Je suis Nino Sciarra

Mentre il suo romanzo precedente, La Consonante K (Neri Pozza, 2017), è un gudurioso eccesso massimalista (quasi 500 pagine, e si dice che alla Neri Pozza ne abbiano tagliate altrettante!, che intessono un arazzo esteso in una sessantina d'anni di storia dell'umanità e che abbracciano l'Europa, la Russia, gli Stati Uniti e il Messico), in questo suo ultimo romanzo freschissimo di stampa (gennaio 2019) Davide Morganti punta tutto sul minimalismo: il libro supera a mala pena le cento pagine, è stato pubblicato da una casa editrice nuova e piccina, ma evidentemente ambiziosa, la Wojteck Edizioni (7 pubblicazioni dal 2018 a oggi) ed è ambientato in una casa. Eppure, quanto oceano si nasconde nelle gocce distillate dalla scrittura di Morganti!
Il romanzo è talmente anomalo che pare impossibile sia stato pubblicato in Italia. Se in un giallo tradizionale si da la caccia all'assassino, nel romanzo di Morganti si da la caccia ad un cadavere. I fratelli Sciarra, due siciliani di cui nessuno sa niente, nemmeno il perché la loro ricchissima famiglia avesse deciso di andare a vivere a Napoli, sono morti. Dicono che Nino leggeva i libri a suo fratello, che era non vedente. Ma mentre il cadavere del non vedente è stato ritrovato, quello di Nino è scomparso, inghiottito da una casa enorme, pericolante e labirintica, piena di oggetti accumulati scriteriatamente e di libri sussurranti e pudichi. Comincia così la ricerca del cadavere di Nino Sciarra da parte di un uomo che non è un commissario brillante o tormentato, ma un semplice subordinato. La trama, a questo punto (cioè, dopo le primissime pagine) è già impazzita, suicidatasi, decompostasi e ricompostasi. Il protagonista del romanzo, colui che cerca il cadavere di un uomo che non conosce, si perde in quella casa enorme, cimitero di vecchi libri dimenticati, scritti da autori morti due volte, la seconda volta uccisi dall'ingratitudine della memoria collettiva. Intanto, i temibili Quattro Libri (con la L maiuscola) danno la caccia al nostro protagonista - vogliono ucciderlo? chissà... - mentre gli altri libri (con la l minuscola) se ne stanno quatti quatti e sospettosi, come i gatti, si prendono il loro tempo prima di imparare a fidarsi, avvicinarsi, farsi accarezzare, sfogliare...
Il cadavere di Nino Sciarra non è ancora stato trovato è dunque un epitaffio delirante della letteratura italiana morta, sepolta, dimenticata. Le pagine dei libri dimenticati fanno a gara fra di loro per ritagliarsi uno spazio fra le pagine del libro di Morganti: un romanzo che contiene altri romanzi, un romanzo che, tragicamente, svela l'illusione, o meglio l'inganno, dell'arte che dona l'immortalità, perché anche l'arte e la letteratura si dimenticano, e anche molto in fretta. Leggo i nomi che riaffiorano fra le pagine di Morganti, mi domando quanti di loro li conoscevo già: questo lo conosco!, questo pure!, mi dico, ma gli altri? Chi sono gli altri? Quanto tempo avranno dedicato alla stesura dei loro capolavori? Quanti problemi avranno avuto per trovare un editore disposto a pubblicare le loro opere? E di cosa parlavano, queste opere? Non lo so. Non lo sa nessuno.
Il nostro protagonista, sempre più smarrito fra le stanze della casa pericolante ed inagibile degli Sciarra, spossato dai Quattro Libri che gli danno il tormento e da tutti quegli altri che si contendono un briciolo della sua attenzione, trova il tempo e l'ultimo barlume di lucidità per indicare i colpevoli di questo olocausto letterario, e forse anche della morte dei fratelli Sciarra. È colpa della cultura cattolica, ma anche di quella atea. È colpa dell'Italia, così ingrata e piccola nella sua miseria, al punto che bisognerebbe pensare di spostare la capitale: una città come Roma è troppo fastosa, da l'illusione che il Bel Paese sia ancora il centro dell'Impero, un paesotto di campagna, invece, rifletterebbe meglio la condizione sociale e culturale del Paese. È colpa degli abitanti di quel Paese stesso, che non sono più nemmeno 'italiani', ma 'italopitechi'. È colpa della critica letteraria, miope, arrogante ed ignorante, e della 'mafia degli scrittori morti', a cui bisogna continuamente pagare il pizzo: se scrivi di labirinti, lo devi pagare a Borges, se parli di caos, a Gadda, se metti le note a pie' di pagina, a Foster Wallace. È colpa della letteratura italiana contemporanea, che ha perso ogni ambizione, che è scritta più dagli editors che dagli scrittori, e che ha creato uno stile tutto suo: lo 'Stiticismo'.
Io andrei oltre e punterei il dito anche contro i lettori, che certo innocenti non sono, che aspettano a braccia aperte le stronzatine stiticistiche, oppure quelli che, a Roma Nord o in certi giri hipsters di Milano, come il pugno di dementi che non sono altro, si sono fatti convincere che la letteratura compia un progresso lineare e che questa linea progressiva alquanto cool la detti la letteratura americana, giungendo alla conclusione che un romanzo italiano è tanto bello, moderno e fresco quanto più assomigli a un romanzo americano; vale a dire: tanto meno assomigli a un romanzo italiano. (Si veda, a tal proposito, Benevolenza Cosmica, l'imbarazzante esordio di tal Fabio Bacà, pubblicato dalla blasonatissima Adelphi e acclamato come 'capolavoro' solo perché il romanzo è ambientato in una Londra che assomiglia più a una Rho ripulita e perché il protagonista butta qua e là concetti statistici alla rinfusa, rifacendosi a manierismi e stilemi del post-modernismo americano che però, nel romanzo di Bacà, diventano inautentici e addirittura stantii.) Tutto ciò, per inciso, detto da uno che ama alla follia la letteratura americana, che adora il post-modernismo e venera Thomas Pynchon. È solo che la amo talmente tanto che non ne sopporto le cattive, provinciali e grossolane imitazioni italopitechiste.
Ma Morganti non ci sta. Che lui possa essere più post-modernista dei post-modernisti lo aveva già dimostrato nella Consonante K. Adesso ha proprio deciso di andare oltre, densificare ancora di più i grumi dell'esistenza e delle sue angosce, fino a toccare le vette spaventose di una bestemmia sacra, una preghiera blasfema. È, il suo, un romanzo soffocante, allucinante: perché la letteratura non sempre è memoria, spesso è un oblio dimentico della sua stessa dimenticanza, che non risolve il mistero della morte, né consola, ma semmai, quel mistero, te lo mette davanti e tu non puoi più scappare.
In fondo, siamo tutti Nino Sciarra.

Aug 25, 2019, 12:14 PM

È molto particolare. Ha umanizzato i libri ed in questo c'è del vero. È un doppio libro, da un lato romanzo/storia e dall' altro critica letteraria/antologia

Mar 16, 2019, 9:46 AM

Un uomo cerca un cadavere in una casa infestata dai libri. Un romanzo molto strano.

Feb 16, 2019, 11:10 AM