Bella idea, attuale ed interessante ma la narrazione ha qualcosa di acerbo come se l'autrice avesse evitato di calarsi realmente dentro la storia di frugarci dentro. Così anche l'esperienza della lettura rimane superficiale, viene voglia di tornare indietro a rileggere dei passaggi potenzialmente interessanti ma si rimane sempre con appiccicato addosso un senso di mancanza.
Peccato perché il tema centrale e anche quelli secondari sono molto potenti e avrebbero potuto scuotere nei lettori domande e riflessioni. Il problema è che non inquieta, non smuove, non commuove veramente, un po' asettico come il programma di accudimento artificiale ma nemmeno abbastanza asettico da farne trapelare l'orrore.
Viola Di Grado, scrittrice catanese, ormai da anni fuori dalla Sicilia. Giovanissima, ma già alla sua terza fatica.
" Bambini di ferro" è un romanzo distopico, ambientato in Giappone. Ciò che si coglie subito è l'originalità della storia, che avrebbe potuto essere appassionante - ma non lo è.
La narrazione non decolla, lascia intendere interessanti sviluppi che non arriveranno - o forse non ho saputo coglierli io.
Una piccola orfana, Sumiko, una mattina viene presa e portata presso l'Istituto Gokuraku, dove verrà allevata e accudita. La sua tutrice, Yuki, cresciuta anche lei nello stesso istituto, rimasta orfana 25 anni prima, era stata sottoposta ad un programma di accudimento artificiale: delle macchine erano state programmate per crescere i bambini rimasti orfani e infondere loro fiducia, valori positivi e sicurezza. Ma degli hacker, oppositori a questo progetto, mandano in tilt le macchine e fanno naufragare l'ambizioso disegno di creare future generazioni solide e positive.
Gli effetti negativi, ai danni delle povere cavie, saranno irreparabili.
Peccato che il coinvolgimento emotivo sia mancato quasi del tutto. Al plot manca qualcosa: troppo singhiozzata la narrazione, troppi vaneggiamenti, rimandi a Buddha, inutili e devianti elementi narrativi secondari.
Potete risparmiarvi anche questa lettura o forse no: magari qualcuno potrebbe apprezzarla più di me.