Prendo la bambola dalle mani di Shadi e premo sulla pancia. La bambola si mette a piangere. Dico: devi fare così. Tolgo la batteria e premo ancora. Dico: vedi, se non fai sentire la tua voce, sarai peggio di una bambola senza batterie, senza cuore. E allora ti potranno fare qualsiasi cosa e nessuno se ne accorgerà.


Sono passati vent’anni dalla stesura di questo libro. Quanto contano vent’anni per una donna che viva in un regime dittatoriale? Quanto può conquistare e quanto può esserle tolto?
Anni fa, questa casa editrice presentò il suo progetto editoriale in libreria, e mi piacque l’idea di poter leggere storie di vita contemporanea dell’Iran. Non hanno un valore letterario che possa essere messo a confronto con i classici, ma sono storie del quotidiano, autentiche, in cui ho colto il desiderio di raccontarsi con dignità.
Il titolo non è fuorviante. Si capirà che valore dargli. Ma ciò che mi ha colpito maggiormente è il ripetuto utilizzo delle parole “silenzio” e “voce”. Perché esistono realtà dove è necessario imparare sia il peso del silenzio che il valore della voce. E’ necessario sia per chi vive la condizione di oppressione, che per noi che guardiamo da qui.
È una successione di “quadri”, di improvvisi squarci dentro l’ambiente domestico, nelle relazioni tra coniugi, tra familiari, ma soprattutto nella mente della protagonista, nel suo isolamento scavato all’interno di una vita dove non si ha voce, dove nessuno davvero ce l’ha, e per questo motivo ciascuno vuole privare l’altro della possibilità di averne (il gioco del regime, quello di mettere gli uni contro gli altri, rendere tutti controllori di tutti, e tutti controllati dall’alto).
Pur nella sua prosa semplice, ho trovato una grande forza in queste pagine, date dall’utilizzo dell’allusione, dell’ironia, dei sottintesi. È una sottrazione che non spinge l’acceleratore sul fattore emotivo di chi legge, ma punta a far emergere la consapevolezza della protagonista circa la sua condizione di subalternità, unita alla rivendicazione del rispetto della propria dignità, dei diritti, alla strada percorsa per conquistarli per sé e per il futuro di tutti.
Più del diritto alla voce, mi ha colpito l’idea del diritto al silenzio per una donna, al suo diritto di avere uno spazio privato, nascosto dentro di sé:
Il mio silenzio lo impauriva. Piano piano mi sono abituata a parlare anche quando non ce n’era bisogno. Dopo tanti anni ho imparato che la parola può essere un rifugio migliore del silenzio”. 

Jul 4, 2022, 4:14 PM
"Come un uccello in volo" di Fariba Vafi

E' un qualcosa di magico a catturare l'attenzione del lettore di "Come un uccello in volo", romanzo della giovane scrittrice iraniana Fariba Vafi, pubblicato dalla neonata casa editrice fiorentina Ponte33. E' il primo testo dell'autrice, che nel suo paese ha già firmato quattro best sellers, a essere tradotto in italiano, inglese e francese: la traduzione italiana è opera di Bianca Maria Filippini, che ha fondato, insieme a due studiose della lingua e cultura iraniana, la casa editrice Ponte33 con l'importante obiettivo di diffondere la cultura contemporanea di questo paese. In questo libro si racconta la storia di una giovane donna che, "come un uccello in gabbia", non riesce a vivere il ruolo che il destino le ha assegnato ("Non posso essere una madre, non una figlia, non una moglie"); finché, un giorno, dopo un lungo cammino di consapevolezza, la protagonista trova dentro di sé la forza per reagire e diventare "un uccello in volo". Nelle pagine del testo nessun accenno alla storia del paese, o a immagini e trasposizioni politiche: si tratta solo di letteratura, pura e minimalista, scritta da una delle figure più significative del panorama iraniano contemporaneo. Un'autrice che, parsimoniosa di parole, riesce comunque a descrivere a pieno titolo le emozioni dei personaggi, rendendo la lettura sempre molto elegante e fluida: come ha confidato lei stessa a Roma alla presentazione del libro, è importante per le giovani scrittrici iraniane guardare oltre, scrivere romanzi non solo di denuncia, ma avere anche il coraggio di parlare delle proprie conquiste personali. E in questo caso Fariba Vafi ha visto nella scrittura un mezzo di emancipazione della condizione della donna nel suo paese.

Mar 29, 2011, 12:34 PM

La storia di una donna iraniana, ma lontana dai clichès letterari sulla donna mediorientale; la storia di una donna che potrebbe essere quella di qualsiasi altra donna in qualsiasi altra parte del mondo... Una donna alle prese con i problemi di tutti i giorni, la casa, i soldi, un marito spesso distratto e sognatore, i figli piccoli, le sorelle, la madre che si lamenta sempre, la noia - lei è una casalinga-, la fatica e lo sconforto che assalgono in certi momenti della giornata.... e il ricordo, il rimpianto e il senso di colpa per un padre malato di demenza senile e morto in solitudine. La protagonista tenta un viaggio interiore alla ricerca di una propria identità e sicurezza.
Il romanzo è diviso in brevi capitoli (spesso di una pagina)che tratteggiano una situazione vissuta o presente, un dialogo, un'emozione, uno stato d'animo o un pensiero... sono belle pagine lucide, asciutte, sempre molto dense.

Jan 27, 2011, 1:32 PM