" Preferirei di no"...

 Pubblicato in due puntate nel Putnam's Magazine nel 1853 fu un vero buco nell'acqua all'epoca, un fallimento commerciale, un fiasco di critica e pubblico come lo fu Moby Dick, ma divenne poi un racconto tra i più memorabili nella storia della letteratura.
Breve ma intenso ha inizio con un episodio incomprensibile, un primo fatto che seguito da altri, porta il lettore, passo dopo passo, fino all'ultima pagina con un quesito.
Chi è Bartleby ?
Quali sono le sue origini, il suo passato ?
Un enigma che rimarrà tale fino alla fine.
Ed è proprio il mistero che avvolge la figura di Bartleby il fascino di questa novella, la frase che pronuncia spesso “preferirei di no” ad incuriosire il lettore.
La voce narrante è un avvocato di uno studio legale in Wall Street, un uomo sulla sessantina, gentile e scrupoloso, capo di tre impiegati dai soprannomi curiosi che spiegherà in principio per capire il loro temperamento: Zenzero un ragazzino che svolge varie mansioni, Tacchino un inglese basso e tarchiato e Pince-Nez un venticinquenne ambizioso. Un quarto impiegato verrà assunto con la qualifica di copista, Bartleby, un esempio di diligenza, decoro e discrezione, un uomo enigmatico dai continui rifiuti garbati“ preferirei di no” sempre immotivati e irragionevoli a richieste del tutto ragionevoli. Il suo assurdo comportamento è il motore che spinge il lettore ad andare avanti tutto d'un fiato, fino all'ultima pagina, con la speranza che il dipanarsi degli eventi possa fornire una spiegazione che non arriverà mai...
Non c'è traccia di aggressività nel garbato e imperturbabile Bartleby solo desolazione e miseria.
L'avvocato, un uomo paziente e introspettivo, lo asseconda, lo comprende fino a trasferirsi in un altro studio ma senza ottenere alcun risultato, senza riuscire a smuovere l'ostinato Bartleby che seguirà fino al raggiungimento ad un'altra vita, forse l'unica che desiderava il copista.
Un racconto che ho acquistato per caso, un piccolo gioiello dell'ottocento che si legge velocemente e che consiglio...  

Rilettura 25-02-2025

Apr 27, 2022, 10:28 PM
Irremovibile

Comprato una settimana fa: quando il libraio mi porge la copia , resto perplessa per il formato ridotto del libro .Allora chiedo " Ma è di Melville, giusto ?E ancora, incalzo ,lo scrittore di Moby Dick?"Si, signora, abbi fede, è lui" risponde il libraio. Faccio sempre figuracce, purtroppo, la mia spontaneità mi frega . Immaginavo un testo corposo, con tante pagine, forse, impressionata da Moby Dick, credevo che quella fosse la portata di Melville, e invece, mi sono sbagliata.
Moby Dick si estende in larghezza, mentre Bartleby in profondità: nel primo, si può decidere di saltare interi capitoli, soprattutto quelli sull'elencazione dei vari tipi di capodigli e i vari tipi di pesca, in Bartleby, invece, nessuna pagina può essere saltata , anzi, ogni pagina andrebbe quintuplicata, perché soggetta a infinite riflessioni , e interpretazioni .
In Bartleby, quella piccola frase che lo scrivano ripete come intercalare" Avrei preferenze di no" , spiazza continuamente il lettore e non solo.Anche il suo datore di lavoro ,l' avvocato , di fronte al rifiuto di lavorare dello scrivano, resta perplesso, immobilizzato non riesce ad indignarsi. Lo scruta, vuole scoprire le sue abitudini alimentari, i suoi segreti riposti nel cassetto della scrivania, il suo passato e il suo presente: indaga, senza nessun risultato. Eppure, Bartleby lo attira, quel suo modo di fare , non lo lascia indifferente. È imperturbabile,strambo, immobile, irremovibile, cortesemente , determinato e sfuggente .Quale segreto nasconde Bartleby? Cosa determina questo comportamento? Chi rappresenta in questo libro lo scrivano?

" E qui sta il bandolodella matassa, ma anche l'ostacolo, contro cui da sessant'anni i critici sbattono la testa, per carpire il segreto dello scrivano "

L'edizione Feltrinelli ha riservato in appendice ben 88 interpretazione del racconto di Bartleby, chiamamente, sono solo una parte delle varie interpretazioni, stiamo a livello di " giro di vite". Dopo la lettura anch'io posso esprimere una mia opinione: il lavoro ripetitivo, non creativo del copista ha con il passare del tempo inciso sul suo comportamento alienandolo dal lavoro, con conseguente rifiuto del proprio compito. Le interpretazioni , le ho lette tutte ,sono intriganti: chi identifica Bartleby in Melville deluso dopo l'insuccesso di Moby Dick, chi lo identifica in Cristo, chi lo vede affetto da autismo o addirittura da schizofrenia. Se un libro anima tante discussioni e pareri diversi è senza dubbio interessante e vale la pena leggerlo

Feb 18, 2025, 5:45 AM
Le jeux sont faits, rien ne va plus ...

Dopo aver bevuto l’ultima riga di Bartleby lo scrivano non posso reprimere la delusione e l’irritazione che si sono pian piano accumulate in me pagina dopo pagina, senza riuscire a trovare sollievo in un finale che plachi quei perché che fiorivano ad ogni piè sospinto. Nessun segreto svelato in extremis da Melville per comprendere questo enigmatico ed esasperante personaggio. Che lui stesso si sia lasciato prendere la mano? Che il mistero di Bartleby abbia dominato l’autore e non viceversa? Perché Bartleby si scioglie totalmente e inesorabilmente dalla vita? A cosa resiste o a cosa si arrende con tanta pacata ostinazione? A cosa non accorda più la sua preferenza?
Su questo rompicapo si sono arrovellati generazioni di studiosi e di lettori.
Non avendo una risposta mi viene da pensare, semplicemente, che forse arriva il momento in cui si comprende che il limite è stato raggiunto, che la misura è colma, che nient’altro si potrà aggiungere o sottrarre alla nostra esistenza. Allora non rimane altro che posare la penna e ritirarsi, lasciare, abbandonare, desistere, sciogliersi - senza clamore ma con fermezza - dal mistero incomprensibile della vita per concedersi silenziosamente alla morte, ultimo mistero che ci attende al varco.

Oct 8, 2012, 9:21 PM