In questo romanzo l’autore introduce per la prima volta il personaggio di Durtal, cui ha forse prestato alcune caratteristiche autobiografiche. Dopo i tipi eccentrici che hanno attraversato le opere precedenti - tra cui l’immenso, indimenticabile, Des Esseintes - gli occorreva un personaggio-specchio a cui far vivere la situazione esistenziale che lo stesso Huysmans si trovò ad affrontare e che lo condusse, in età avanzata, ad abbracciare la fede cattolica in una conversione sentita, sincera, anche se non priva di un gusto piuttosto marcato per la grandiosità (nel suo stile, insomma!). Qui Huysmans mette a punto il personaggio che ritroveremo in tutti i romanzi successivi (che, se non vado errato, saranno tre).
Uno dei motivi per cui ammiro questo scrittore è la sua capacità di rendere vivi i propri personaggi. Lo fa azionando con sapienza due leve, spesso in maniera combinata: 1) facendoci seguire il corso dei loro pensieri per scoprire che essi talvolta sono dignitosi, talaltra triviali, talaltra ancora delle emerite sciocchezze; 2) descrivendo il personaggio in situazioni di estrema quotidianità, espediente che te lo fa sentire vicinissimo e innesca la scintilla della simpatia. Due esempi che mi sono rimasti impressi: in attesa di un incontro galante, Durtal si guarda allo specchio e rimane sconfortato dalla propria immagine: si vede troppo basso e così poco attraente! Il lettore gli crede sulla parola. Più avanti, mentre fa le pulizie di casa, Durtal si mette a pulire il water. A leggere questi passaggi io mi commuovo, perché gli scrittori - la maggior parte di essi, diciamo - omettono di parlare di “certi momenti” delle nostre vite, mentre riempiono pagine su pagine di dialoghi brillanti, di bei viaggi, di eleganti cerimonie ecc. E Invece no, la verità è che tocca a tutti pulire il cesso, anche a Durtal, nostro fratello di secchio e di ramazza!
Il motivo principale che fa di questo libro un'opera cardine nella produzione di Huysmans è la struttura narrativa, mai così complessa ed articolata. E’ da questi aspetti che si misura la stoffa di uno scrittore. Nel corso dei 21 capitoli si dipanano ben tre temi, ben distinti ma collegati, come tre ciocche di capelli raccolti in un’unica treccia: il primo - che si svolge nel presente - racconta le giornate di Durtal, scrittore di professione che vive con la sola compagnia di un gatto (Mosca, presenza memorabile che rivela l’amore dell’autore per i felini) e frequenta un ristretto cenacolo di appassionati di argomenti medioevali (un campanaro, un astrologo, un medico appassionato di satanismo). Poi c’è una disamina dei fenomeni di satanismo tra Medioevo e il presente (siamo nel 1891) in cui Durtal prende coscienza che il satanismo è praticato nella Parigi del suo tempo. Il terzo filo narrativo è l’opera che Durtal sta componendo, una biografia dedicata al famigerato Gilles de Rais, un tempo braccio armato di Giovanna d’Arco, tristemente noto per le orribili atrocità condotte ai danni di fanciulli rapiti. Durtal/Huysmans compie un lavoro di ricostruzione storica molto suggestiva, appoggiando agli scarsi dati documentati la sua fervida immaginazione per riportare il lettore nelle diaboliche notti insonni di Barbablù. Le scene di satanismo e di tortura - ampiamente descritte - sono molto esplicite: mettete in conto che ci sono passaggi molto crudi.
Motore dell’intreccio è una lettera anonima che un bel giorno Durtal riceve da parte di una sconosciuta ammiratrice. Questo stratagemma, così classico, Huysmans lo padroneggia a meraviglia e il racconto di quel che segue è davvero molto intrigante.
Joris-Karl Huysmans, scrittore decadente del tardo Ottocento, dalla singolare parabola di vita (dall'estetismo "dandy", attraverso un travagliato percorso interiore, approdò infine alla conversione al cattolicesimo), scrive quest'opera, un romanzo che, in realtà, ne contiene due. E' infatti la storia di uno scrittore (Durtal, alter ego di Huysmans stesso) che scrive un romanzo su Gilles De Rais, uno dei più efferati assassini che siano mai vissuti, un signorotto medievale macchiatosi di crimini orrendi, con vittime soprattutto i bambini. Questo è il primo piano narrativo, interi capitolo sono degli estratti dal libro di Durtal, tanto che il lettore, trasportato nell'atmosfera di misticismo esasperato del Medioevo, riesce a seguire tutta la biografia di Gilles De Rais, la nascita in un'antica e illustre famiglia nobiliare, gli esordi come valente comandante militare (assegnato alla scorta di Giovanna d'Arco!), la fede fervente, poi, dopo che alcuni ingenti debiti ne avevano macchiato la reputazione e determinato l'emarginazione, l'emergere del lato criminale, i delitti orrendi, le orge, le invocazioni al demonio, fino alla scoperta, all'arresto e alla condanna a morte da parte del Tribunale Ecclesiastico.
Accanto a questo c'è un secondo piano narrativo, costituito dal racconto delle vicende di Durtal, il romanziere, il quale , mentre è intento alla stesura dell'opera su Gilles De rais, per immedesimarsi meglio nell'epoca storica del Suo personaggio, per meglio comprenderla, si documenta su quel che rimane delle credenze alchemiche, occultistiche e sataniche che tanta parte avevano avuto nella vita del famigerato nobiluomo assassino. Compie ricerche, sia testuali che "di prima mano" sul satanismo alla sua epoca (fine del XIX secolo), conosce personaggi ambigui, come un prete scismatico che asserisce di sapere revocare efficacemente le maledizioni e le invocazioni al demonio, assiste a una messa nera, s'innamora e poi si disinnamora della moglie di uno scrittore cattolico con tante entrature e conoscenze sia nella Curia che nel mondo dell'occultismo.
Un romanzo interessante, non tanto per saperne di più sul tema occultismo (le notizie che si trovano nel libro sono scarse e perlopiù inesatte), quanto per calarsi in un clima, in una temperie culturale, quella di certi ambienti intellettuali di fine Ottocento, che reagivano all'incalzare della scienza positivista, alla sua baldanzosa e tronfia pretesa di spiegare ogni cosa, di eliminare ogni zona misteriosa dell'esistenza per mezzo della razionalità e del metodo scientifico, con una rivalutazione dell'irrazionale, del misterioso, dell'inspiegabile, con un rinnovato interesse per tutto ciò che riguardava il mondo Sovrasensibile, senza paura di sconfinare in eccessi grotteschi, quando non propriamente criminali (satanismo).
È incredibile come certe opere, per quanto datate, superino egregiamente la prova del tempo, imponendosi perfino su molti autori odierni che si cimentano nello stesso genere.
L'abisso di Joris-Karl Huysmans è tra queste.
Un romanzo che ci prende per mano e ci conduce, senza remore, negli ambienti più sordidi e foschi della Parigi di fine '800.
Dalla trattatistica sulle campane, la cui sonorità è frutto di una scienza ormai dimenticata, alle dissertazioni sui misteri della realtà. Senza dimenticare le derive socioculturali della stessa, ravvisate in un degrado generale che ha colpito anche le scienze ermetiche.
Il satanismo moderno è un caso emblematico, una moda degenerata che Durtal, il protagonista, intende approfondire, e a tale scopo si affida a personaggi di dubbia moralità invischiati con sette blasfeme dedite a rituali immondi. L'interesse di Durtal è finalizzato anche alla stesura della biografia di Giles de Rais (soprannominato Barbablù), efferato omicida e fanatico satanista, in un primo tempo compagno darmi di Giovanna D'Arco.
Ritiratosi dal presente la cui logica capitalistica lo ripugna, Durtal si rifugia nello studio della storia medievale e delle dottrine anticonvenzionali, come l'occultismo.
Un romanzo nero come i mattoni delle case parigine meno abbienti, nero come i misteri imperscrutabili che ci circondano, nero come il male che alligna l'umanità sempre più alla deriva, nero come l'ombra che destabilizza la psiche di Huysmans, nero come l'oscurità metafisica che affascina l'autore tanto quanto Durtal.
Da leggere!