Romain Rolland nel 1915 ricevette il premio Nobel grazie «all'elevato idealismo della sua produzione letteraria, alla comprensione ed all'amore per la verità con le quali ha descritto i diversi tipi di esistenza umana».
In questo breve ma intenso saggio racconta di quando adolescente, dai sedici ai diciotto anni, visse un periodo difficile (come succede a molti, a tutti forse) durante il quale ogni aspetto della sua vita gli sembrava privo di significato: "J'ai touché le fond du néant", scrive infatti.
Cercava disperatamente qualcosa in grado di illuminare la sua esistenza, ma non la trovava. Si sentiva in trappola.
Dopo essere rimasto a lungo confinato dentro le alte barriere del giardino cartesiano (parole sue), la Versailles de la pensée, così lo definisce, seguendo il naturale cammino dello spirito riesce finalmente a intravedere, attraverso una breccia nella barriera, una luce, anzi un lampo che improvvisamente gli mostra prospettive "illimitate". Il lampo è sprigionato da un volume comprato in una libreria dell'usato. Il libro in questione è la raccolta delle opere di Spinoza. In breve il librone diventa il suo élixir de vie éternelle.
Rolland, travolto fino a quel momento dal ciclone dell'adolescenza, trova finalmente un nido caldo e profondo nell'Etica spinoziana.
Vertige!... Vin de feu!... Ma prison s'ouvre...
C'è sicuramente un bel po' di enfasi in questo volumetto, ma è noto che il caro Bento può provocare questi effetti.