Addìo capitano Whalley, addìo "serang"

C'è poco in questo libro, tolto il Mare, La Vita, Dio, il Ricordo, il Rispetto, la Malattia, l'Amicizia, il Tradimento, la Morte, la Vigliaccheria, la Pusillanimità, la Fede, la Speranza, la Gioventù e la Vecchiaia, la Lotta, l'Occidente e l'Oriente, il Bianco e l'Indigeno, l'Onore... non rimane molto dal sacchetto delle maiuscole (la Gloria non c'è, Sesso neppure, pur essendo tutto il libro sensualissimo), se non la sensazione, per l'eventuale lettore di vampirla o draghi nani e ballerine che vi si accostasse, di aver buttato alle ortiche anni leggendo stronzate immani.

In un afoso braccio di mare orientale (in Conrad spesso si svolge tutto sotto un afa opprimente) un uomo, pressato da motivazioni inevitabili, cerca un imbarco come capitano. Un disperato lo ingaggia, odiandolo per averlo salvato.

Riscrivo qui un brano dal libro:

La parola pilota suggeriva l'idea di fiducia, di dipendenza, l'idea dell'aiuto benvenuto e illuminato portato al navigante che brancola nel buio in direzione della terra, che avanza alla cieca nella nebbia, che cerca a tentoni la via nella densità delle tempeste di vento che, riempiendo l'aria della foschia salina soffiata su dal mare, riducono da ogni lato la visibilità a un ristretto orizzonte che sembra a portata di mano.
Un pilota vede meglio di un forestiero, perché la sua conoscenza dei luoghi, come una vista più acuta, completa le forme di cose adocchiate fugacemente; penetra i veli di bruma stesi sopra la terra dalle burrasche del mare; determina con sicurezza i contorni di una costa che si stende sotto la cappa di nebbia, le forme dei punti di riferimento semisepolti in una notte senza stelle come in una tomba poco profonda. Riconosce perché conosce già. Non è al suo occhio lungimirante ma alla sua conoscenza più estesa che il pilota chiede certezze; la certezza sulla posizione della nave da cui può dipendere il buon nome di un uomo e la pace della sua coscienza, la giustificazione della fiducia riposta nelle sue mani, e anche la sua stessa vita, che di rado è interamente sua per gettarla via, e le umili vite di altri che forse stendono radici in affetti lontani, e sono altrettanto onerose delle vite dei re per il peso del mistero che le aspetta.


Conrad stesso scrisse: Dubito molto che rileggerò mai "Al limite estremo". Non c'è bisogno che dica di più. Si concilia meglio con i miei sentimenti separarmi dal capitano Whalley in affettuoso silenzio.

Nov 16, 2009, 9:33 AM

L'amore per i nostri figli, la dignità e la lealtà verso la nostra professione sono il motivo per cui non ci arrendiamo, anche quando vorremmo scappare via da tutto e riposarci, finalmente.
Così è per il capitano Whalley, onesto e vigoroso uomo di mare, che invece di spendere gli ultimi giorni della sua vita oziando o godendo della compagnia della sua unica figlia, povera e lontana, decide di fare ancora qualcosa per garantirle un po' di sicurezza e di felicità, lavorando ed immolandosi fino al limite estremo.
Un racconto non facile, meno immediato degli altri che ho letto, strutturalmente complesso, ma che ho apprezzato per il risvolto intimo e affettivo, cosi inusuale negli uomini di Conrad, che coinvolge e che a tratti commuove. Bello e triste il finale, che temo da madre e che ho vissuto da figlia: " C'erano stati giorni interi in cui non aveva mai pensato a lui perché non aveva tempo. Ma lo aveva amato, sentì di averlo amato, dopo tutto. "

Jun 10, 2018, 5:29 PM
"O Captain! My Captain! Our fearful trip is done!" (Walt Whitman)

Semplicemente l'opera di Conrad più commovente che abbia letto finora. Un inno alla dignità umana, senza sentimentalismo e senza retorica, alla facoltà di aggrapparsi a quel timone e perseguire nell'unica via che il destino non può precludere: la fedeltà a sé stessi.

Fortis cadere, cedere non potest.

Jan 26, 2014, 8:07 PM