Raccolta di otto brevi (tranne uno: Tre giorni) racconti di Petros Markaris, l’inventore del commissario Charitos, il quale però appare solo in due racconti, il primo (che dà il titolo al libro) e l’ultimo. Del resto alcuni dei racconti non hanno neanche come oggetto indagini poliziesche. Insomma chi cercasse plot e intricate matasse criminali da risolvere rimarrà deluso. In Il cadavere e il pozzo la scena del crimine con tanto di cadavere si rivela essere una scena cinematografica! L’interesse di Markaris nel mettere insieme queste storie è dichiaratamente altro. Tratteggiare dei caratteri e farli interagire attorno a temi morali (l’invidia per il successo altrui, che porta al delitto, in entrambi i racconti con protagonista il commissario Charitos) e soprattutto dell’attualità politica: il motivo che ricorre più spesso è quello dell’incontro-scontro fra diversi mondi etnici e culturali, chiaramente nel solco di un netto impegno di denuncia che Markaris ha già intrapreso nei suoi precedenti romanzi, nei quali il tema della crisi greca è venuto in primo piano. In L’arco di Pompei, ad es, un prete continuerà ad assistere i rifugiati nonostante le pesanti minacce che riceve. Ed è nell’unico racconto lungo, Tre giorni, che l’interesse di Markaris si rivela pienamente. La vicenda si svolge nella Istanbul del 1955, nei giorni del pogrom contro la comunità greca (i romei), tollerato se non orchestrato dal governo turco dopo la falsa notizia dell’attentato alla casa natale di Kemal Ataturk a Salonicco (siamo nel periodo della crisi greco-turca a Cipro). La storia mette in relazione turchi, greci residenti a Istanbul (i romei, appunto), armeni, ebrei, protagonisti di quei drammatici eventi. Nettissime sono le risonanze con il clima della nostra attualità politica, dove ciascuno è chiamato ad assumersi delle responsabilità (sia pure anche solo un punto di vista sulla realtà). E di fronte alla violenza etnica dei turchi, ebrei, armeni e romei sono raffigurati come i tre moschettieri: tutti per uno, uno per tutti. Solo che loro sono i tre moschettieri all’incontrario, non sono quelli che le danno ma quelli che le prendono: quando i turchi ce l’hanno con uno di loro se la prendono con tutti e tre…
Si sorride spesso nel leggere questi racconti, di un sorriso amaro, che scaturisce da una riflessione intelligente su temi che ci toccano da vicino.
Non amo particolarmente i racconti, anche se alcune pagine di Maupassant, per esempio, rasentano la perfezione, ma soprattutto mi sono accorto di non sopportare proprio i racconti brevi in campo investigativo. Viene a mancare il succo dell'intreccio, della ricerca della pista giusta e dell'abbandono di quella più evidente ma errata, il lavoro dell'investigatore insomma, al quale ti puoi affezionare come ad un amico. Questi racconti di Markaris non fanno eccezioni e li ho trovati insulsi e freddini