E’ la mia prima lettura di Onetti e il ritmo volutamente lento del romanzo è espresso attraverso una mirabile scrittura.
Larsen, il protagonista, è il direttore generale di un’azienda fantasma e si comporta come se tutto fosse in piena attività, con centinaia di operai e impiegati all’opera, ma c’è solo silenzio ed un vuoto deserto.
Il cantiere, il suo abbandono, l’inutilità della sua stessa esistenza, hanno il sentore di una nave al suo ultimo viaggio, il respiro del Trump Streamer di Alvaro Mutis.
Petrus qui ricorda Kurtz, uno dei personaggi di Cuore di tenebra, rinchiuso nella follia del suo mondo.
E poi…pioggia e vento, tanto vento che sembra abbracciare ogni cosa.
Vivere, ma sarebbe meglio dire sopravvivere, in un luogo decadente dove nulla ha senso e nulla succede: un delirio solitario in un cantiere in rovina.
Solo il latrare dei cani ed il vento.
Pagine che hanno l’odore di carte d’archivio bagnate e finite a terra, di lunghissimi scaffali con materiali di ricambio per imbarcazioni, inutili e polverosi.
Il sentore del fallimento.
Eppure…c’è un modo per raccontare un amore che si è vissuto o che si sta vivendo?
Pare che le azioni umane nascano prima di essere compiute e che sia pericoloso rifiutarsi di metterle in atto perché, private di vita e rinchiuse al nostro interno, possono crescere in maniera mostruosa e distruggerci.
Solitudini che non possono essere alleviate dagli uomini o da un dio.
Silenzi che restano, nonostante il latrare dei cani e i fischi di sirena sempre più lontani sul fiume, come fossero un lamento.

Jul 26, 2019, 10:55 AM
Il destino? È già scritto

L’altro ieri, al Festival della mente di Sarzana, ho assistito ad un intervento di Silvia Avallone sulla letteratura che aiuterebbe a vivere perché, attraverso i personaggi, spingerebbe i lettori a comprendere i sentimenti rappresentati e ad approfondire caratteristiche che sono in ognuno di noi, come attraverso uno specchio. Questa considerazione, tanto vera da risultare banale, mi è tornata in mente leggendo quest’altro bellissimo libro di Juan Carlos Onetti. Per spiegarlo è meglio usare una sua frase che dice tutto:

“Si vedeva dai loro occhi che non tornavano da un determinato posto, tornavano dopo essere stati da nessuna parte, in una solitudine assoluta e ingannevolmente popolata di simboli: l’ambizione, la sicurezza, il tempo, il potere.”

Ecco, questi simboli per cui ognuno di noi combatte per tutta la vita, vengono travolti da un destino già scritto che ne mostra l’illusorietà. Se ci ragionassimo lo sapremmo già prima, ma ci cadiamo ugualmente proprio come capita a Larsen che, ritornato a Santa Maria cinque anni dopo l’ordinanza di chiusura del bordello che aveva istituito, si lascia convincere dal ritorno da vincitore, accettando il ruolo di Direttore Generale del Cantiere navale la cui rovina è ormai arrivata al punto di non ritorno, fra uffici disabitati, senza porte e senza vetri. Non può non rendersi conto della realtà, ma accetta l’incarico e, spinto dall’ambizione e dal supposto potere, si mette a lavorare con determinazione a fronte delle assurde aspettative di un futuro radioso del suo titolare, fino alla fine.
A parte la scrittura meravigliosa, le invenzioni letterarie e i personaggi, i libri di Onetti parlano veramente di quello che siamo, del nostro dibatterci in un destino già scritto, lo fanno come in una sospensione, rassegnata più che triste che lascia sempre qualcosa su cui riflettere e, appunto, guardarsi allo specchio.

Sep 1, 2024, 7:35 AM
Adiós Muchachos

"Sospettò di colpo quello che tutti prima o poi arrivano a capire: che era l'unico uomo vivo in un mondo popolato da fantasmi, che la comunicazione era impossibile e comunque non auspicabile, che la pietà e l'odio si equivalevano, che un tollerante tedio, una partecipazione divisa fra rispetto e sensualità erano l'unica cosa che si poteva chiedere e che convenisse accordare."
Basterebbero queste righe del romanzo per riassumere il mondo poetico di Juan Carlos Onetti che, ancora una volta, ci parla di un uomo, Larsen, esiliato da se stesso, con un passato ingombrante, senza un futuro, che fa il direttore generale di un cantiere in rovina.
Nonostante gli elementi materiali che popolano la vicenda, - vento, pioggia, odori di fritto - resta la sensazione di un’atmosfera rarefatta e allucinata.
Fumo, pioggia, buio, un cantiere in rovina contribuiscono ad aggravare il senso di straniamento e solitudine che circonda il protagonista e l’assurdità della vicenda.
Nessuna luce, nessun riscatto, solo prospettive ingannevoli destinate a svanire: sopportare il peso di un presente inutile è l'unica opportunità che lo scrittore concede ai suoi personaggi.
"Mentre fumava una sigaretta al sole pensò distratto che in tutte le città, in tutte le case, in lui stesso, esisteva una zona di quiete e penombra, un pozzo dove la gente si rifugiava per cercare di sopravvivere ai fatti che la vita pian piano imponeva."
In quel pozzo si perde l'uomo di Onetti " consapevole di essere al centro della perfetta solitudine che aveva tante volte immaginato".
Le parole sono pietre e, nella lingua di Onetti, gli aggettivi sono macigni.
Il senso del tempo e del ritmo semplicemente miracolosi.
http://www.youtube.com/watch?v=BuLcDKiyKWw

Amo quest’uomo però se non lo conoscete leggete prima Gli Addii.

Mar 21, 2013, 3:49 PM