Anche Louisa May Alcott ha subito il fascino del gotico scrivendo una serie di racconti dalle atmosfere oscure e dove i mostri e i fantasmi sono rappresentati da quelli che sono i sentimenti più infimi che l'uomo possa provare, la vendetta, l'invidia, la rabbia, l'odio, il rancore.
Il risultato e' quello di una lettura piacevole, lontano dalle atmosfere armoniose delle sorelle March ma lo stesso intrigante e seducente e soprattutto che mostra il lato più oscuro che può assumere la coscienza umana.
"Proprio così, sono una strega, e un giorno il mio incantesimo sarà infranto e mi vedrete come realmente sono: vecchia, brutta, cattiva e perduta. Guardatevi da me, finché siete in tempo. Vi ho avvisato. Amatemi a vostro rischio e pericolo."
Horrida di Louisa May Alcott è una raccolta di racconti gotici che l'autrice ha scritto sotto pseudonimo. Io ho la versione edita Black Dog per Re-Belle box (che contiene solo tre racconti).
Un libro curatissimo ed esteticamente splendido.
Una delle cose che ho più apprezzato di questi racconti sono le atmosfere gotiche molto cupe costruite alla perfezione.
Il primo racconto, che è il più lungo, è "Il fantasma dell'Abate" ed è quello che mi è piaciuto di più. Un racconto curioso e misterioso, pieno di personaggi da scoprire e che nascondono segreti che mi ha catturata da subito. Il secondo racconto "Gioco pericoloso" non è riuscito a convincermi. "Il segreto della piramide" invece ha un finale che ho molto apprezzato.
Un volume che mostra un'altra faccia della Alcott, sicuramente non sono i miei racconti gotici preferiti ma è comunque una raccolta interessante e molto bella da tenere in libreria per chi come me pansa che anche l'occhio vuole la sua parte.
Chi ha una conoscenza minima delle corrispondenze tra la carriera letteraria di Jo March e quella di Louisa May Alcott, saprà che la nostra autrice, prima di passare ad altri generi, si dedicò con un certo successo - economico e di pubblico - alla stesura di racconti e novelle pulp per varie riviste dell'epoca. In Piccole Donne crescono, il professor Bhaer condanna questa produzione sensazionalistica da parte di Jo, e la invita a scrivere qualcosa di più realistico ed intimista [Piccole donne stesso]; ma il lettore sa bene quanto i racconti a fosche tinte fossero congeniali a Jo, e quanto paternalismo ci sia nel consiglio di Bhaer.
Avendo ormai una certa dimestichezza con la produzione della Alcott, e avendo pochi mesi fa finito di leggere il suo primo romanzo "impegnato", Mutevoli umori (Moods), sono rimasta sorpresa dalla qualità di questi racconti, in particolare dei primi tre che hanno la lunghezza di novelle. Nella produzione "seria" della Alcott si avverte sempre una nota dissonante nella scrittura, una separazione di mezzi, intenti e risultanto, un qualcosa di non perfettamente compiuto che la fa essere, anche per chi la ama molto, una scrittrice non di primissima categoria.
Invece in queste novelle la scrittura scorre così fluida, il ritmo è così serrato, la facilità della stesura è così palpabile che diventa subito evidente come questa fosse la strada che la Alcott avrebbe dovuto sempre percorrere, se le fosse stato consentito, senza moralismi e senza considerare secondari questi generi rispetto alla produzione per ragazzi o a quella più impegnata per adulti. Sono racconti avvincenti, ricchi di suspence, e che mettono anche una discreta paura; meriterebbero molta più fama di quella che hanno. E' molto più facile immaginare la Alcott presa da uno dei suoi "vortici", immersa nella scrittura di questi romanzi, che in quella di Moods o dei suoi romanzi minori per signorine.