L'indice di gradimento di un libro lo misuro usando alcune variabili: 1) tempo di permanenza del libro sul comodino ,se maggiore di 4 giorni, la lettura non è gradita 2)numero di post- it inseriti tra le pagine del libro 3 )sottolineature di frasi importanti 4) i vari n.b., importante!!! segnati a lato di ogni pagina. 5) la sensazione di gratificazione, raggiunta a termine della lettura, che si accompagna con esclamazioni di profonda soddisfazione. In relazione, a queste variabili, posso dire che, il libro in questione, non presente sottolineature, niente post- it, l'ho dovuto ,con forza smuovere dal comodino, perché si stava imploverando e infine un sollievo pazzesco ,alla fine della lettura, continuata, giusto, perché volevo sapere il colpevole. È un giallo ambientato in Inghilterra : una maledizione colpisce la stirpe dei Baskerville, muoiono, di volta in volta, tutti gli eredi, artefice una forza oscura, identificata con un mastino demoniaco che perseguita la dinastia. Il caso viene affidato ai celebri Sherlock Holmes e Watson che ,tra una fumata di pipa , una finta partenza e una serie di trabocchetti, risolvono il caso. Come sempre , l' interesse economico, muove ogni cosa e ,io, lo avevo intuito fin dall' inizio.Un tempo ero un'accanita lettrice di gialli e Thriller ,ora non più, i gusti cambiano e , ne sono contenta.
Giusto qualche giorno fa ho rispolverato tra i miei obsoleti cd di progressive rock un concept album sul Mastino dei Baskerville, e nell'ascoltarlo pensavo si alla bizzarria di dedicare un intero disco al romanzo di Arthur Conan Doyle ma anche alle effettive possibilità che qualcuno se lo andasse pure a comprare e insomma... presente!
E allora mi è venuto in mente di parlarne (del libro naturalmente), lo lessi qualche anno fa, e ne scrissi una pseudo recensione in verità ma siccome non è mio costume riproporre cose vecchie, ho già accennato in altre circostanze che di vecchio nei miei commenti basto e avanzo io, e pur senza rileggerlo, non rileggo mai perché poi scopro di non ricordarmi nulla e ci resto male, mi sembra giusto dedicargli due parole...ma proprio due, tre al massimo.
È un classico di quelli che non passano mai di moda, autoconclusivo, una volta si usava, consigliatissimo a chi soffre del blocco del lettore, il "Mastino" va giù come il prosecco millesimato, certo non pensate che adesso lo leggete e ta-daan diventate appassionati di gialli, non funziona così, c'è un percorso voglio dire, lungo ma tranquilli, mò non v'aspettate il Cammino di Santiago, purtroppo non so né dove parte né dove arriva, a sentimento tenderei ad escludere passi da Dicker, tanto per non far nomi.
E poi il "Mastino" è un cult per tanti motivi, il primo?
Pare che Holmes fosse già morto in un racconto antecedente a questo romanzo, caduto in un crepaccio profondo svariati metri, dico pare perché non è che ho letto tutto lo scibile, anzi, e insomma la sintesi è che a Beautiful dove ne resuscitava mediamente uno l'anno non è che si fossero inventati nulla che la mente di Sir Arthur Conan Doyle non avesse già partorito.
Lo scrittore voleva proprio eliminare il personaggio per dedicarsi ad altri generi, poi i lettori a gran voce ne hanno chiesto il ritorno con esortazioni, presumo, del tipo: "Ma perché lo hai fatto morire?"
"Ma che t'ha fatto?"
"In fondo che ce vole a tornà su da un crepaccio?"
"Je butti 'na corda al volo!"
"Dici che te sei sbagliato a misurarlo, er crepaccio era alto mezzo metro e poi è caduto de sedere non s'è fatto niente"
Insomma Holmes è vivo e lotta insieme a noi, il secondo motivo (del cult) è che nel "Mastino" il grande investigatore non è sempre presente (a Roma si direbbe che se imbosca) e sorprendentemente sale al proscenio il sempre valido Watson che mette a segno due o tre valide intuizioni, comunque non decisive ai fini della risoluzione del caso.
Al momento giusto, quando il gioco si fa duro i duri entrano in gioco, Holmes ricompare chiudendo il cerchio, e lo fa con la consueta modestia è bene si sappia.
In definitiva un classicone del genere, imperdibile per ogni giallofilo che voglia reputarsi tale, ma, come detto, in grado di soddisfare ogni palato e, soprattutto, con un romanzo del genere sottobraccio fate la vostra figura ovunque, dall'ombrellone intenti a dissertare di nubi col bagnino al treno mentre nell'area ristoro decidete se per assestare la mazzata definitiva all'esofago sia più consigliabile il caffè oppure il succo d'arancia.
Non so quante volte l'abbia letto (ho perso ormai il conto) e ogni volta e' come se fosse la prima, pur conoscendo a menadito la storia e pur sapendo il nome dell'assassino, riesco sempre a rimanerne sorpresa.
A mio modesto parere oltre a essere il capolavoro per eccellenza di Conan Doyle e' senza alcun dubbio anche il mio preferito in assoluto per quegli elementi gotici (l'antico e cupo castello sperduto nella brughiera, il manoscritto, una maledizione di famiglia, una morte per terrore, strane luci in movimento, ombre mostruose, una bestia infernale) tradizionalmente legati al racconto degli spiriti presenti nella storia e che la rendono ai miei occhi particolarmente affascinante.
Questa volta sir Arthur Conan Doyle si getta a capofitto sul soprannaturale(in cui credeva fervidamente dato che per tutta la vita fu uno studioso appassionato di scienze occulte, fenomeni metapsichici e paranormali) e lo fa meravigliosamente bene, realizzando un'opera suggestiva e terrificante allo stesso tempo e che fa un pò il verso alle opere di Edgar Allan Poe e di Lovercraft.
Una lettura intrigante e fortemente suggestiva che non mi stancherò mai di leggere e che consiglio a tutti, soprattutto agli amanti delle storie di spettri e d'indagine poliziesca.