Se esiste un posto al mondo dove i fantasmi e il presente convivono nell'abbacinante luce degli altipiani, nella polvere rossa del deserto, nell'antico cigolare di vecchi carri che l'attraversano per andare nel west, di pick-up sbiaditi dal sole, di insegne di vecchie stazioni di servizio, di enormi cisterne di zuccherifici in disuso, di cartelli che indicano che anch'essa è proprio una città fantasma; se c'è un posto al mondo in cui questo è possibile, dove i destini passati, presenti e futuri come quelli dei diciassettenni Leigh e Gordon, messi di fronte al bivio della vita che gli chiede contemporaneamente di andare e restare, di amarsi per sempre o separarsi, si incrociano e si mescolano alle leggende dei pionieri e alle carovane, quello è Lions.
Opera seconda di Bonnie Hadzam e prima pubblicazione della neonata (da una costola della Clichy Edizioni, che già aveva pubblicato Lamb, romanzo di esordio dell'autrice statunitense) Black Coffee*, Lions si inserisce come un incastro perfetto in un quadro di letteratura americana contemporanea che ripartendo dalle radici proprie delle popolazioni degli altipiani (quelli in tempi recentissimi resi celebri dalla Trilogia della pianura Kent Haruf, ma anche dai romanzi della striscia di frontiera raccontata ne Il fabbricante di eco da Richard Powers o, muovendo più a Est, da Philipp Meyer, il cui rimando a Ruggine Americana è quasi immediato) e dalle loro storie tramandate nel tempo, muove i passi fino alla realtà attuale, spesso in crisi di identità, in cui l'esodo dai piccoli centri rurali, il fallimento delle grandi industrie - qui lo zuccherificio, in Ruggine Americana le acciaierie - amplifica il vuoto, la desolazione, la mancanza di futuro in luoghi geografici che diventano spettrali anche quando, di giorno, sono investiti dalla luce viva.
È brava, Bonnie Nadzam, che riesce a filtrare e poi fondere fra loro, in un'unica storia, le tracce e i presagi del passato con la realtà del presente, a strappare di continuo il lettore alla visione di una veglia che non riesce mai ad abbandonarsi del tutto al sogno, a creare un equilibrio, infine, in cui i fantasmi del passato e quelli del presente si uniscono per camminare gli uni al fianco degli altri.
*”Black Coffee è un progetto dedicato alla letteratura nordamericana contemporanea. Pubblichiamo autori esordienti, voci fuori dal coro e opere inedite ingiustamente dimenticate, con particolare attenzione al racconto.”
http://www.edizioniblackcoffee.it
Che poi il sito di Black Coffe mi piace un sacco: a ogni autore, a ogni libro, corrispondono dei “percorsi” da seguire attraverso link che portano ad articoli o racconti tutti da scoprire.
E poi fra gli amici c’è The Believer, e allora… è un segno del destino, Dave Eggers e io siamo proprio due anime gemelle.
http://www.edizioniblackcoffee.it/the-believer/
«Se avete mai amato davvero qualcuno, saprete che c’è un fantasma in ogni cosa.»
Lions è una cittadina del Colorado di poche anime, ciò che si definisce città fantasma. Un luogo lontano anni luce dalle grandi città di una serie tv ma che si avvicina all’immaginario collettivo di America rurale.
I protagonisti di questo romanzo sono convincenti. C’è una giovane donna che ambisce alla città, che pensa che la vita sia in debito con lei; ed un uomo che riprende la tradizione di famiglia, il vivere giorno per giorno, senza ambizione accontentandosi di quello che la natura offre. Questo è il grande dilemma alla base del libro.
Nel complesso la storia mi è piaciuta. Ha una tristezza velata. Non mi ha convinto la scrittura, che sebbene sia ricca di descrizioni brevi e suggestive non scorre veloce. I dialoghi sono tra il detto e non detto, potrebbero non piacere, ma questo penso è lo stile della scrittrice.
Un libro raro. Per le aperture di capitoli meravigliose. Per la compattezza di temi che si intrecciano in un pizzo sottile e invisibile ma tenace come una tela di ragno, e che sono americanissimi, ma anche universali... sogni, desideri, ambizioni, scelte, responsabilità, cura, compassione, ricerca, delusione, sbagli... amore, paura, immaginazione.
I desideri muovono le persone, in ogni tempo e in ogni luogo, nell'incertezza di fare la scelta giusta tanti cercano segni e indicazioni, leggono destini e maledizioni, intrecciano racconti, percorrono gli stessi passi, compiono gli stessi sbagli.
Cadono come mosche o uccellini stroncati dalla calura lungo uno stesso sentiero, in un eterno migrare verso un miraggio (l'ovest, la città, una vita migliore, qualsiasi cosa voglia dire), e a cadere, e a essere abbandonati, sono sempre i più deboli, le donne gli anziani i bambini i feriti, ma c'è chi è destinato atavicamente a fare da sentinella e custode dei più fragili, a vegliare su di loro, accoglierli in casa, preparare borse di cibo in scatola coperte e legna da ardere ben impilata, dedicare carezze e tocchi lievi e riconoscimenti del corpo e delle anime.
"Tutto il giorno, ogni giorno, Lucy Graves lavora all'uncinetto elaborati centrini a ragnatela fatti dei suoi stessi capelli, intrecciandovi piume di uccello, fili d'erba, le code dei topi di campo spesse come lacci di scarpe, sottili ciuffi di pelo presi dal manto del bestiame morto, dei cervi morti, dei roditori morti. Vi parlerà di ciò che spinse i coloni a mettersi in viaggio e che li intrappolò a lungo in quella enorme pianura spoglia: vi parlerà di un desiderio inappagato.
Ci hanno raccontato delle storie, vi dirà. E noi ci abbiamo creduto. Non credeteci. Usate gli occhi. Usate i cinque sensi che Dio vi ha dato. E poi anche il sesto.
Vi dirà che cercavano il paradiso, perché non gli era stato promesso niente di meno. Se lo erano ripetuto l'un l'altro così spesso durante il viaggio verso ovest che continuarono a crederci anche quando posarono gli occhi su quella terra brulla... Andare a ovest, dirà a chiunque l'ascolti, è stato un terribile errore".
La potenza del desiderio, dell'immaginazione, del racconto, della fede in un (auto) inganno. Perché le persone preferiscono sempre i racconti alla verità.
Trovo proprio una capacità di raccontare eccezionale in Bonnie Nadzam, grazie, credo, anche alla traduzione ben riuscita. Raramente ho in mano un libro che leggo piano piano, razionandolo, perché non voglio che finisca. Quanta bellezza, quanta malinconia, quanto piacere nel tornare indietro a rileggere pagine intere.
Le parole toccano corde intime e le fanno vibrare, limpide. E' un libro che lascia il segno.
Straconsiglio l'editrice Black Coffee e i suoi podcast: accompagna alla scoperta di una letteratura accuratamente selezionata, che racconta dall'interno il Nordamerica con sguardi nuovi, interessanti e laterali.
La gioia di scrivere la recensione numero cento per un libro così amato. Grata.