Il terzo volume va a completare la vita di Duncan Thaw. Se il secondo volume era dedicato alla sua infanzia, questo riprende proprio dove si era concluso quello e si concentra sul rapporto di Duncan con l'arte, rapporto in cui vanno a confluire anche quelli con Dio, la politica, l'amore.
Duncan è una persona estremamente sgradevole. Incapace di avere un vero e proprio rapporto con chiunque altro e perfino con se stesso, incapace di essere costante nelle sue scelte. Monomaniaco e costantemente a fissare il proprio ombelico, fino a sparirci dentro quell'ombelico nelle ultime, lisergiche, disperate pagine. Gli unici momenti in cui ha un minimo di pace, e che vengono subito buttati via, incapace di saperli mantenere, sono quelli in cui prova un'empatia disinteressata per l'altro, quei rarissimi istanti in cui si rende conto che il mondo non si esaurisce con Duncan Thaw. Questa autarchia emotiva va a infettare, ovviamente, anche la sua arte, risultando per carità bellissima, meravigliosa, ma completamente sterile. Il che è tragico considerando l'estrema dedizione che ci mette Duncan. Eppure risulta tutto così autoreferenziale, così conchiusa in se stessa, che non trasmette nulla della sua bellezza e della sua forza a chi la guarda. Non c'è amore in quello che fa Duncan. Sia uscire con una donna, stare con degli amici, dipingere. Certo, non che sia tutto imputabile a Duncan. Lui ci prova anche, verso la prima metà del terzo volume, ad avere una ragazza e degli amici, ma l'enorme classismo della Glasgow degli anni '50 glielo impedisce, lo taglia fuori. E' un po' come se il classismo alimentasse la sua autarchia emotiva, già comunque abbastanza pronunciata. D'altronde, questa comunicazione fra interno ed esterno si rispecchia anche nel fisico di Duncan che diventa la carta-carbone del suo disagio emotivo e psicologico. La stessa alterazione fisica che sarà poi immaginifica e fantastica ad Unthank.
Anche il rapporto con Dio di Duncan è sulla stessa lunghezza d'onda. Non ci sta né amore da parte di Dio, né tanto meno fede. Anzi. Duncan, nel suo credo bislacco e fisso sul proprio ombelico, è convinto che Dio, se esiste, esista per punirlo. Che ogni sua azione, ogni sua sofferenza, ogni suo fallimento sia un castigo divino. Dio non è tanto un concetto o un principio, per Duncan, quanto più il concentrato di tutta la sua rabbia e la sua frustrazione. Incapace di avere una vita emozionale normale, non ultimo per propria colpa, Duncan si riduce a una folle invettiva contro Dio.

Nov 13, 2017, 4:59 PM

Continua anche in questo terzo volume della saga il viaggio di Lanark alla scoperta del proprio passato attraverso le parole del veggente dell'Istituto.

Duncan Thaw è un ragazzo assai fragile nel fisico e nella psiche, ma ha una solida cultura da uomo maturo: questa dicotomia, questa natura duale, rappresenta perfettamente l'essenza del giovane uomo che sarà Lanark. Egli è pura volontà di potenza, perennemente alla ricerca di rinnovamento ma mai capace di trovarvi soddisfazione, un moto perpetuo di desideri e frustrazioni.

Duncan è un pittore talentuoso che però punisce la propria arte, oserei dire che la sabota, ricercando la perfezione nelle proprie opere, cercando e non trovando l'Aleph di borgesiana memoria, nel tentativo di raccogliere l'infinito (la divinità) nel finito (i propri dipinti).

Ne consegue uno stato di perenne allucinazione folle, un'esistenza onirica sempre al confine tra sogno e realtà: sarà questo il collegamento tra Duncan Thaw e Lanark? Lo scoprirò sicuramente leggendo l'ultimo capitolo della tetralogia.

Apr 5, 2024, 1:26 PM
Niente bellezza, solo fame.

Glasgow, anni Cinquanta. Ottenuta in maniera fortunosa l'opportunità di iscriversi alla tanto agognata scuola d'arte, Thaw si prepara ad affrontare la nuova avventura con buona determinazione e con la ferma intenzione di sbarazzarsi dei vecchi impedimenti caratteriali per provare a essere una persona finalmente diversa, e più luminosa. Ovviamente è un'illusione, destinata a infrangersi presto a causa di un temperamento troppo chiuso, della cronica incapacità di relazionarsi con le fanciulle, di un risentimento sociale che monta sempre più e di un'arroganza pure crescente, con l'indisponibilità a scendere a compromessi e l'eccessiva fiducia nel proprio talento visionario. I compagni di strada, a questo giro, sono l'artistoide Macbeth, lo snob McAlpin e il gigione Drummond, ma ancora una volta ogni possibilità di integrazione sarà negata dai fatti. Stesso discorso per Marjory Laidlaw, che parrebbe poter essere quella giusta, salvo poi negarsi con ostinata puntualità quando servirebbe mettersi in gioco con il cuore. Parimenti a Duncan viene a mancare ogni legame con il suo stesso passato: abusa della pazienza del padre sino ad abbandonarlo, perde di vista una sorella mai amata davvero e lascia che anche l'unico amico di un tempo, Coulter, si allontani per sempre. Unico costante con i giorni andati, l'asma psicosomatica che lo relegherà a lungo in ospedale e accentuerà il suo desiderio di isolarsi da tutto e tutti. Provvidenziale, in tal senso, la commessa a fondo gratuito offertagli dal reverendo di una chiesetta nei sobborghi, di affrescare volta e coro dell'edificio con un'opera dedicata alla Genesi: da tardiva opportunità di riscatto accademico, questo incarico si trasformerà inesorabilmente in una rovinosa ossessione e porterà il Nostro a perdere gli ultimi barlumi di lucidità e amor proprio, sancendo il suo definitivo fallimento e spingendolo a compiere, forse, atti nefasti, contro di sè o contro il prossimo.

Nel terzo volume della saga distopica di "Lanark" procede l'apprendistato alla vita di Duncan Thaw, ma nonostante le buone promesse iniziali e l'indubbio estro pittorico del protagonista non può che condurre verso il baratro.
"A volte il mondo sembra una scacchiera dove i pezzi si muovono da soli. Non sono mai certo di quale riquadro occupare. Eppure non dovrebbe essere difficile il gioco, la maggior parte va avanti per istinto". "Le regole sono abbastanza semplici. Te ne stai accanto ai pezzi che ti sono simili e ti muovi al passo con loro". In questo dialogo tra Thaw e il sedicente amico, McAlpin, si coglie il senso di una disfatta annunciata e, per il lettore, piuttosto dolorosa. Duncan è costituzionalmente diverso dai suoi compagni e anche solo l'idea di una sua integrazione è impossibile, perché non vi sono modelli cui rifarsi. Quando non si escluda da sè, è escluso dai suoi presunti pari. E quando si dimostri finalmente disposto a mettersi in gioco in amore, non trova dall'altra parte eguale risolutezza. Non resterà che assecondare una follia sempre più cupa e impietosa, illudendosi che l'alto prezzo da pagare possa essere un giorno compensato da fama e appagamento.
Pur ribadendo nella sostanza il taglio realista e il sottile impressionismo del capitolo precedente, in questo terzo episodio del suo romanzo-fiume Alasdair Gray spinge quasi con sadismo il coming-of-age dello sventurato Duncan Thaw verso l'orlo del precipizio, deliziandosi in chiusura nel deformare la narrazione con i registri grotteschi del puro incubo e mimando così la perdita del senno del suo eroe condannato alla solitudine. Il presumibile tetro finale del ciclo, in linea con il libro primo, è così apparecchiato a dovere.

(8.1/10)

Jun 30, 2024, 11:46 AM