Una storia in cui ogni riferimento a persone e fatti realmente accaduti e tutt’altro che casuale, un tuffo nei ricordi dell’autore. Credo che poche arti sappiano “trattare” la memoria come il fumetto, e questo non solo per il volgare ausilio dell’immagine. La verità è che il fumetto, nel suo susseguirsi di scene, riproduce le cose seguendo un po’ le stesse meccaniche del ricordo, talora perfino quelle del sogno. Il fumetto non è capace soltanto di raccontare le cose come sono, le sa raccontare anche e soprattutto come sono dentro la nostra testa. In questo ritengo sia imbattibile, e Stefano Casini - ispirato dal suo stesso patrimonio di memorie - l’ha sfruttato benissimo.
Il racconto della sua storia è prezioso per una ragione molto semplice: perché chiunque può trovare in essa qualcosa di proprio, dovesse anche essere un affetto antico che non ricordavamo più, o uno scorcio assolato di campagna.
C’è anche un’altra cosa che rende questo fumetto unico nel suo “genere”: attraversa la memoria senza giudicarla. Catalogare, affastellare, assolvere e condannare è un po’ una mania del nostro tempo. Ma i ricordi il tempo ce l’hanno sì e no, e questo l’autore ha saputo rispettarlo, consegnando personaggi sempre umani e perfettibili, ma ricoprendoli ogni volta del manto delicato e rispettoso della tenerezza.
Tutti gli autori più bravi sanno dipingere ritratti con intelligenza, ma tra costoro solo pochi sono capaci di aggiungere la pietà.