Un'opera misconosciuta di Schelling e tuttavia impossibile da dimenticare una volta letta per la particolare atmosfera che la pervade, in miracoloso equilibrio fra sogno e realtà.
Al tempo mi piacque particolarmente la scena d'apertura, immersa nella luce evanescente di un camposanto, nel giorno dedicato ai defunti.
Un poema intriso di dolente malinconia e pietistiche speranze più che un saggio di filosofia: si può tuttavia considerare come una delle più riuscite espressioni del primo idealismo tedesco e del romanticismo di Jena in generale.
il cui tenero azzurro evoca il pallido colore del ricordo nel quale alla fine ogni cosa si disperde.
Lirico in molta parte, Clara è frammento filosofico conturbante: talvolta mi sono sentito tolto a me stesso verso un altro me stesso ─ perché l'argomento, lo confesso, in condizioni normali sarebbe perfetto soltanto a ispirarmi il riso...
Ma Schelling, che si deve consolare d'una perdita affatto revocabile, si trova a comporre qualcosa di suggestivo per il sentimento appunto che ne l'ispira: le descrizioni della natura assurgono a evocazioni, mentre il discorso è come una delicata fiaba romantica...
Ed è tutta romantica l'ansia d'unità che percorre queste poche pagine, ansia che rifugge ogni cesura netta ─ necessità d'attendere la riunione degli opposti, la loro compresenza anzi, come quando Clara desidera un giorno notturno, una notte in cui sia sorto il giorno...