Un uomo viaggia in Brasile e, contagiato dalla natura selvaggia e spietata, finisce per ucciderne un altro per gelosia. Fugge dal Brasile, torna in Europa e racconta tutta la vicenda e com'è riuscito a farla franca in un romanzo, che ottiene un successo internazionale. Anni più tardi un suo fan lo invita a tornare in Brasile con un pretesto, ma fa tutto parte di un piano ben congegnato: l'uomo viene chiamato alla resa dei conti e a pagare per i suoi crimini. Perché nel suo romanzo ha mascherato abilmente la cruda realtà, piegandola, torcendola e manipolandola in nome della finzione.
La cosa che ho apprezzato maggiormente di questa storia, oltre allo stile narrativo, è stata che per la prima volta in un libro in cui si parla di un romanzo, il romanzo viene riportato integralmente. Molto stimolante anche l'analisi testuale e psicologica compiuta da uno dei personaggi sulla figura dell'autore-assassino: Jacques Haret (nome d'arte scelto perché richiama la parola jacaré, cioè caimano). Le sue osservazioni forniscono una chiave interpretativa alternativa alla storia "ufficiale" narrata nel romanzo di Haret e finiscono per condizionare la percezione che ha il lettore della storia stessa e dei personaggi che vi compaiono. Ciliegina sulla torta lo sfondo brasiliano, ritratto in tutta la sua spietata bellezza.
Una storia molto confusionaria, di uno scrittore francese che torna in Brasile dopo moltissimi anni (a Petrópolis, nella casa in cui si suicidarono Stefan Zweig e sua moglie) e rivive la trama del suo romanzo autobiografico assieme all'ex-poliziotto che lo ha mandato via dal Brasile, e che, nel frattempo, aveva sposato la sua ex amante, anche lei morta suicida.
Nel frattempo vengono esposti alcuni problemi presenti e passati del Mato Grosso e la natura selvaggia, con i suoi animali feroci e spietati, ma mai spietati quanto l'uomo.