Purtroppo la campagna elettorale mi porta via molto più tempo di quanto avessi previsto e non ho potuto essere celere come sempre nella lettura di questo libro, il quarto e ultimo capitolo della splendida saga di Lanark.

Torniamo alla follia distopica del primo tomo dopo l'interludio realista dei due capitoli centrali, torniamo dunque all'Istituto ma soprattutto a Lanark che decide di lasciarlo per tornare nella città di Unthank: il viaggio è folle, lungo un tragitto in cui il tempo scorre in maniera bizzarra.

Capiamo meglio la complessa organizzazione del mondo in cui vive Lanark con la netta divisione tra potere amministrativo, incarnato dal Consiglio e quello economico incarnato dall'Istituto. Per una questione di equilibri termodinamici, la città di Unthank viene condannata alla distruzione: Lanark, nominato Sindaco della città dovrà cercare di salvarla facendo cambiare idea a Lord Monboddo, direttore dell'Istituto.

Ma come ho gia detto precedentemente, il punto di questa tetralogia non è la trama, bensì l'immane potenza creatrice della penna di Alasdair Gray che dà vita a un mondo claustrofobico, inquietante e soffocante: la fantasia dell'autore viene ulteriormente magnificata da un finale incredibile che lascia il lettore assolutamente spiazzato.

Un bel viaggio, l'unico difetto è che è durato troppo poco.

Apr 14, 2024, 2:34 PM

Libro sicuramente particolare, molto originale che va valutato nella sua complessita' dei quattro volumi, infatti ho trovato molto piu' interessanti e coinvolgenti il primo ed il quarto rispetto ai due centrali un po' piu' noiosi ma che acquisiscono senso nell'arco narrativo generale. Nel complesso comunque una lettura che non lascia indifferenti.

Mar 22, 2019, 6:17 PM

1 Con il quarto volume, Gray riesce a concludere sia la vita di Thaw che di Lanark. D'altronde, Lanark è Thaw, in un qualcosa che è soltanto apparentemente reincarnazione. Togliamoci subito il dente, e a 'sto proposito, parliamo di quella che, a primo impatto, può sembrare la cosa meno riuscita del volume: l'enorme didascalismo della fantascienza. Mentre cioè nel primo volume (o terzo che dir si voglia), Unthank era sì percepibile come la traslazione fantascientifica (o psichedelica, meglio) della realtà nostra, in questo volume, invece, quando si parla della situazione neoliberista in cui sta vertendo tutta la regione di Unthank, si parla in modo diretto, quasi didascalico, di quella che è la nostra situazione. Addirittura si parla di Guerre Mondiali. Cioè, quello che voglio dire è che potrebbe apparire come una scelta di pigrizia nel world building questa totale mancanza di interesse nel mascherare la dipendenza di Unthank da Glasgow. Ma non è così: la contaminazione avvenuta con il secondo e terzo volume (primo-secondo), con la loro sortita nel mondo reale, ha messo in crisi l'indipendenza ontologica di Unthank. D'altronde, Thaw diventa Lanark in modo implicito, fuori libri. Forse Thaw non è mai diventato Lanark. Forse Thaw è sempre stato Lanark, Unthank, Glasgow. E' soltanto cambiata la percezione della realtà che se ne ha. Per questo Unthank appare così didascalicamente simile al nostro mondo: è sempre stato il nostro mondo, non solo a un livello extradiegetico, ma intradiegetico.

2 Prima di parlare di Lanark-Thaw, due frasi veloci sul mondo neoliberista di Unthank - due paroli veloci non perché non sia importante, assolutamente, insieme al percorso di Lanark è il centro dei romanzi, ma più che altro perché non è che aggiunga molto a livello di critica. Cioè, insomma, è il tipico mondo distopico, in preda alle corporation, che hanno fagocitato gli Stati, e che amministrano la vita dei cittadini per tenerseli buoni e per aumentare il profitto, con le varie sacche di resistenza che sono solo apparentemente resistenza, bla bla bla. In più ci sta una sorta di nota di paragone, credo, ipotizzo, boh, fra la situazione Inghilterra-Scozia e il modo in cui Unthank viene gestito da periferia dimenticata e operaia dell'Impero.

3 Un po' più originale, almeno per me, è il discorso sulla gestione del tempo. Il potere passa attraverso l'organizzazione del tempo, basta guardare lo scontro fra la suddivisione decimale e binaria. E' organizzando il tempo che, in un mondo privo di riferimenti solari (esterni alle grandi industrie, trascendente), l'Impero può gestire la vita dei singoli cittadini. Gestire il tempo significa gestire il suo scorrere. Dire se ne passa di più o di meno. E soprattutto, sfruttare il surplus del tempo che si viene a creare. Il tempo in sé proprio è centrale in quest'ultimo volume. Noi seguiamo costantemente Lanark senza lasciarlo mai, letteralmente. Non credo ci siano stacchi o elisioni temporali, tranne forse verso la fine. E' una specie di lunghissimo pianosequenza, quasi. Eppure, Lanark invecchia. Lanark ha un figlio, diventa un uomo di mezza età, un vecchio. Perché è Gray che ne gestisce il tempo e la vita.

4 A proposito di Gray. Ovviamente, inevitabile è il discorso del rapporto fra autore e opera, considerando tutto quel capitolo con le diverse fonti e con Lanark che dialoga con l'Autore (che poi si scopre essere stata anche la voce del Prologo). Ora, oltre il paragone esplicito fra Autore-Dio, quello che m'interessa è il fatto che il vero Autore, Gray, non è tanto quello che dialoga con Gray, quanto quello che si nasconde dietro le note, che non a caso vanno a correggere le parole stesse del Re. Quello che dialoga con Lanark è quindi un personaggio, un Mago di Oz, che esacerba la voglia di fame e di riconoscimento di Gray. Una specie di autoparodia, volendo. Su questo stesso livello si muovono le stesse fonti, che riportano pedissequamente quello che ha preso Gray dagli altri libri, come a voler sottolineare l'enorme cultura. Ma, a un certo punto, iniziano a fare riferimento a capitoli che non esistono, che vanno ben oltre la conclusione del libro. Eppure sono stranamente coerenti con il possibile proseguo della storia, facendo, così, sopravvivere Unthank alla morte di Lanark e alla conclusione dei libri.

5 Ok, Thaw-Lanark, alla fine. La conclusione della vita di Lanark, come dicevo, può essere vista tranquillamente come la conclusione della vita di Thaw. Gray mette in scena una normalissima vita piccolo-borghese di un uomo che, incapace di amare, si sposa con una donna, Rima, ha un figlio con lei, ma poi viene lasciato, e si ritrova solo. "Le donne possono pure farcela a vivere bene con un amante imbranato se lui le rende felici in altri modi. Ma tu sei troppo serio tutto il tempo. Mandi in fumo i miei piccoli sentimenti e li rendi inutili come granelli di polvere. La vita per te è un dovere, qualcosa da esaminare e correggere". La distruzione di Unthank e dell'Apocalisse prima pronosticata dal Re-Dio, si evita soltanto perché Lanark riesce ad amare, riesce a chiudere gli occhi e a farsi guidare da suo figlio. Ciò che salva l'uomo, e quindi la società, essendo fatta da uomini, è il riuscire ad amare veramente l'altro. Non a caso le immagini prefinali dell'Apocalisse sono finalmente luminose, di una luce quasi abbagliante in confronto ai fuochi di Unthank. La stessa luce che aveva cercato tanto disperatamente Thaw-Lanark per tutto il romanzo. Soltanto potendo amare si impedisce che la società vada avanti velenosamente e perversamente. Le pagine finali sono quasi un atto di speranza da parte di Gray che decide di non chiudere con l'Apocalisse, ma di dare fiducia, di avere fede, in Lanark e nella sua capacità di amare.

Jan 1, 2018, 4:53 PM