L'edizione letta, "Il libro tibetano dei morti" di Padmasambhava, è arricchita dai contributi di Gyatso Tenzin (Dalai Lama), che ne ha supervisionato anche il progetto, e dalla cura artistica di Graham Coleman e G. Thupten Jinpa.
Fu composto, presumibilmente, nel secolo VIII d.c, e l'edizione che mi ha declamato, è integralmente composta dei 12 capitoli tradotti dalla compilazione originale.
La prima traduzione pubblicata fu del 1927 in inglese da Lama Kazi Daea Sampud e W.Y. Evans-Weitz, furono tre i capitoli tradotti del ciclo di opere noto nell'originale tibetano come: La grande liberazione attraverso l'udire negli stati intermedi, ovvero il Bardo Thodol Chenmo ( nella traslitterazione Bar-do thos-grol chen-mo), e diffusi sotto il titolo maggiormente riconosciuto: Il libro tibetano dei morti.
Il testo comprende una raccolta di pratiche meditative riguardanti i metodi per comprendere la natura della mente e trasformare le nostre esperienze durante il ciclo della vita e della morte.
Ma non solo... " In un istante si ottiene la perfetta buddhità "
Il punto di vista de Il libro tibetano dei morti è riconducibile al tantra yoga superiore: "La sperimentazione di processi della morte, di quelli dello stato intermedio e di quelli dell'approdo a un'esistenza futura costituisce il fondamento della via del Tantra Yoga Superiore"
Consapevolezza, è l'unico reale, e impegnativo, insegnamento.
" Ovunque c'è spazio c'è consapevolezza "
Secondo la tradizione, Padmasambhava, ovvero Guru Rinpoche - a cui è attribuito l'insegnamento redatto nel testo - previde che la trasmissione orale dei precetti sarebbe stata soggetta nel tempo ad errori e corruzioni e li nascose, dissimulandoli, sotto forma di libri ed oggetti sacri, nella terra tibetana. I testi furono quindi occultati per rivelarsi nel momento in cui sarebbero stati di maggior aiuto agli esseri. Svelandosi al risveglio. Furono scoperti dal maestro Karma Lingpa. Quegli esseri siamo noi?
Il Bardo Thodol emerge dai contenuti teoretici del Guhyagarbha Tantra, un testo della scuola Nyingma, e lo stesso Guhyagarbha Tantra si basa sull’insegnamento relativo alle 100 Divinità pacifiche e irate.
Emanazioni ed ispirazioni, che sembrano fioriture di mandala, da scuola a scuola, da maestro ad allievo a maestro. Le forme si rinnovano per adeguarsi ai tempi e ai luoghi, ma la sostanza è sempre la stessa, cioè la forma del vuoto.
Il testo si rifà molto alle tradizioni folkloristiche tibetane, e quindi molte figure descritte mi lasciavano anche interdetto, divinità grondanti sangue con teschi in mano e cadaveri sulle spalle, e quindi mi chiedevo cosa fossero queste 100 Divinità Irate e Pacifiche.
Sono le manifestazioni del nostro essere, che si presentano esternamente alla nostra coscienza al momento, e nei successivi, della morte.
Coscienza e Consapevolezza. Negli stati intermedi della morte, siamo ancora coscienti, come se fosse uno stato di veglia, non riconoscendolo invece per quello che è. Il momento più importante, forse, della nostra vita, intesa come Coscienza, in cui è possibile ottenere : " In un istante si ottiene la perfetta buddhità "
Ma è la Consapevolezza a farci difetto, e questo è il punto focale dell'insegnamento, delle pratiche, delle istruzioni: accrescere, in vita, la nostra Consapevolezza, così da riconoscere le varie manifestazioni lungo il tragitto negli stadi intermedi della morte, qualora, virtuosi, non fossimo riusciti a illuminarci ben prima, evitando quindi la rinascita, l'allettante richiamo all'utero.
Importante quindi prepararsi, per tempo, avendo tutto il tempo della nostra vita, e durante la meditazione, nella pratica del Buddhismo tibetano superiore, immaginare i processi di dissoluzione della coscienza, che si verificano naturalmente al momento della morte.
Importante, quindi, anche avere con se, durante il viaggio, prossimi al proprio corpo, cari e persone fidate che possano guidarci, e sostenerci durante il viaggio. Sussurrandoci le istruzioni che dovrebbero mitigare la paura, e proteggendo come una coppa quel barlume di Consapevolezza, evitando così che si affievolisca.
Oh, comprendo come Jung sia rimasto sopraffatto dalla lettura del libro; nel testo tutto è Mente, per Jung tutto è Psiche.
La pratica insiste sul fatto che in quel momento, ogni essere senziente, ha la possibilità di liberarsi. Chiunque sia, qualunque azione abbia commesso. Certo, peggiore il karma, più faticosa diventa l'impresa, ma è sempre possibile : " In un istante, si ottiene la perfetta buddhità ".
Le istruzioni hanno lo scopo di richiamare l'attenzione del dipartito, ad ogni stadio del periodo in cui può essere accecato e irretito, sul fatto che egli può ancora liberarsi, e illuminarlo sulla natura delle sue visioni.
" O figlio della natura buddhica, la tua coscienza attuale, libera dal suo supporto fisico, è come sospinta dalla turbinosa energia vitale delle passate azioni. Cavalcando incessantemente il destriero del respiro, essa vaga senza direzione, come una piuma al vento "
Il lama legge i testi del Bardo in presenza del cadavere:
"Nel Buddhismo tantrico il processo della morte e il bardo costituiscono infatti insuperabili occasioni di liberazione, e per questo viene raccomandato di praticare gli insegnamenti del Bardo Thödol finché si è vivi. Le istruzioni che il lama o un’altra persona qualificata legge all’orecchio del defunto hanno lo scopo di richiamare alla mente le esperienze iniziatiche"
Personalmente, capendo anche poco, data la distanza, del tempo, e del luogo, delle tradizioni, e delle mie eventuali passate esperienze, o di quelle future, sono stato, durante la lettura, anche delle preghiere, così lontante dal mio temperamento, avvinto, e affascinato e con meraviglia mi consideravo come se fosse il testo a sfogliarmi, d'involucro in involucro. A declamarmi. Sino a ad essere avvolto da un tepore, senza che ci fosse nulla al fondo, al centro, da avvolgere e circondare.
Ritornerò, credo, spesso a rileggermi l'intero, d'indicibile bellezza capitolo 4: Introduzione alla consapevolezza: liberazione naturale attraverso la nuda percezione. Istruzioni riguardanti la natura ultima della mente.
O nel capitolo 7, la liberazione naturale attraverso atti di confessione, il meraviglioso paragrafo, se posso chiarmarlo così: Contrita confessione dello sfrenato egoismo.
E, naturalmente, l'intero capitolo 11, il più famoso: La grande liberazione attraverso l'udire.
Ma è tutto, interamente, qualcosa a cui noi, occidentali, non siamo abituati. Considerare la morte, quell'istante, come qualcosa di così importante da poterci liberare dal ciclo delle rinascite, e l'altruismo che, anche il defunto, deve manifestare, adoperandosi per aiutare, oltre che sè, anche le altre coscienze disperse nel tragitto.
E i familiari, gli amici, i cari, non hanno un ruolo marginale, ma partecipano attivamente alla cura riguardante il nostro viaggio.
" Tutti gli uomini di differenti capacità, indipendentemente dalla loro acutezza o ottusità, possono realizzare questa intrinseca consapevolezza. Tuttavia, come il sesamo è la fonte dell'olio e il latte del burro, ma non producono queste sostanze se non vengono pressati o sbattuti, così anche se tutti gli esseri possiedono effettivamente il seme della buddhità, non la otterranno se non la coltiveranno esperienzalmente "
Noi siamo, totalmente, pienamente, responsabili delle nostre azioni, siamo il risultato delle azioni passate, e coltivare la consapevolezza è l'unico modo per evitare di cadere nei soliti, nostri, tranelli. Quanto facciamo facendoci caso, prima o poi, diverrà la nostra natura.
La cultura occidentale sembra aver relegato la morte nei tg della sera. Per il resto sembra un discorso tabu. I sofferenti e i moribondi vengono chiusi negli ospedali e il trapasso avviene in un ambiente asettico e impersonale. Eppure è qualcosa che riguarderà ognuno di noi, indirettamente per la dipartita dei nostri cari, e direttamente per la nostra. Inutile fare gli struzzi, anche se francamente credo che non sia possibile dirsi davvero preparati quando arriverà il momento.
Il titolo esatto sembra non essere il libro tibetano dei morti ma Il grande libro della liberazione naturale attraverso la comprensione nello stato intermedio, che a sua volta fa parte di un'opera più ampia dal titolo Il profondo insegnamento della liberazione naturale attraverso la contemplazione delle divinità di buddha miti e feroci. A me sembra che questa sia la migliore edizione tra quelle circolanti in giro sul Libro tibetano dei morti. Il curatore è autorevole ed è stato in questo mese di settembre 2010 in Italia. Parlo di Robert A.F. Thurman, docente di studi indo-tibetani e amico personale del Dalai Lama. Non è un libro che si possa definire buddista. Mi vado convincendo che forse è il testo di letteratura più importante al mondo mai scritto. Spiega molto bene il continuum tra prima della vita, la vita, la morte, il dopo morte e di nuovo la vita. Chiarisce con precisione cosa accade alla morte, il suo processo e l'importanza del lasciare andare. Me ne sto occupando con un atteggiamento diverso solo ora, penso in ritardo, e ritengo che debba forzarmi ad assimilarlo a memoria, vedendolo e sentendolo. Sarebbe utile avere una edizione critica che non esiste tuttora. Si parla di venti, canali, gocce, c'è una descrizione energetica grossolana, sottile e ultrasottile molto sofisticata, cronaca di psiconauti che in stato di piena consapevolezza sono tornati dal Grande Viaggio e hanno lasciato la loro testimonianza. Ci si può fidare della loro esperienza? Spiegarlo mi risulterebbe molto arduo, ma penso di sì. Vale la pena leggerlo con la massima attenzione e rispetto, avendo cura del testo. Si sente il grande amore che Thurman vi ha messo in questa edizione.
A mio parere il Bardo efficace si riferisce alle forme focalizzate nella consapevolezza implosiva appena successiva alla morte. La serenità è indispensabile a questo processo. Non posso entrare adesso in dettagli. Ma è il momento energetico - perchè a mio parere s'incomincia a capire che si tratta di una fisica del DNA - nel quale la capacità di navigare il magnetismo in un sogno lucido è fondamentale. La coerenza elettrica dell'effetto di campo del cuore e delle ghiandole che svolta nella morte è essenziale nel determinare quale magnetismo biologico (la memoria dell'anima, cioè l'informazione) può accellerare verso la velocità della luce nella perfetta compressione ricorsiva del DNA. In questo caso la memoria viene trasferita in blocco. Quando non è così, l'informazione del DNA va in decoerenza e viene assorbito in un onda sinusoidale o una lunghezza d'onda di nota pura fra molte, che può contenere tutto ciò che vive o vibra e può separarsi successivamente in onde sinusoidali di singole note musicali. La kundalini stessa rappresenta un pò tutto questo processo, come impronta a microonde e ultravioletto e infrarosso, con armomiche misurabili nelle frequenze basse.
Quando la coscienza grossolana si dissolve in luminiscenza ciò dovrebbe forse corrispondere al primo decadimento nell'intensità della tonica che avviene sotto forma di immagine residua (33 modelli istintivi associati al desiderio). La saggezza dello specchio (che è l'energia prodotta dalla trasformazione dell'illusione) si dissolve e le forme divengono più indeterminate.. La vista si deteriora e le immagini diventano sfocate. A poco a poco la saggezza dell'equilibrio (che è l'energia dell'attaccamento) si dissipa e le sensazioni svaniscono. Percettivamente dovrebbe esserci una ricapitolazione del mondo dei desideri senza più desiderarli. Il secondo decadimento avviene sotto forma di frazionamento, che produce armoniche e sovratoni molto più bassi, i quali, nella parte alta dello spettro si manifestano come onde sonore. Udiamo letteralmente i pensieri che circolano nell'ambiente; nella parte mediana dello spettro si manifestano sotto forma di fenomeni di inversione temporale che producono speciali campi locali nella gamma che va dall'idrogeno al sodio. Ciò che possiamo percepire in rapida successione è il discorso uditivo della nostra esistenza. Alla fine sarà dissolto il senso dell'udito quando nella parte più alta dello spettro le onde sonore si manifestano sotto forma di sistemi trasmissibili attraverso il vuoto, in assenza di qualunque mezzo eccetto quello elettromagnetico. Si perde l'olfatto. Il terzo decadimento è un'apparente degerazione della forma, dovuto a un ritardo delle toniche. Viene quindi dissolto l'elemento aria e quindi il senso dello spazio. Ci abbondonanano tatto e gusto. Con il quarto decadimento vi è una perdita totale di energia che abbandona definitivamente il corpo e che sfuma nell'oscurità. Qui accade il dissolvimento del senso della mente.
Se si sarà formato un Corpo delle Abitudini...
1)i fenomeni sono illusioni); 2) Non avere nè attrazione né repulsione; le mie abitudini apprese (habitus) mi farano procedere e garantiranno che io giungerò dove è necessario che arrivi. L'apprendimento incoraggia nuove abitudini iscrivendolo nel continuun spazio-temporale. Ciò che è appreso non è perduto. Così è possibile la trasformazione. S'incamerano nuove esperienze quando Apprendere è il termine adatto agli atti soggettivi operati di fronte all'oggettività del problema (Idea), mentre sapere designa soltanto la generalità del concetto o il tranquillo possesso di una regola di soluzione. Apprendere è penetrare nell'universale dei rapporti che costituiscono l'Idea e nelle singolarità che corrispondono loro. Imparare a nuotare consiste nel coniugare punti particolari del nostro corpo con i punti singolari dell'Idea oggettiva, per formare un campo problematico. Tale coniugazione determina in noi una soglia di coscienza al cui livello i nostri atti reali si adattano alle nostre percezioni delle relazioni reali dell'oggetto. Ma le Idee che sono un problema, sono gli elementi ultimi della natura e nello stesso tempo l'oggetto subliminale delle piccole percezioni, quindi l'apprendere passa sempre attraverso l'inconscio, si svolge sempre nell'inconscio, stabilendo tra la natura e lo spirito il legame di una profonda complicità. L'apprendista che vuole cogliere il senso del suo destino (la sua destinazione) deve quindi innalzare ogni facoltà all'esercizio trascendente e cercare di far nascere nella sensibilità quella seconda potenza che coglie ciò che può essere soltanto sentito. Si chiama educazione dei sensi. Apprendere il Bardo è allora il più problematico dei movimenti trascendentali dell'anima. Platone lo ha chiarito nella forma della reminiscenza, introducendo il tempo nel pensiero, non come tempo empirico (il pensiero che prende tempo) ma come tempo del pensiero puro (il tempo prende il pensiero) che subordina il pensiero alla forma mitica della somiglianza e dell'identità. Il Bardo invece ci conduce a un pensiero senza immagine (l'oscurità prima della chiara luce) che sembra condurci a una Differenza Infinita.
Nell'Eterno Ritorno vi saranno allora gradi diversi di individuazione in funzione di come le espressioni prime e seconde in un contesto metafisico mettono insieme le rappresentazioni? Ciò che si ripete non può mai essere l'eguale? p.s. sotto il profilo espressivo l'oggetto della rappresentazione indica con qualcosa qualcos'altro. Questo è quello - questo è nient'altro che quello... (Brhad-Aranyaka-Unpanisad)