Mi hanno chiesto perchè ho riletto questo libro tre volte. Ho dovuto dire in realtà che non si tratta della terza rilettura.
Lo leggo ogni anno. Ho questa buona abitudine. Non è troppo lungo per impegnarmi troppo, nè troppo breve da lusingarmi del suo pieno possesso. Ciò che possiedo di 'The Shadow Line' è invero molto poco.
Ha le caratteristiche giuste per attrarre le mie esigenze di lettore - una macchina perfetta che viaggia con il vento in poppa nonostante il ristagno della bonaccia che ivi si racconta - e le doti giuste per plasmare quest'essere che sono e che si sta formando e che si fatica a chiamare uomo. Intravedo la mia linea d'ombra, ma non ne ho la certezza e non vorrei fosse un miraggio o, peggio ancora, una fata morgana.
Il racconto è una storia d'amore. Oserei dire la migliore storia d'amore mai scritta. Ma non vi inganni l'ampiezza dell'intrare, no. Questa non è una storia di matrimoni o altre cose del genere. Però leggete e ditemi:
Ponendomi la mano sulla spalla mi fece voltare un poco, mentre con l'altro braccio indicava. "Eccola! Quella è la vostra nave, capitano" disse.
Sentii un tuffo al cuore. Fu un colpo solo, come se il cuore dovesse cessar di battere. (...) Sì, era là. Il suo scafo, le sue attrezzature mi riempivano gli occhi di gioia. Quel sentimento di vuotezza che mi aveva reso tanto inquieto negli ultimi mesi perse la sua amara plausibilità, la sua mala influenza, dissolto in un flusso di liete emozioni.
Non vi sembrano questi gli accenti di un cuore innamorato? Ma Conrad non manca di stupirci - descrivendola quasi fosse la sua donna, la sua amata - e di commuoverci:
Al primo colpo d'occhio vidi che era un vascello d'alta classe, una creatura armoniosa nelle linee del corpo ben fatto, nell'altezza proporzionata delle sue alberature. (...) Tra le sue compagne ormeggiate a sponda, tutte più grandi di lei, sembrava una creature di nobile stirpe - un destriero arabo in una squadra di cavalli da tiro.
Il racconto avrebbe dovuto intitolarsi 'Primo comando' come ci dice Conrad nella sua nota, perchè nasceva dall'inesperienza del giovane autore come comandante, per la prima volta, di nave; ma il racconto si intitolò 'la linea d'ombra' e mai titolo fu più suggestivo e interpretabile.
Cos'è la linea d'ombra?
E' Conrad stesso a spiegarci e svelarne il senso. Chiunque abbia visto una linea in questo romanzo penso sia fuori strada. Non c'è un momento in cui noi sentiamo che questa linea è stata attraversata, eppure il protagonista alla fine è cambiato, ha un'aria diversa. "Mi sento vecchio. Tutti voi a terra mi sembrate un mucchio di giovincelli bizzosi" dice al capitano Giles dopo aver scampato un naufragio. Eppure quella linea continua ad essere indefinita, appunto in ombra.
La nave è stata colta dalle febbri tropicali e tutto l'equipaggio si è ammalato, tranne il capitano e il cuoco Ransome, che è però malato di cuore. In più la scorta di chinino che avrebbe dovuto mantenerli vivi è stata ingannevolmente distrutta dall'ex-capitano, in pieno delirio di onnipotenza e di distruzione. Gli unici a non ammalarsi sono proprio quelli che hanno un male dentro, che soffrono interiormente. E che si trovano a dover combattere una partita che diventa più seria del previsto. Il capitano, giovane che ha abbandonato tutto ritrovandosi questa grande opportunità del primo comando, e Ransome, malato di cuore. Arrivati a questo punto è difficile non commuoversi, trovando la chiave di lettura. Nel congedare Ransome e nel congratularsi con lui per l'ottimo servizio reso, nonostante la sua salute, il capitano sente questi allontanarsi dalla sua cabina e salire le scalette del boccaporto con cautela, gradino per gradino, "nel timor panico di far adirare di improvviso la nostra comune amica, che era suo destino di dover consapevolemente portar nel petto fedele". Con sublime maestria questo passo chiarificatore ci illumina e ci fa comprendere tutto. Oltrepassare la linea d'ombra è essere coscienti della morte "la nostra comune amica", è fare le scale "gradino dopo gradino", è essere consapevoli della sua esistenza. Questa è la verità. Difficile non commuoversi e non meravigliarsi perchè il tutto è detto con quella soffusione e maestria che rende immortali. Penso Conrad abbia portato questa immagine nel suo intimo, quasi un ideale, per tutta la sua vita e ci renderà più consapevoli mentre lo leggiamo di ciò che siamo, di ciò che saremo e non potremo essere. Lontano, tra le nebbie di un nebuloso avvenire, io come voi, troveremo forse la nostra linea d'ombra. Beato sarà colui che saprà trovare, come Conrad, le parole adatte al suo significato.
La prima esperienza di un giovane capitano al comando di una nave mercantile nel mar cinese, funestata da un'epidemia che mette fuori causa quasi tutto l'equipaggio e da una tempesta che giunge dopo diciotto giorni di esasperante immobilità. Questo semplice racconto di mare è interpretato dall'autore come metafora di vita, come la prima esperienza che segna il passaggio dal tempo delle illusioni delle possibilità, la prima giovinezza, alla fase delle esperienze e delle scelte, la maturità. È una storia certamente importante, bella per il suo significato universale, perché parla a tutti di cose attraverso cui tutti passano. Ciò detto, non amo lo stile di Conrad, a volte ellittico e allusivo, così come non mi trovo a mio agio nelle ambientazioni marinaresche delle sue storie, con il loro sfoggio compiaciuto di vocaboli tecnici del mare. Conrad ha ricevuto un sovrappiù di attenzioni nell'ultimo quarantennio, specie dopo l'uscita di "Apocalypse now" e la strage di saggi usciti, specie in ambito letterario universitario, su "Cuore di tenebra" , di cui quel film è una trasposizione.