Profondo giallo

Questo testo, pubblicato nel 1854 come Poscritto, a L’assassinio come una delle belle arti (vedi le due recensioni) contiene il resoconto di due orribili stragi compiute a Londra nell’inverno del 1812 da John Williams, a pochi giorni di distanza, in due case poco lontane fra loro.
In una recensione avevo espresso il rammarico che in L’assassinio come… non si desse conto, nelle note o in una appendice, degli omicidi citati. L’autore lo fece appunto in questo Poscritto che però venne pubblicato molto più tardi, in un’edizione delle opere complete. Io sono riuscita a trovarlo con una ricerca in rete.
È un volume di formato ridotto e di poche pagine, edito da una piccola casa. 
Prima di introdurre la descrizione dei due delitti, l’autore si produce in una rapida dichiarazione autoapologetica contro coloro che si erano sdegnati per la sue affermazioni sul delitto. Ne rivendica la giocosità e la stravaganza, quali strumenti per riuscire a rasentare i confini del terrore o di tutti quei sentimenti che nella realtà della vita appaiono troppo repulsivi.
La letteratura permette di sperimentare virtualmente, senza rischi, paure e orrori che esercitano una irresistibile fascinazione sull’animo umano, è la sindrome di Giovannino che se ne andò in cerca della paura.
Il grande successo del genere poliziesco conferma questa tesi: l’assassinio di finzione attira morbosamente i lettori o gli spettatori; ma anche quello reale, i delitti celebri sono stati sempre seguiti dal pubblico con grande passione e assiduità, una volta superata la naturale pietà per le vittime (che non sempre si esprime, va detto).
Segue la narrazione delle stragi, e qui si può, senza ombra di dubbio, parlare di alta classe di scrittura, di gran godimento estetico e intellettuale. Ne consiglierei la lettura ai contemporanei giallisti a cottimo che vanno per la maggiore. Ma temo che sarebbe inutile.
Intanto la descrizione dell’ambiente, Ratcliffe Highway, il più pericoloso dei quartieri londinesi. E non solo perché ogni tre uomini uno almeno era forestiero. E perché vi incontravi cinesi, mori, negri, indiani dell’est ad ogni passo. Non pensate che sia un razzista britannico il buon de Quincey, infatti è risaputo anche che la marina cristiana - e soprattutto, al tempo di guerra, la marina commerciale - era il rifugio di tutti i delinquenti le cui birbanterie erano sufficiente motivo per sottrarsi qualche tempo dallo sguardo del mondo.
Come si dice, ce n’è per l’asino e per chi lo mena.
Descritta la scena, si passa al ritratto dell’assassino, fisico e psicologico, tracciato con grande finezza, pochi tratti vividamente evocativi. Poi qualche cenno ai possibili moventi degli orrendi crimini.
Ma l’autentica maestria narrativa la vediamo dispiegarsi nella ricostruzione dei delitti: nei tempi riportati con acribia cronometrica, nella riproduzione dei gesti spietati e e fatali, il tutto privo di ogni compiacimento splatteristico, morboso, granghignolesco. E l’apice viene raggiunto, infine, nella lezione di suspence, hitchcockiana ante litteram, data dalla descrizione della spasmodica ansia dei sopravvissuti che sentono, col cuore in gola, l’assassino muoversi dietro una porta, una parete.
Grande letteratura, con buona pace dei giallettari uno al mese.

Aug 16, 2024, 9:19 AM

Nell’800, Thomas de Quincey scrive un saggio, L’assassinio come una delle belle arti, in cui cerca di trovare e descrivere il lato artistico dell’omicidio citando vari casi avvenuti nel corso della storia dell’uomo. Andando oltre il sentimento di stupore e orrore dell’atto in sé, che rappresenta la prima e più naturale sensazione umana, l’autore ne approfondisce le modalità e il senso estetico, il tutto in maniera sì cruda ma anche, se possibile, asettica e perfino ironica. Questo libretto, che scorre veloce come una coltellata, riporta uno dei casi presenti nel saggio, quello degli omicidi compiuti da tale John Williams, assassino capace di sterminare nel sangue due famiglie, compreso un neonato, in una Londra terrorizzata che nei primi dell’800 non conosceva ancora Jack lo squartatore. Difficile cogliere un briciolo di arte in tale mattanza e di ironia tra le righe. Sembrerebbe un racconto horror se non si trattasse di un fatto di cronaca vera, sicuramente troppo breve nell’esposizione per capire le finalità di de Quincey. Resta però curioso, mette paura e questo è bastato per farmelo apprezzare. Del resto siamo tutti un po’ fan di Jack lo squartatore e De Quincey, forse, è proprio qui che voleva arrivare.
.
topperharley.com/non-recensioni

Feb 19, 2024, 7:14 PM