CHANEL MILLER - Io ho un nome
La Tartaruga
Nel gennaio 2015 Chanel Miller si trovava a una festa universitaria nel campus di Stanford. Aveva accompagnato la sorella e un paio di amiche e aveva bevuto un po’ troppo.
Ha un grosso buco di quella serata, non si ricorda di essere svenuta, di essere stata aggredita sessualmente e salvata da due ragazzi che passavano di lì, che hanno visto uno studente addosso al suo corpo inerte fare qualcosa di sbagliato.
In parole povere: Chanel è stata aggredita sessualmente da Brock Turner mentre era incosciente.
Ma nella sua storia ci sono un sacco di ma. È stata aggredita MA aveva bevuto troppo: è stata aggredita MA non se ne ricorda; è stata aggredita MA che ci faceva a una festa di una confraternita, non sapeva cosa succede a quelle feste?; è stata aggredita MA Brock Turner è un promessa del nuoto, ha fatto un errore, mica gli si può rovinare la vita così, aveva addirittura una borsa di studio della Stanford!; è stata aggredita MA se l’è cercata.
E così piano piano da vittima diventa quasi lei la carnefice, di un ragazzo al quale si cercano tutte le scusanti mentre lei, nei quattro anni che ci vorranno ad arrivare a una sentenza, vive una vita a metà. Ha deciso di scrivere questo libro per urlare forte la sua rabbia, per dimostrare di valere molto di più di quello che giudici e avvocati hanno voluto farle credere, per poter fare la differenza e aiutare altre donne.
Chanel Miller racconta di come sopravvivere ad uno stupro sia solo l'inizio della violenza. La colpa e la vergogna ricadono troppo spesso sulla vittima e mostra come la cultura e il sistema giudiziario siano viziati a favore della classe sociale ritenuta più "degna".
Questo libro però è anche la celebrazione della sopravvivenza attraverso la creazione, la scrittura e il disegno, che, assieme alle persone che le sono rimaste accanto, hanno aiutato la scrittrice a guardare avanti.
La Miller dona speranza senza però mentire sulla durezza del viaggio per tornare a vivere e non sopravvivere.
I am in awe of her. One of many moments in the book that left my breathless:
"I always wondered why survivors understood other survivors so well. Why, even if the details of our attacks vary, survivors can lock eyes and get it without having to explain. Perhaps it is not the particulars of the assault itself that we have in common, but the moment after; the first time you are left alone. Something slipping out of you. Where did I go. What was taken. It is terror swallowed inside silence."