Un diario bellissimo che racconta un'avventura straordinaria compiuta da uomini altrettanto eccezionali, ormai non ce ne sono rimasti più di Shackleton ai giorni nostri.
L'unica nota negativa va alla Mursia: non tutti i lettori sono navigatori o glaciologi. Il libro è pieno zeppo di termini tecnici e misure nautiche, qualche nota a piè di pagina o un glossario erano praticamente indispensabili. Per non parlare di una cartina geografica dell'Antartide...
Georgia del Sud, 5 dicembre 1914 - 30 agosto 1916.
La tentazione di usare superlativi è fortissima. Un diario unico, una esperienza assoluta, un'avventura straordinaria, foto bellissime, un continente sublime.
Battiato ha dedicato uba psichedelica musica a Ernest Shackleton, "una catastrofe psicocosmica mi sbatte contro le mura del tempo. Sentinella, che vedi?".
La storia.
Scoperto il Polo Sud dal norvegese Amundsen e percorso in parte dall'inglese Scott, Shackleton aveva intenzione di percorrere l'intero continente andando verso sud, al 90°parallelo, per ritrovarsi a proseguire verso nord.
Partì con 53 uomini divisi in due spedizioni, la prima a bordo dell'Endurance, da nord, attraverso il mare di Weddell doveva approdare sul continente e iniziare una lunghissima marcia, la seconda a bordo dell'Aurora, da sud, attraverso il mare di Ross doveva allestire depositi di cibo e vestiti lungo l'estesa barriera ghiacciata che affianca l'altopiano antartico.
Falliscono entrambe, ma gli esiti per gli uomini che ne facevano parte furono diversi.
L'Endurance si incagliò nel ghiaccio polare del mare di Weddell sorpresa dall'inverno, la pressione dei banchi in movimento la distrusse lentamente. Shakleton e altri 27 uomini vissero per mesi tra lastre di ghiaccio e iceberg, in balia dei venti e delle correnti, a temperature terribili, nutrendosi esclusivamente di carne di foca e usandone il grasso come combustibile. Trainando tre battelli, dosando le proprie forze e con indubbia fortuna raggiunsero l'isola Elephant, un ammasso roccioso ghiacciato e aggredito senza sosta dalle tempeste di neve. Da lì Shakleton partì insieme a cinque compagni su uno di quei battelli verso la Georgia australe, sfidando l'oceano nel periodo peggiore. Infine dovette attraversare per la prima volta, a piedi, le aspre montagne della Georgia, da un capo all'altro, per raggiungere le poche case che servivano come stazione per le baleniere. Si adoperò straordinariamente per recuperare i compagni rimasti all'isola Elephant. Salvò tutti i suoi uomini dopo due anni di abbandono tra i ghiacci.
Trasformò la sconfitta del suo progetto in una vittoria dell'uomo, della ragione, dell'umiltà, sulle forze peggiori della natura.
L'epilogo delle vicende dell'altra spedizione fu diverso, alcuni uomini morirono in mezzo ai ghiacci, il gruppo si divise con alterne fortune. L'Aurora vagò in balia del ghiaccio fino in Nuova Zelanda.
Ernest Shakleton ha dimostrato quanto un uomo possa sfidare le più temibili avversità con raziocinio, fiducia nei propri compagni e senso della misura.
Ha ragione il curatore di questa edizione: "i libri non cessano mai di esplorare i panorami che descrivono o essere esplorati da coloro che li leggono. Tale è anche il destino di Sud di Shackleton".
Questo è il resoconto della spedizione Endurance fatta dallo stesso Shackleton, con un'introduzione di Hugh Robert Mill, suo amico e suo primo biografo. Consiglio di leggerlo dopo quest'altro:
http://www.anobii.com/books/Endurance/9788850203932/014cc2fe50f819c1b3/
dove invece l'impresa dell'esploratore inglese viene raccontata in modo sublime da Alfred Lansing, giornalista e scrittore americano.
Entrambi i libri sono straordinariamente avvincenti e si completano a vicenda. Ma quello di Sir Ernest ha il pregio di non terminare con il salvataggio degli uomini rimasti sull'isola dell'Elefante (v. sopra). Ci racconta anche il viaggio per recuperare quelli che con la nave Aurora si erano recati sull'altra sponda dell'Antartide (la parte che si affaccia sul mare di Ross, quindi sull'oceano Pacifico) per approntare delle basi di approvvigionamento, dei rifugi, nei quali avrebbero dovuto trovare cibo e combustibile i componenti della spedizione di Shackleton, dopo aver attraversato a piedi l'Antartide (ciò non avvenne, e S. con i suoi uomini non riuscì neppure a posare un piede sulla terraferma).
Invece questa impresa, assai meno nota di quella della Endurance, costò la vita a tre persone. Una tempesta infatti ruppe gli ormeggi e la nave Aurora fu sospinta dalle correnti verso la Nuova Zelanda, lasciando sulla banchisa una decina di persone. Shackleton, dopo aver portato in salvo tutti i suoi uomini, ripartì immediatamente per andare in soccorso di quelli che erano rimasti quasi due anni in Antartide, in condizioni a dir poco terribili. E sette di loro furono salvati.
E così, dopo aver letto anche quest'ultima impresa, che poco mi era nota, la mia stima verso quest'uomo è salita oltre le stelle.