Sebbene non fosse propriamente al centro dei miei interessi, ho letto questo libro come atto di compensazione, o forse, possiamo dire, di espiazione per conto terzi. O meglio, di una specifica terza.

Avevo un’amica, una carissima amica con cui per parecchio tempo avevo condiviso una grande intimità. C’era stato un periodo in cui ci scrivevamo tutti i giorni, dato che era molto lontana; ci raccontavamo di tutto, ci sostenevamo reciprocamente nelle nostre rispettive vite.

Purtroppo, oggi va annoverata tra le vittime del covid. No, non nel senso che ci abbia lasciato le penne, ma nel senso che quell’evento l’ha fatta andare completamente fuori di testa. Sarebbe stato comprensibile, anche se non del tutto accettabile, che si fosse limitata ad essere una no-vax o una no green-pass. Invece si è sentita in dovere di prendere tutto il pacchetto; si è convinta che ci stanno avvelenando con le scie chimiche, che i terremoti vengono volontariamente prodotti e fabbricati, che i vaccini contengono microchip e sono un metodo per giungere al controllo globale dei pensieri e delle coscienze, che ci sono migliaia di persone che stanno morendo per gli affetti avversi dei vaccini nella congiura del silenzio di medici e infermieri, che l’Unione Europea vuole cancellare la farina di grano per sostituirla con quella di insetti, che Trump è una povera vittima e Biden un bieco usurpatore, che Bill Gates sta diventando il padrone del mondo e della salute universale, che gli ucraini sono bestie naziste e Putin un eroe della libertà. Il tutto, beninteso, con una laurea conseguita non all’università della strada, ma all’università vera e propria, in biologia. Le sue pagine social sono un rilancio dei contenuti più complottardi, farlocchi e demenziali, tanto che varie volte le sono stati rimossi in quanto fake conclamati, e lei ovviamente giù ad inveire contro il pensiero mainstream, il controllo e la manipolazione delle coscienze. Ma la cosa più odiosa è che la sua presunzione di conoscenza non si nutre di argomentazioni lineari, per quanto sballate, bensì è tutto un alludere, un “chi vuole capire capisca”, un “chi vuole intendere intenda”.

Una delle vittime delle sue allusioni caustiche è stata Samantha Cristoforetti, fatta oggetto di un odio viscerale e sconcertante. Perché? Perché “racconta balle”. Quali balle? Forse che la stazione spaziale non esiste? Che è tutta una messa in scena fatta in qualche studio televisivo terrestre, un po’ come l’allunaggio, e quello che si vede periodicamente passare nel cielo è un drone? Non è dato saperlo. Quello che dice è notare o rilanciare incongruenze nei video da lei registrati sulla stazione spaziale, e che quei capelli sparati in aria non possono essere una cosa naturale, arrivando perfino a fare un paragone a dir poco odioso con il gel nei capelli, diciamo così, “organico”, che usava Cameron Diaz nel film “Tutti pazzi per Mary”.

Non dovrei irritarmi tanto per lei, evidentemente una persona che per un’ampia serie di ragioni personali sta vivendo un disagio incommensurabile. Ma prendersela con la Cristoforetti, l’ho veramente trovato di una meschinità senza limiti. Per questo ho voluto leggere questo libro, nonostante non mi fossi interessato più di tanto alle vicende della stazione spaziale internazionale, e di lei sapevo giusto che esiste ed è un’astronauta.

Il libro - a questo punto parliamo del libro - è sicuramente interessante per chi, invece, di astronautica è profondamente appassionato. Lei racconta la sua avventura con dovizia di particolari e anche con una bella capacità narrativa; rimane comunque quello che è (un’ingegnera, una pilota di aerei militari, e poi, per caso e per desiderio, un’astronauta) e infatti ho grandemente apprezzato che non si sia data arie da grande scrittrice, cercando una forma ridondante parecchio comune in coloro che pretendono di descrivere letterariamente esperienze piuttosto settoriali (ad esempio, gli alpinisti e i velisti, che farebbero bene a prendere atto che non tutti hanno le attitudini scrittorie di un Walter Bonatti o di un Jean-François Deniau). Al contrario la scrittura è piana, esauriente, forse prolissa per chi, come me, non è propriamente ferrato sull’argomento, ma credo che al contrario abbia entusiasmato quelli che lo sono. Inoltre, lei parla pochissimo della sua vita privata: perfetto, non era assolutamente tenuta a renderla pubblica, e cercare empatia con questo genere di mezzi sarebbe stato un effetto troppo facile.

Poco dopo l’inizio della lettura, quando ho saputo delle ferree selezioni a cui la futura astronauta si è sottoposta, ho provato un’immediata empatia non tanto per lei, non tanto per gli ultimi delle graduatorie, ma per i secondi o i terzi, quelli che hanno sfiorato il successo ma non sono riusciti a farlo proprio. Ho molto apprezzato che, verso la fine del volume, lei stessa ha rimarcato quanto la fortuna l’abbia aiutata, e inevitabilmente finisca per favorire qualcuno, e non qualcun altro, tra persone che partono comunque da standard altissimi (già a me pare incredibile riuscire a pilotare un aereo militare, figuriamoci un’astronave…)  “Chi realizza il sogno può illudersi con superbia che il successo sia soltanto il risultato del proprio agire, dimenticando le circostanze favorevoli, i tanti casi della vita, forse meno benevoli verso altri, non meno meritevoli”. Poco dopo ammette che la possibilità di partecipare alla selezione le venne dai ritardi provocati dall’incidente dello space shuttle Columbia. Onore all’umiltà.

In conclusione, mi è comunque rimasta una curiosità.

E’ ovvio che gli astronauti sono selezionati non solo per le loro capacità intellettive, ma anche per quelle sociali, relazionali, comunicative, per saper dirimere controversie, addomesticare i conflitti, eccetera… Sarebbe stato interessante che il libro, oltre agli addestramenti “tecnici”, desse qualche informazione anche in merito a questo aspetto. Non solo; così come essi sono costantemente monitorati sotto il profilo fisiologico, con stuoli di medici che si occupano di loro dalla Terra, presumo che li siano anche sotto quello psicologico. Pensateci: passare mesi e mesi in una scatolona di latta a trecento chilometri in orbita, in spazi piccolissimi, a contatto costante con persone che non si sono scelte, in condizioni assolutamente anomale per chiunque (assenza di gravità, ecc.). Per quanto si possa essere le persone migliori, più selezionate e più collaborative del mondo, possibile che non esista un qualche genere di appoggio e monitoraggio anche per la gestione di problematiche psicologiche che in una situazione del genere non vedo particolarmente difficili ad insorgere? E poi, a dirla tutta, per gli stessi motivi di reclusione e di isolamento, non esiste nessun supporto alla gestione della propria sessualità? La Cristoforetti parla moltissimo (...anche troppo, bleha!) di come si gestiscono gli escrementi, sarebbe stato interessante anche qualche cenno (nel rispetto della privacy) a quest’aspetto che mi sembra non proprio irrilevante per la salute di persone che per forza di cose DEVONO rimanere in salute.

Per concludere: lei parla con grande tristezza del momento in cui ha dovuto lasciare la stazione spaziale, in cui ha vissuto un periodo felice (anzi, ha perfino accolto con gioia il posticipo del rientro!). Per quanto possa parere assurdo, devo dire che la capisco. Saranno pure gli astronauti superuomini e superdonne, ma avere uno stuolo di persone che si occupano di te, non ti fanno mai sentire solo/a, in qualche modo ti “coccolano” di continuo, ti riempiono di rinforzi positivi, il tutto in un ambiente che non occorre scomodare Freud per immaginare come il succedaneo di un ventre materno, non dev’essere poi affatto male.

Sep 17, 2023, 8:57 PM

Proprio un bel libro, che racconta dello spazio e del mestiere di astronauta in maniera davvero interessante. Conferma la mia sensazione sugli astronauti, ossia che siano persone davvero speciali, umile e competente, sembra davvero un'apprendista, pur essendo super qualificata e preparata... insomma una lettura molto piacevole e stimolante.

Apr 7, 2019, 9:15 PM

Ho adorato profondamente questo libro, dall’inizio alla fine. Ho adorato il racconto dettagliato di come si insegue e realizza un sogno così grande, ho adorato i dettagli tecnici, perché sono curiosa, ho adorato la Città delle Stelle, ho adorato la descrizione delle sensazioni fisiche e psichiche nello spazio, ho adorato il modo degli astronauti, che mi sembrano davvero l’elite fisica e mentale dell’umanità..ma più di tutto, ho adorato Samantha, che sembra essere davvero una persona meravigliosa, con la sua tenacia e saggezza di fondo e la sua passione per Douglas Adams! Grazie AstroSama per questo splendido viaggio che ci ha fatto vivere, ti auguro di tornare presto tra le stelle!

Mar 21, 2020, 1:13 PM