Uno dei miei autori preferiti; non la sua opera migliore, però.
Ho trovato Chisciotte più un doveroso omaggio alla letteratura, a un mondo "classico" esaltato nella sua purezza lontana dalle esigenze mediatiche ed editoriali, o forse l'abbozzo di un'idea cinematografica da sviluppare, più che un testo meditato ed ispirato come tanti altri suoi.
Della sua poetica troviamo qualcosa, non tutto: l'invettiva contro la superficialità e banalità del comune gusto "midcult", il passaggio dalla città dei vivi (qui, dei "folli") alla città dei morti, quell'esilissimo, invisibile limite che non riesce a fare la differenza tra i due stati, che si sovrappongono, si fondono, si combinano..
Ma c'è qualcosa di "non magico" in questo libro, di artificioso, di troppo ovvio, che lo allontana dal miglior Moresco, quello della trilogia.
"Il mondo è fatto così. Inutile disperarsi. Non lo si può cambiare. Andrà sempre avanti così, fino alla fine. La nostra specie non può correggersi, è come una bomba a orologeria con il timer già avviato fin dall'inizio."
Non è una riscrittura del Chisciotte questo libro di Moresco, ma una sua reincarnazione, come segnala il volto affilato e stralunato dell'autore sulla copertina. Un antico sognatore gettato nell'orrore dell'oggi, prigioniero di una clinica psichiatrica che è anche e soprattutto un carcere mentale, ma capace di aprire varchi nei muri bianchi, di depistare terribili infermieri-cinghiali, di rivolgere alate parole alla bocca equivoca di un'ingessata dulcinea. E, soprattutto, di raccogliere attorno a sé la cerchia dei compagni di strada, dei tracimatori - usando il lessico di Moresco - di coloro che sono destinati a infrangere la levigata realtà quotidiana. C'è tutto il pantheon già incontrato ne Lo sbrego, autori e personaggi: Melville e Leopardi, Shakespeare e Omero, Dostoevskij e Kafka, la piccola fiammiferaia e pinocchio. Creature di carne o di sogno che oppongono alla violenza cieca del mondo le lame acuminate della parola e del pensiero, intrepide nella loro fragilità di carta. E il libro è scritto e pensato come un film, fatto di scene, di luci, di espressioni e, soprattutto, di inquadrature precise, che imbrigliano l'immaginazione come davanti a una pellicola. Moresco si fa Chisciotte, complice la somiglianza fisica con quell'immagine mentale che tutti abbiamo dell'Ingegnoso Hidalgo ma complice, sopra ogni cosa, quel suo modo così vivo e carnale di parlare, scrivere, amare la letteratura, e quella sua splendida velleità di rompere gli schemi editoriali.