Questo è un libro vero. Questo libro è fatto di pensieri. Pensieri inarrestabili, cattivi e buoni. Di quelli che fanno male, di quelli che usiamo per farci male. Il rapporto con gli altri esiste solo dopo il rapporto che si ha con se stessi. E quando questo rapporto non è buono, tutto scivola via, senza possibilità di recupero. È un libro che fa male. Un libro unico per intensità e scrittura.
Gli Affetti Provvisori è un breve romanzo difficilmente incasellabile in un genere, perché racconta la vita, ma soprattutto le nevrosi – iniziate in tenera età quando pensava, a causa delle illazioni della madre, che il guscio dell’uovo le avrebbe fatto venire l’appendicite – della sua protagonista, la venticinquenne Sophia Ambruosi che sceglie un lavoro come aspirante scrittrice di commedie teatrali, foraggiata dalla stima di Camillo, per non uscire di casa, e una relazione senza sentimenti con Dario (mentre è amante di Matteo) perché le permette di provare vestiti di una taglia inferiore alla sua senza sentirsi inadeguata alle circostanze.
Sophia sta ferma a osservare gli affetti (provvisori) per chi ha a fianco. Resta ferma a osservare la sua relazione clandestina con Matteo che la usa, al contrario di Dario. Resta ferma a osservare la depressione della madre Teresa. Resta ferma a guardare il padre Salvatore che, con i suoi occhi verdi che la guardano, le misura il polso con due dita della mano, quando torna a casa, al Sud, per vedere se è ingrassata per i troppi dolci mangiati. Resta ferma, mentre il fratello Simone avanza dubbi sulla possibilità che lei abbia assunto sostanze psicotrope per assistere al funerale della nonna Isabella. Resta ferma, perché è un’“umanità inabile all’azione”.
Il rapporto fra Sophia e Dario è in qualche modo assimilabile a quello che ognuno dei due ha col cibo, nemico di entrambi, per ragioni diverse (per lei la magrezza del corpo equivale a sentirsi accettata, soprattutto dal padre, di cui, per il sempre caro mi fu complesso di Edipo, è “innamorata”, per lui è più “normale” e riguarda principalmente l’amore per lei).
Sophia esercita la cattiveria che può come può, soprattutto quella gratuita nei confronti della madre. Ha una voglia d’amore nei suoi confronti come in quelli di tanti altri e un contemporaneo rifiuto nell’attuarla.
Questo è il primo romanzo che leggo di Wojtek edizioni e certamente non sarà l’ultimo, dato che me l’hanno consigliata in tanti e, soprattutto, mi hanno parlato della selezione dei libri sulla base della qualità della scrittura che – ora posso dirlo – in questo romanzo traspare da ogni parola.
A questo link (https://www.bandadicefali.it/2018/07/14/gli-affetti-provvisori/) c’è una recensione con cui mi ritrovo in pieno.
Un romanzo sulla paralizzante e invalidante attesa della fine: l'ineluttabile fine della felicità, dei sogni, delle relazioni, delle persone, della vita.
"Io stavo con mio padre ed eravamo di quei figli e quei genitori che mandano luce a vederli camminare insieme a braccetto, da fare dire anche al fruttivendolo che non lo sa dire Eccoli sono belli insieme.
E però l'avvertivamo sia io che lui la difficoltà. Di mantenerci in quel modo. Di stare dritti senza incrinatura. Quella difficoltà ci asciugava la bocca, ci sfibrava i muscoli a tutti e due".