Schermendosi, sottraendosii, nascondendosi, Moresco in questo breve, ma intenso, testo, fa due cose: ci confida quali sono i libri che ama di più e inserisce uno dei suoi racconti senza tempo, ipnotici, fantastici ed evocativi che - cfr. il mio commento a il Canto di D'Arco - formano il nucleo anche delle sue opere più impegnative.
Così comprendiamo che la sua fascinazione per le cicatrici e le ferite dei corpi sono debitrici dell'Iliade, che il suo stupore fanciullesco per l'orrore del male si nutre di Leopardi, che il Kafka da lui preferito è quello "trascendente" del Castello..., e poi la Bibbia, la letteratura religiosa..
Interessante e indispensabile per cercare di comprendere uno scrittore che merita sempre di essere approfondito e letto.
Ci sono autori, o libri, ai quali giriamo intorno per anni, attratti ma quasi spaventati, finché non arriva una parola da parte di qualcuno di cui ci fidiamo. Allora è come un interruttore: corriamo a ordinare il libro e sappiamo che percorreremo con sicurezza quelle pagine, e con gusto. A me è successo con Moresco, che annusavo da tanto senza trovare lo slancio per affrontarlo. Poi ho incontrato Dario Voltolini e da lui è arrivata la parola-interruttore. Adesso so che non lascerò Moresco per un po', specie dopo questo primo assaggio.
Nell'intreccio di questo incontro, ci sta che il libro è stato stimolato a Moresco da Voltolini stesso: un libro sulle sue letture, sul suo modo di leggere. In apparenza una sfida mancata, poiché già dalla prima pagina Moresco afferma di non aver mai letto davvero nulla. E sì, è proprio così, perché quello che leggiamo è un libro su come i libri sono entrati nella vita stessa dell'autore, hanno squarciato il velo della realtà e sono penetrati sotto la pelle. Perché un libro, per Moresco, è appunto uno sbrego, uno squarcio che ferisce il mondo di un taglio che non si può rimarginare. O questo, o niente. La letteratura che merita questo nome non può essere leggerezza o svago: è una crisi che esplode, che trascina il lettore, lo dilania, lo mette in discussione. Per questo Moresco ce l'ha con la normalizzazione imposta dal mercato editoriale, per questo ama i libri che eccedono e costringono a scartare dalla quieta linea narrativa.
E che sia questo il nutrimento dell'autore, lo conferma la scrittura: pastosa, materiale, ma capace di voli vertiginosi nelle altezze dell'astrazione. Una scrittura che non è mai rasoterra, o ad altezza occhi, dove sarebbe facile afferrarla. Ma ci costringe a scavare, o a volare, ci strattona fuori dai binari, disturbante e diretta, aggressiva. Un corpo a corpo con la letteratura che perde qualsiasi aura di ineffabilità per farsi carne e sangue, ferita aperta, stimmata che ci segna per sempre.