"Una volta Miko mi aveva detto che i poveri attaccano presto le luci di Natale perché hanno un profondo bisogno di speranza, mentre i ricchi le mettono tardi, appena prima di Natale, perché sono già abbastanza pieni di speranza. Non avevo mai visto delle luci in giugno, prima di allora.
La gente di quel pub doveva essere davvero disperata, ho pensato."
Non leggevo un romanzo intero da almeno un anno. Ieri, all’usato, ho trovato questo (frequentate i mercatini! Ho portato a casa venti libri nuovi a un euro l’uno).
Siobhan Dowd era una scrittrice per ragazzi di origini irlandesi, morta a quarantasette anni per un tumore. Ha fatto in tempo a scrivere almeno due romanzi indimenticabili per il grande pubblico: “Sette minuti dopo la mezzanotte” e “Il mistero del London Eye”, anche se il mio preferito è il misconosciuto “Le rose di Shell”.
Come Melvin Burgess in “Kill Your enemies” e in “Storia d’amore e di perdizione”, anche lei non censura i “cattivi” comportamenti umani, tanto degli adulti quanto dei ragazzi. Crystal è una tredicenne, affidata dai servizi sociali a una nuova famiglia, che rimpiange il suo passato trascorso in un istituto con due ragazzi come lei e che fantastica un’infanzia trasfigurata dall’amore della madre, in realtà mai ricevuto. Anche “Il mondo fino a sette” di Holly Goldberg Sloan - molto sopravvalutato, secondo me - racconta qualcosa del genere, ma Siobhan Dowd è mimetica, credibile, non didascalica. Cruda e onesta, narra cose importanti senza che lo sembrino, andando in profondità come una goccia che scava nella roccia. È questo che si aspettano i ragazzi quando leggono dei libri.
E come Robert Westall ne “La grande avventura” o Sharon Creek in “Due lune” (che forse si ispirano, alla lontana, al J. D. Salinger de “Il giovane Holden), anche lei in “Crystal” racconta un viaggio per strada che sembra durare una vita e che invece dura soltanto tre giorni, una fuga senza genitori e con una meta soltanto immaginaria. Protetta da una parrucca bionda, Crystal incontra dei personaggi che potrebbero essere reali: il camionista, l’infermiera, la coppia di anziani. A tutti racconta un mucchio di bugie quasi perfette, che ci dicono di lei più di quanto dicano tutte le altre parole usate dall’autrice.
È stato bello. Se vi capita fra le mani, leggetelo e fatelo leggere, dalla terza media in poi.
Ho per la prima volta sentito parlare di Siobhan Dowd quando ho letto Sette minuti dopo la mezzanotte, breve romanzo scritto da Patrick Ness che mi è piaciuto da impazzire: il soggetto della storia era infatti stato ideato da Siobhan Dowd, morta prima di poter sviluppare concretamente in un libro la sua idea. Dopo questo primo incontro accidentale mi sono interessata sempre più a quest’autrice e ho letto il suo Il mistero del London Eye, pubblicato in Italia dalla Uovonero: mi è piaciuto molto e così ho finito per cercare di recuperare anche gli altri scritti dell’autrice. Crystal della strada l’ho scoperto per caso in biblioteca, non sapendo che fosse stato tradotto anche da noi, e l’ho subito preso in prestito.
La copertina dell'edizione originale di Crystal della stradaHolly Hogan è una ragazzina di tredici anni dal passato decisamente travagliato: ne facciamo la conoscenza nel primo capitolo, in cui la ritroviamo alle prese con un imbarco clandestino su una nave diretta in Irlanda. Senza farsi notare, si è nascosta nella parte posteriore di una vettura spaziosa, coperta dai cappotti: quando finalmente sente i proprietari dell’auto allontanarsi e il rollio della nave sotto di sé, decide di uscire dalla macchina per spostarsi sul ponte, pronta a gustarsi il viaggio. Peccato che le portiere siano state chiuse a chiave dall’esterno e, a causa del dispositivo di sicurezza per i bambini, siano impossibili da aprire dall’interno. Presa dal panico, Holly urla, scalcia, prende a pugni il finestrino, ma nella stiva non c’è nessuno che può sentirla. Disperata, si accascia sui sedili e comincia a ripensare a come è arrivata lì, su quella nave, e perché. E così veniamo a sapere che Holly vive a Templeton House, una casa per ragazzi in attesa di affidamento, perché una famiglia non ce l’ha. O meglio, lei ce l’ha, sua madre la sta aspettando in Irlanda, solo che i servizi sociali l’hanno segregata lì, senza dire niente a nessuno, e così la sua mamma, non sapendolo, non riesce a trovarla. E le cose si complicano quando una famiglia di babbacucchi decide di prenderla in affidamento. Holly vorrebbe solo scappare e Crystal le darà la forza di farlo.
Crystal della strada, come presumo abbiate capito, è un romanzo di crescita dedicato a un pubblico di giovani lettori. Si legge molto velocemente, con i suoi capitoli brevi e il suo linguaggio scorrevole, ed è molto godibile, ma non mi ha colpito più di tanto. Sicuramente vengono toccate dalla narrazione delle tematiche molto importanti, l’affidamento, gli abusi familiari, il concetto stesso di famiglia, il tutto in modo piuttosto semplice e delicato, senza scene troppo forti. Il problema è che buona parte della storia mi è sembrata poco realistica. Trovo assurdo che Holly riesca da Londra ad arrivare quasi in Irlanda senza grossi problemi: fa l’autostop e ovviamente incontra le persone più buone dell’universo, gira di notte e si ubriaca in discoteca e trova l’unico ragazzo che, ok che non l’aiuta, ma neanche se ne approfitta.
Un'altra edizione in lingua inglese di Crystal della stradaPosso credere al fatto che nessuno la fermi, nessuno si chieda dove va quella ragazzina: lo vediamo ogni giorno, spesso le persone fanno finta di niente, fingono di non vedere. Ma che, tutto sommato, le vada tutto decisamente bene mi sembra a dir poco assurdo. Probabilmente sono io che sono troppo negativa, non so, o forse è così semplicemente perché ci troviamo di fronte a un romanzo per ragazzi. Fatto sta che avrei preferito un maggior realismo: Holly trova delle difficoltà durante il suo viaggio, rischia più volte di non farcela, ma secondo me una ragazzina che intraprendesse la stessa esperienza ne incontrerebbe molte di più e di gran lunga peggiori. C’è da dire poi che la protagonista non è Miss simpatia e più volte avrei voluto scuoterla e farle aprire gli occhi, ma questo temo sia dovuto al fatto che oramai mi avvicino più all’età di sua madre che alla sua. Per lo stesso motivo probabilmente ho faticato a capire il rapporto Holly-Crystal e la sua trasformazione, il suo trovare forza e sfacciataggine in una cosa così piccola e così, secondo me, anonima. Crystal mi è stata indigesta sin dal primo momento, facendomi rimpiangere Holly. Ho trovato emozionante la parte finale e la presa di coscienza di Holly, sulla nave: mi è dispiaciuto per lei, per quello che ha passato da piccola.
In definitiva, un libro carino, non memorabile, consigliato ai lettori più giovani, agli adulti potrebbe risultare, secondo me, un po’ insipido.