"E se fossi una che non sa quando una cosa è finita? Se fossi l'ultima che resta quando tutti gli altri sono usciti dal concerto, dal cinema, dalla città infestata dal crimine, dalla storia d'amore fallita? Se cercassi un segno ma il segno non viene. Oppure viene ma tu non lo vedi? E se dovessi prendere una decisione da sola e fosse un brutto colpo il fatto di poter contare solo su te stessa?"
"Quale delle due parole suona peggio: 'nostalgia' o 'desiderio'? Le usavo, in modo intercambiabile per descrivere ciò che provavo, e l'ho provato per molto tempo."
Ho letto (e amato alla follia) Ragioni per vivere e ho pensato realmente che Amy Hempel fosse la dea degli scrittori come recita Palahniuk in copertina. Per cui mi sono approcciato a questa nuova uscita con grandi aspettative. Purtroppo disilluse in quanto delle intuizioni geniali, dei personaggi e delle storie interessanti della sua prima raccolta di racconti non ho trovato traccia. D’altronde sono passati 34 anni e forse il tocco magico é andato altrove. Deluso
Nessuno è come qualcun altro. Storie americane di Amy Hempel (tradotto da Silvia Pareschi per SEM) raccoglie quindici racconti che sono la quintessenza della forma breve del narrare secondo la concezione di Hemingway: la teoria dell’iceberg è qui declinata in modo magistrale. Hempel riesce, con pochi, vividi tocchi, a rappresentare un’intera esistenza raffigurandone un frammento radiante. Esemplare su tutti il racconto “Un rifugio con tutti i servizi” in cui l’io narrante – volontaria in un canile i cui “ospiti” sono destinati a venire soppressi – rimemora liricamente, tramite l’iterazione dell’espressione “Mi conoscevano come quella…”, la voluta lentezza con cui pulisce la gabbie degli animali per allontanare il momento della morte.