Sono sempre stato un ecologista, sia pure non militante (non ho mai partecipato a manifestazioni pubbliche, per intenderci, ma questo fondamentalmente perchè sono un asociale): tengo rigorosamente chiuso il rubinetto dell'acqua quando mi lavo i denti, sono morigerato nelle mie esigenze e minimalista negli acquisti (sia per quantità che per prezzo) risultando dunque un pessimo consumatore, ho sempre biasimato gli infantili entusiasmi del progresso e il mito della crescita del pil (ma anche quello del gonfiore delle proprie tasche oltre il limite della dignitosa sussistenza, diritto di tutti).
Mi documento abbastanza su tali temi nel quotidiano, ma non avevo mai letto un libro intero; devo invece questa ottima lettura a utti e alla sua recensione qui su anobii, che ancora una volta si conferma veicolo prezioso di informazione e stimolo.
Si tratta di un ottimo libro, coscienzioso, che evita gli integralismi ma la canta chiara su quanto stiamo combinando; è vero, la consapevolezza cresce, ma terribilmente poco rispetto ai tempi che abbiamo, e comunque meno di quanto non cresca, dall'altro canto, la fame di "progresso" (così ci si ostina a chiamarlo).
Siamo già oltre tempo massimo? Sembrerebbe quasi di sì (e certo che l'esito delle ultime elezioni americane non lascia ben sperare) eppure una piccola fiammella di speranza siamo obbligati a conservarla, quantomeno chi "tiene famiglia", chi non vuol pensare che, finito nella tomba, finisca con lui il mondo intero.
Sia pure, proviamoci, ma qual è la soluzione? Beh, sarà che sono pessimista, sarà che i tempi stringono, sarò che non ho fiducia nell'essere umano, ma sembrerebbe che l'unica via d'uscita sia fare in modo che
questo mito della linearità del progresso diventi fuori moda, che bruciare idrocarburi diventi economicamente meno profittevole di altro: non sprechiamo preziose energie nel persuadere chi davvero conta (cioè gli imperi economici) a fare qualcosa per il bene e il futuro dell'umanità, cerchiamo piuttosto di condurre le loro smodate ambizioni a nostro vantaggio.
Stai parlando della Green economy, mi si dirà, di cui già peraltro si vaticina il fallimento. Come credi di convincerli a smantellare le loro costosissime infrastrutture e le loro ipertrofiche organizzazioni?
Con il solo linguaggio che conoscono, il denaro. Paghiamoli, paghiamoli per smettere, e prospettiamo loro attività ancor più lucrose, che consentano di continuare a farli vivere nei loro universi dorati e ignari, ma che almeno non facciano troppi danni.
Certo, si può ribattere facilmente, e i soldi dove li prendiamo? Hai idea di quanti ne servirebbero? Solo i governi, un governo del mondo, potrebbe forse porsi un obiettivo così ambizioso, ma lo vedi come finiscono a tarallucci e vino i protocolli e i buoni propositi?
Eh? Beh ecco... ma io, veramente...
Sì ok, avete ragione, adesso sono sveglio...
Aiuto! Si accettano consigli!
Giancarlo Sturloni scrive un libro che potrebbe essere una sorta di fight club dell’ambientalismo. Qui tutto quello che viene raccontato dalla voce fuori campo, di una professionalità conclamata e di chi vuole togliere qualsiasi sorta di buonismo ecosociale, va dritto al sodo e non crea allarmismo ma solide incertezze sulle proprie azioni, sulle direzioni internazionali e la capacità auto degenerativa dell’umanità. La Terra è in crisi e questa crisi siamo noi, se siamo così superficiali da pensare che tutto finirà non abbiamo fatto i conti con il pianeta, che di noi se ne fotte altamente e andrà comunque avanti.
IL PIANETA TOSSICO è un incredibile e incendiario studio romanzato sull’ambientalismo e le sue pieghe. Un libro necessario per una coscienza della sopravvivenza.