, entusiasmo, rabbia, gioia o tristezza.
Le riflessioni che il lettore si trova a fare con Viola e il suo papà sono davvero tante, profonde, mai banali.
Se l’Umanità tutta fosse formata da “persone storte” niente e nessuno si troverebbero relegati in una “scatola” e la vita sarebbe più bella, per tutti e dovunque.
Probabilmente la scatola di questo libro sarebbe quella dei libri per ragazzi, perché l’autore si rivolge a una bambina, è scritto a caratteri grandi e contiene illustrazioni. Togliamolo invece da quella scatola, liberiamolo, perché lo leggano anche gli adulti, da soli o, se ne hanno, coi propri figli: non è mai troppo tardi per imparare, o insegnare, a guardare il mondo da un altro punto di vista.
E di esseri umani che abbiano questo superpotere al mondo d’oggi ce n’è un immenso bisogno!
Quando sono nata io, nell'aprile del 1970, mio fratello aveva 14 mesi. Una delle prime cose che mio nonno paterno ha detto ai miei è stata: "peccato, sarebbe stato meglio un altro maschio". Perché il mito della famiglia patriarcale, in cui il maschio porta avanti la discendenza, in tutti i sensi, è da sempre difficile da sradicare. Mio nonno era nato nel 1912, un secolo fa, e la mentalità era prettamente maschile, come la società. La donna era relegata nella gabbia dell'angelo del focolare.
Non so se questa frase di mio nonno c'entra, ma la mia cameretta era dipinta di azzurro e avevo tutti i mobili blu, perché era un colore che mi dava serenità, sin da bambina, altre domande non me le sono mai poste.
Gli anni '70 e '80, pur essendo per molti aspetti anni funesti (di stragi, attentati), per certi punti di vista hanno anche aiutato la donna ad uscire da certi stereotipi, ad affrancarsi finalmente dal focolare. Nella mia famiglia, a parte la frase del nonno, non ho ricordi di giochi, lavori, situazioni legati al genere. Al di fuori, però, c'erano eccome. Quasi tutte le mamme delle mie compagne di classe erano casalinghe, tanto che, in seconda elementare, in un tema ho scritto che mia mamma (maestra) era una casalinga. Non so nemmeno da dove mi sia venuto, forse dalle chiacchiere con i compagni di classe a ricreazione, tanto che, da sempre era mio papà a fare da mangiare, perché lavorava da casa ed aveva orari di lavoro più gestibili della mamma.
Io e mio fratello siamo cresciuti in campagna, c'erano pochi giochi allora, non si navigava nell'oro. Mia nonna ha tentato di regalarmi una bambola, mi dicono fosse bellissima. L'ho sezionata il giorno stesso perché camminava e volevo capire quale era il meccanismo che la muoveva. Ci hanno provato anche con la famosa bambolina bionda, vestita di rosa, ma l'ho privata di braccia e gambe in men che non si dica. Io giocavo solo con i soldatini, mi piacevano un sacco. Mi arrampicavo sul ciliegio in cortile e stavo là ore, a leggere. Dalla nonna materna, a Breganze, avevamo la compagnia di soli maschi. Si giocava a calcio e le squadrette mi contendevano perché ero davvero brava. Correvo tanto, ero precisa.
Leggendo Viola e il blu mi sono riaffiorati un sacco di ricordi e fortunatamente poco che mi relegasse in una gabbia, riguardo la mia infanzia. Pur non avendo figli, noto che poi, con gli anni successivi, lo stereotipo del maschio duro, che lavora, che non ha tempo per i figli e della femmina che si occupa di tutto, è tornato alla ribalta. Diventa più difficile per un bambino e una bambina, liberarsi dalle gabbie che gli/le vengono affibiate. Essere se stessi, al di là dei colori, perché dobbiamo principalmente piacere a noi stessi, e non agli altri: è questo il filo conduttore di un gran bel libro, adatto a tutti. Agli adulti affinché imparino che un figlio non è una proprietà, ma una persona che deve essere guidata e appoggiata con amore nelle sue scelte personali, ai bambini e ragazzi, perché autodeterminarsi vuol dire volersi bene.
Vado fuori a fare due passi, dopo questa piacevole lettura. Incontro papà. Indossa una camicia rosa e mi chiede cosa può preparare per il pranzo di Pasqua. Lui è da sempre un ottimo cuoco. Sorrido.
Viola è una bambina a cui piace il colore blu ma... la società dice che è solo per i maschi.
E il papà di Viola smonta uno dopo l'altro, con parole semplici, quasi tutti gli stereotipi di genere.
Da leggere insieme ai nostri figli, nipoti e perché no? insieme ai nostri genitori.
Consigliato.