Poesie antirughe (2011)

RIORDINANDO L'ARMADIO

Ho chiesto ai calzini
l'arte di essere due
e di perdersi e
di ritornare

Ho chiesto alle lenzuola
l'arte del silenzio
e di accarezzare

Ho chiesto al cappotto
l'arte di proteggere
e riscaldare
e alle camicie
l'arte di far credere
e di rassicurare

E ho chiesto al cassetto
l'arte di nascondere
e di rivelare
e alla gruccia ho chiesto
l'arte di sorreggere
e di scomparire

Ho chiesto
alla gonna che non è mai stata indossata
l'arte di esistere - esistere malgrado tutto
e di aspettare

E ho chiesto alla polvere
l'arte di cadere
e di lasciarsi sollevare

Ho chiesto alle tarme
l'arte di mordere
e mordere e mordere
e scavare

E ho chiesto alla sciarpa
l'arte di abbracciare
e al costume da bagno
l'arte di inzupparsi
e di asciugare
e all'abito così splendido
l'arte di farmi bella
e di danzare

E ho chiesto
a quella tua vecchia maglia
che ancora conservo
che ancora non riesco a gettare
l'arte del ricordo
l'arte
di lasciarti andare.

pag. 75-76

Jun 20, 2017, 12:28 PM

Piangi, lasciati piovere, lasciati stare
Riposa, lasciati vegliare
Brinda, ci sono notti da ubriacare

Se le tue mani ti sembrano opache
dipingi le unghie di rosso

Ricorda che per sopravvivere bisogna disobbedire

Porta con te un ombrello a colori

se non puoi vincerla, sfoggia la malinconia.

http://www.elle.it/Entertainment/Libri/Intervista-Poesie-Antirughe-Alessandra-Racca

Dec 19, 2011, 6:35 PM
Recensione pubblicata su lankelot.eu

“un poeta è difficile dire cos’è.
un poeta vede le cose.
un editore indipendente è un coraggioso.
un editore indipendente che pubblica poesia è un visionario.
i coraggiosi e i visionari servono a questo mondo molto più delle creme antirughe.
gli editori che pubblicano bei libri servono a questo mondo molto più delle creme antirughe.
io faccio uso di creme antirughe e scrivo poesie. a volte sono coraggiosa.
i bravi poeti servono a questo mondo più delle creme antirughe.
se io sono poeta e brava lo dovete decidere voi. io continuerò comunque a fare uso di creme antirughe” [Alessandra Racca].

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A me bastano quelle poche righe, quei pochi versi che ho appena riferito e fedelmente trascritto, per decidere che questo è un libro da leggere, e questa è una storia da raccontare. Sin qua non avevo mai sentito parlare dell'autrice, la piemontese Alessandra Racca, classe 1979; in compenso, avevo apprezzato le poche e sceltissime pubblicazioni del suo editore, la Neo di Castel di Sangro. Ed è stato proprio per via di uno degli eventi letterari, organizzati con allegria e con passione dai giovani idealisti che animano la Neo, che mi sono ritrovato per le mani questo libro. Sulle prime: oggetto non identificato, molto colorato. Troppo colorato. La copertina di Alessandra Dalessandro mi cattura per un po', associazioni di idee sparse – un vecchio video degli Air, una vecchia pubblicità delle Big Babol negli anni Ottanta, un disegno di Rita Petruccioli, cose così. Infilo il libro in tasca, lo lascio per qualche giorno sulla scrivania.

Oggi identifico l'oggetto misterioso. Chi è Alessandra Racca? Una che, dice la bandella, ha fatto a cazzotti col mondo del lavoro, ha scritto, ha studiato teatro, ha cercato. E poi ha trovato un'identità: “la Signora dei Calzini, un alter ego poetico che le presta voce, corpo e poesia”. E così, dal 2007, ha portato con sé, per piccole librerie e circoli più o meno oscuri, la sua arte: andava leggendo i suoi versi, pubblicati per blog, riviste indipendenti, le solite evitabili antologie, e via dicendo. Poi ha esordito, pubblicando “Nostra signora dei calzini”, per le misconosciute edizioni Seed. Era il 2008. E adesso eccoci qua.

Eccoci qua. Il libro è dedicato alle amiche dell'autrice. “Ai loro visi / ai segni sapienti / dei nostri sorrisi”. Che i sorrisi abbiano segni sapienti è un segreto rivelato soltanto da chi ha conosciuto a fondo la sofferenza e la tristezza; ma una volta interiorizzato quel segreto mai più t'abbandona.

Apriamo l'indice, ora. “Poesie antirughe” è suddiviso in quattro sezioni: “Le ragazze sorridono nel sonno”, “L'amore ai tempi dei licantropi”, “Certe volte anche i pesci sprofondano” e “Settenane”. I titoli delle sezioni sono veramente divertenti: sanno incuriosire. Sanno richiamare. Ben fatto.

Entriamo nel libro. La Racca ha una scrittura molto sensuale, musicale e naturale. Scorre come acqua. E nella poesia “Natante” scrive e canta: “Non c'è nulla di più potente dell'acqua, sai? / Né fuoco, né vento, né terremoto. / E un tempo, si sa / la vita prese ad agitarsi nell'acqua. / Piove e questa stanza è piena d'acqua [...]” [p. 15]. Notevole.
Il primo omaggio esplicito a un'artista contemporanea arriva all'altezza di “Senz'altro molto chic”, pagina 21, laddove campeggiano versi di Patrizia Cavalli, amari e satirici. La commistione di tristezza e di voglia di vivere è decisamente la cifra stilistica essenziale di questo testo. È una malinconia bella che fa pensare all'artista, in “Mappa”, che le viene voglia d'invecchiare prima e di farsi “d'improvviso antica e rugosa”, per vedere che succede, cosa c'è dopo, cosa può capitare: “dove sbucano certe salite / dove finisce questa strada senza nome / dove porterà”. Ma dopo aver ammesso questa sua debolezza, torna indietro con uno sbuffo – le basterà una buona crema antirughe per prendere in giro il tempo, per farlo interrompere, tutto a un tratto.

In “Consigli a me stessa quando piove” la Racca si fa ancora più esplicita: “Ricorda che per sopravvivere bisogna disobbedire / Porta con te un ombrello a colori / Se non puoi vincerla, sfoggia la malinconia”. Molto bello, questo passo. Tanto vero.

Divertenti i calembour sperimentati in “La suocera di M.”, “Tuttifrutti” e in “Punti fermi”, giocattolone lirico sulle virgole, i punti esclamativi e i puntini di sospensione.

Lirismo domestico e ispirato in “Riordinando l'armadio”: a riprova della bellezza delle piccole cose, della possibilità d'una poesia della quotidianità: “Ho chiesto ai calzini / l'arte di essere due / e di perdersi e / di ritornare. / Ho chiesto alle lenzuola / l'arte del silenzio / e di accarezzare [...]”, l'incipit suona così. E il resto è un gioco di “ho chiesto” e di oggetti minimi e fondamentali, o di cammei inattesi (le tarme), fino all'epilogo dolcissimo e romantico.

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“Poesie antirughe” è un libro da performance, naturalmente. E uno scrigno di speranza e di forza e di personalità e di umanità da cui attingere allegria, e voglia di vivere, e un pizzico di semplicità. L'ultima parte è formata da italianizzatissimi haiku. L'epilogo abbaia. Saggia scelta.

Forte.

Gianfranco Franchi

Jan 25, 2012, 6:47 PM